giovedì 12 maggio 2016

Siamo quello che leggiamo



Amo leggere soprattutto i libri dei grandi scrittori italiani. Mi ritrovo più facilmente tra quelle pagine, sento quegli autori più vicini al mio mondo, alla mia cultura, al mio modo di pensare. E così come preferisco “mangiare italiano”, do la preferenza alle opere che appartengono alla storia della letteratura italiana quando ho necessità di nutrire lo spirito. Devo dire che, almeno fino al conseguimento del diploma di maturità, non sono stato un grande lettore. Ricordo addirittura che faticavo a leggere un testo scolastico come  “I Promessi Sposi”, salvo poi rileggerlo con piacere  almeno un paio di volte, appena terminati gli studi . E’ proprio vero che la scuola, con le sue imposizioni, i libri a volte te li fa odiare piuttosto che amare. Diciamo che sono diventato un lettore abbastanza assiduo dopo i trent’anni.
Mi sono formato prima di tutto sui grandi autori della letteratura italiana dell’Otto-Novecento. Il mio pensiero va, in primis, alla famosa trilogia di Italo Svevo: “La coscienza di Zeno”, “Una vita” e “Senilità”, libri che scrutano essenzialmente le inadeguatezze e le difficoltà del vivere quotidiano dell’uomo moderno. Credo che le tematiche trattate dallo scrittore triestino siano molto vicine a quelle sviluppate da Luigi Pirandello, un autore che non potevo non conoscere: “Il fu Mattia Pascal”“Uno, nessuno e centomila” e “I vecchi e i giovani” sono per me libri fondamentali. Mi sono poi avvicinato alla complessa figura di Gabriele D’annunzio e alla sua prosa aulica e ricercata, apprezzando in particolare una delle sue opere più importanti: “Il piacere”, il cui titolo può da solo descrivere il personaggio e la sua opera. Poi ho amato i tanti libri di Cesare Pavese, che continuano ad occupare un posto molto importante nella mia libreria e sui quali torno sempre più spesso. Così come ricordo, quasi con nostalgia, i romanzi di Alberto Moravia che mi rimandano agli anni giovanili, quando lo scrittore romano andava per la maggiore, con il suo libro più importante e significativo: “Gli indifferenti”. Quindi ho letto e riletto “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. E poi Calvino, Bassani, Brancati, Buzzati (come non leggere “Il deserto dei tartari”!), Flaiano (con la sua prosa sferzante e ironica), Federico De Roberto (“I Vicerè” autentico capolavoro), Carlo Levi (“Cristo si è fermato a Eboli”) e Primo Levi (“Se questo è un uomo”), due libri, quest’ultimi, che non smetto mai di sfogliare. E poi mi sono innamorato – stranamente, in età matura - di Collodi e del suo Pinocchio e  devo dire che nessuno meglio di quel burattino uscito dalla sua penna, ci rappresenta e ci somiglia, con i suoi vizi e le sue virtù, con i suoi momenti di tristezza e con i suoi slanci di gioia e di affetto, con la sua furbizia, ma anche con la sua ingenuità.

Tra le donne scrittrici mi piace ricordarne due in particolare, Sibilla Aleramo con la sua opera più significativa “Una donna” ed Elsa Morante: indimenticabile il suo romanzo “L’isola di Arturo”. E poi ci sono due grandi intellettuali scomparsi da poco: Umberto Eco e Antonio Tabucchi i quali mi hanno insegnato cos’è la vera letteratura.
Sono entrati a far parte della mia libreria e delle mie letture scrittori che ho conosciuto in questi ultimi anni, come Guglielmo Petroni, Michele Prisco, Giovanni Arpino, Piero Chiara, Ercole Patti, Francesco Jovine, Paolo Volponi, Anna Maria Ortese, Giuseppe Dessì, Carlo Alianello, Luciano Bianciardi. Molti di questi, attraverso i loro romanzi, ma anche attraverso le loro vicende personali, hanno raccontato l’Italia e la sua storia. Tengo a precisare che non seguo molto gli autori contemporanei, sia italiani che stranieri, e non corro dietro ai best seller del momento: per me un libro deve prima invecchiare, come un buon vino. Comunque mi piace qui ricordare, in particolare, Erri De Luca, Maurizio Maggiani, Antonio Scurati, Roberto Saviano, Claudio Magris.

Naturalmente non mi limito ai soli autori italiani: sarebbe davvero riduttivo. E infatti i miei interessi sono indirizzati anche verso i grandi scrittori stranieri e spaziano dai mostri sacri della letteratura tedesca (Hermann Hesse, W. Gothe e Thomas Mann…) ai grandi romanzieri francesi (Balzac, Camus, Flaubert, Hugo, Sartre, Stendhal, Proust); dai corposi narratori russi dell’Ottocento, come Dostoevskij (“Delitto e Castigo”), Nabokov (l’indimenticabile “Lolita”), agli americani Bradbury (“Fahrenheit 451”), Fante (“Chiedi alla polvere”) Kerouac, London… Non mancano gli autori svizzeri, quali il candido Robert Walser, l’arguto e brillante Alan De Botton, quindi gli austriaci Schnitzler, Lorenz, Musil. Naturalmente l’elenco non è esaustivo.
Sono infine legato ad alcuni grandi libri  che non finiscono mai di sorprendermi ed ogni volta che li sfoglio, hanno sempre la capacità di stupirmi come la prima volta. Sono quelli destinati a durare nel tempo, rispetto ad altri che invece consumo velocemente e, qualche volta, dimentico. Libri che meritano di essere letti e riletti, a distanza di tempo, per coglierne la vera essenza, per trovare in essi ciò che la prima volta non ho saputo afferrare o mi è sfuggito. Libri che porterei con me, qualora decidessi di scappare su un’isola deserta :

Walden, la vita nei boschi di Henry Thoreau - per abbracciare la natura e vivere l’esperienza della solitudine gioiosa; La storia dell’arte di Ernst Gombrich - per conoscere la bellezza; Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes - per viaggiare in un mondo fantastico e visionario; I Saggi di Michel de Montaigne - per esplorare i recessi più reconditi dell’animo umano; Le braci  di Sandor Marai - per tenere accesa una passione; Elogio della follia  di E. da Rotterdam - per conoscere le virtù della pazzia, a volte condizione essenziale per essere felici; Il Diario di Anna Frank  - per piangere; Viaggio in Italia  di W. Goethe - per viaggiare senza partire; Oblomov di Ivan Gonkarov – per non avere fretta e alimentare l’ozio; Lettere dal carcere di Antonio Gramsci - per onorare la scrittura come forma di sopravvivenza e libertà; Quel che resta del giorno  di Kazuo Ishiguro -  per non avere rimpianti; Se questo è un uomo  di Primo Levi -  per non dimenticare la cattiveria insita nell’animo umano; Il libro dell’inquietudine  di Fernando Pessoa - per cercare l’equilibrio perduto; Il giovane Holden  di J. D. Salinger - per cavalcare le ribellioni adolescenziali; Bartleby lo scrivano di Melville - per dire no all’iperattivismo del mondo del lavoro; Lettere a Lucilio  di Seneca - per allontanarmi dalle miserie umane; Sostiene Pereira  di Antonio Tabucchi - per rafforzare la libertà di pensiero.

14 commenti:

  1. Vedo che hai avuto come maestri di vita degli autori davvero importanti. Molti di quelli elencati sono stati anche miei compagni di viaggio.

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    1. Più che maestri di vita direi che sono maestri di pensiero. Grazie per la visita.

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  2. Pensavo a L'uomo che ride di Hugo su un'isola deserta. Da alternare a La sposa giovane di Baricco. Sacro e profano in un mix esplosivo...

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    1. Ognuno di noi ha i suoi preferiti da portare con sé su quella fantomatica isola deserta. Di Baricco ho letto poco: probabilmente è uno dei più interessanti scrittori contemporanei, tra quelli attualmente in circolazione. Peccato che sia un renziano...:-). Se mi capita, cercherò di leggere il suo ultimo romanzo da te menzionato. Ciao Franco

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    2. Nooooo!! Baricco no. Insopportabile e noioso.

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    3. Quel no dice tutto. Ciao Enzo

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  3. intanto condivido l'assunto iniziale.
    poi mi diverte l'esperienza simile alla tua, le letture controvoglia ai tempi del liceo, l'accostarsi ai libri in modo più piacevole quando è stata libera scelta. Gli autori sono più o meno quelli elencati da te (ne tolgo solo qualcuno di "grande" che ancora mi è sfuggito, e ne aggiungo due a me cari, Hemingway e Simenon). Quello che ci differenzia è la cronologia delle letture, come ci fosse a nostra disposizione un gran cesto di libri da cui peschiamo gli stessi titoli in tempi diversi :)
    ciao,
    massimolegnani

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    1. Fa sempre piacere trovare qualcuno che condivide le tue letture. Di Hemingway ho letto quel suo grande libro che è "Il vecchio e il mare" su cui ho scritto le mie riflessioni in un post di qualche tempo fa. Non ho mai letto Simenon perché la letteratura gialla non mi attira. Ho comprato tempo fa un suo libro "L'uomo che guardava passare i treni" che ancora aspetta di essere sfogliato. Fui attratto da quel titolo e, da buon dipendente delle Ferrovie, lo presi al volo. :-)...e lo leggerò! Ciao Carlo

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  4. Caro Remigio,
    dal lungo elenco che hai fatto oserei dire che ci accomuna una libreria molto simile, anche se non mi ci ritrovo in alcune delle tue preferenze. In gioventù ho molto amato gli scrittori italiani, ora non più. Non amo Saviano. Umberto Eco, sebbene abbia letto tutti i suoi romanzi, mi ha annoiato a morte, a parte Il nome della rosa che ho trovato gradevole. Quasi tutta la sua produzione è uno sfoggio smodato di cultura, cosa che non apprezzo molto nelle persone. Quanto ai moderni mi appassionano alcuni scrittori inglesi e americani e, soprattutto, il giapponese Murakami di cui ho letto l'intera produzione. Ultima osservazione, sbaglio o abbiamo anche un'età simile?
    Un cordiale saluto.
    Nicola

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    1. I gusti, le preferenze letterarie - caro Nicola - possono anche cambiare con il passare del tempo. Se prima amavi gli scrittori italiani e adesso il tuo interesse è più orientato verso quelli inglesi e americani, non c'è nulla di male. L'importante è leggere. Se tu preferisci Murakami ed il sottoscritto, invece, apprezza Ishiguro, le due diverse letture non possono che generare una ghiotta occasione per uno scambio culturale sulla letteratura giapponese. E' vero quello che dici: Eco a volte è un po' difficile da leggere. Tuttavia io sono molto legato a "Il nome della rosa" che considero il suo capolavoro. E poi Eco era un intellettuale, e a volte gli intellettuali fanno sfoggio di cultura. Ma non tutti, per fortuna.
      Hai indovinato: abbiamo la stessa età, un anno in più un anno in meno, ma siamo lì. Con una sola differenza: tu ancora sfoggi una folta capigliatura, sebbene imbiancata, io invece ho solo pochi capelli, buoni solo per il barbiere, come diceva la buonanima di mio nonno. :-) 
      Ciao Nicola e a risentirci.

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  5. Sostiene Pereira e'il mio romanzo preferito.

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    1. Di Tabucchi mi permetto di suggerire Requiem. È stupendo.

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    2. L'ho letto: un libro tra il sogno e la realtà. Ma non credo sia il migliore di Tabucchi. L'ennesimo omaggio alla sua vera Patria: il Portogallo

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  6. Si, è un grande libro. Ciao Sara

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