mercoledì 4 maggio 2016

Un Amore a Roma



La Sicilia è di sicuro la patria di alcuni grandi scrittori della nostra letteratura. Tra questi vorrei ricordarne uno che – sebbene oggi risulti ingiustamente dimenticato dagli editori e dalla critica – io considero tra i più interessanti del ‘900, un autore che meriterebbe una più attenta considerazione, anche da parte dei lettori più giovani. Mi riferisco a Ercole Patti, il cui percorso umano e letterario si svolse tra Catania (dove nacque nel 1903) e Roma, che lo accolse giovanissimo e dove si spense nel 1976. Si narra che la sua più grande aspirazione fosse quella di andare a vivere proprio a Roma e quando finalmente realizzò questo suo intimo desiderio, lo scrittore siciliano così ebbe a scrivere: "andavo vagando per le strade giornate intere, non mi stancavo di respirare l’aria di Roma a tutte le ore. I sedili del Pincio erano le mie soste preferite nella tarda mattinata e nelle prime ore del pomeriggio. Con un giornale in mano mi sedevo accanto a qualche busto di marmo e il mio cervello partiva in quarta sognando libri da scrivere, novelle da pubblicare sui giornali romani dove non conoscevo nessuno”.

“Un amore a Roma” è uno dei suoi romanzi, certamente non quello più importante, che ho appena finito di leggere. E’ un testo fuori produzione: l’ho scovato sui banchi di un mercatino delle occasioni, nella sua prima e bellissima edizione del 1956 (editore Bompiani – Lire settecento). I protagonisti del romanzo sono due giovani caratterialmente molto diversi (Marcello e Anna) che, pur vivendo il loro rapporto amoroso in maniera alquanto burrascosa (tra sospetti, tradimenti e continue separazioni), non riescono tuttavia a rompere in maniera definitiva un legame che li fa apparire inadatti a stare insieme. Lui – giornalista con velleità artistiche e letterarie - ha 35 anni e appartiene ad una aristocratica famiglia romana. Amante delle donne, è incapace di legarsi in una vera e propria relazione e si accontenta sempre di piccole avventure passeggere “dopo poco tempo che conosceva una donna scopriva in lei delle cose che non andavano. Le donne erano sempre o troppo noiose, o attaccaticce o troppo civette, o amavano delle cose che lui detestava. Talvolta erano troppo intellettuali e dicevano cose irritanti, oppure troppo stupide e volgari”. Lei, invece, è una ragazza veneta semplice e spregiudicata di 22 anni, ha vinto un concorso cinematografico e si è quindi trasferita a Roma dove fa l’attrice, anche se ha avuto solo delle parti secondarie in alcuni film. Vive in una modesta pensione nel quartiere Prati, è attratta da qualsiasi novità e spesso si comporta con leggerezza. Soprattutto con gli uomini. Intorno ai due protagonisti del romanzo, alle prese con la loro tormentata vicenda sentimentale, gravitano altri emblematici personaggi i quali, seppure complementari rispetto alla storia, sono rappresentativi di quella borghesia romana degli anni cinquanta, corrotta e disinvolta, attaccata egoisticamente al denaro, interessata soprattutto a salvaguardare se stessa. Spicca la figura del padre – il Conte Cenni - con il suo “profilo navigato che esprimeva nobiltà e servilismo al tempo stesso”, guardia nobile del Papa. Costui suole circondarsi di amici influenti che si erano dati molto da fare durante il fascismo occupandosi sempre di politica, quali ex deputati, assessori, liberali di estrema destra e monarchici, proprietari terrieri, avvocati e notai, a loro volta amici di prelati e cardinali con vaste conoscenze negli ambienti vaticani. “Quegli uomini che avevano vissuto troppo – scrive l’autore - per non essere stati immischiati nel passato in qualche pasticcio talvolta soltanto di rimbalzo: scandali lontani sparsi negli anni”. A questa vacua società borghese, avida e corrotta si contrappone – da una parte - il mondo intellettuale a cui appartiene Marcello, fatto di scrittori e letterati “dalla prosa aulica e imbalsamata”, interessati non tanto a scrivere un proprio libro quanto a stroncare quello scritto da altri e “in quelle esecuzioni in massa, fatte senza discriminazione, essi trovavano qualche conforto ai loro sogni letterari rientrati”. E dall’altra parte ritroviamo il mondo artificioso del cinema e del varietà in cui si identifica Anna, un mondo legato alle sue finzioni, alle luci del palcoscenico, alle sue fatue apparenze. E sullo sfondo domina la Roma degli anni ‘50, quasi a proteggere amori e misfatti che si consumano entro le sue mura, la città eterna non ancora stritolata dal traffico e non ancora sommersa dai rumori e dalla sporcizia, ma già attaccata dalla corruzione; la Roma con i suoi severi e malinconici “casoni” senza negozi del quartiere Prati e con i bei palazzi storici del centro, con le botteghe di artigiani, con l’allegria e l’accento dei suoi abitanti, con le sue sempre tiepide stagioni e con i suoi sapori. Quella Roma che Ercole Patti tanto amava e che conosceva in tutte le sue ore e in tutte le sue strade.

Il romanzo si legge tutto d’un fiato perché la narrazione si presenta gradevole, fluida, con spruzzi di delicata e sottile sensualità. Ma non potrete mai leggerlo perché il libro è fuori catalogo: gli editori, oggi, preferiscono rincorrere altre storie, forse meno belle e scritte pure male, ma senz’altro più redditizie.

6 commenti:

  1. penso che trasposto ai nostri tempi (Anna sarebbe una velina, Marcello un intellettuale poco profondo) la cornice romana di fasti e bassezze sarebbe poco diversa.
    mi piace il tuo ravanare per mercatini a riesumare libri dimenticati e rispolverarli per noi.
    massimolegnani

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    1. Ciao Carlo. Hai proprio ragione: i tempi cambiano e con loro anche certi personaggi che riflettono, nella maggior parte dei casi, le bassezze dei tempi. Si, mi piace molto andare per mercatini - come dici tu - "a riesumare libri dimenticati". E devo dire che a volte riesco a trovare sorprese e novità proprio tra le cose vecchie del passato. Buona serata.

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  2. Confesso la mia ignoranza. Mai sentito nominare questo scrittore. E mai questo libro.

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    1. Sorrido...Se dovessimo confrontare le nostre "povere" conoscenze con la moltitudine di libri pubblicati, saremmo tutti una massa di ignoranti. Comunque Ercole Patti era uno scrittore abbastanza noto (almeno ai suoi tempi), grande amico di un altro grande siciliano, Vitaliano Brancati, quest'ultimo forse più conosciuto. Il problema è sempre quello: non vengono più pubblicati perché gli editori rincorrono sempre le cosiddette "novità". Mi piacerebbe vedere in vetrina, passando una bella mattina davanti ad una libreria, la ristampa di un libro di Ercole Patti anziché l'ultima opera di Fabio Volo e le ultime ricette della Parodi. Ma so che questa visione non si verificherà mai!

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  3. Non lo so se certe strade editoriali siano piu'redditizie, pero'di ristampare certe opere, si dovrebbe far carico il Mibact. Un gran libro non letto, e'un capolavoro in cantina.

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    1. Per un editore, è molto più redditizio stampare il libro di un personaggio famoso anziché quello di Ercole Patti...ciao

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