Per conoscere un po’ meglio la
società in cui viviamo e, soprattutto, per cercare di capire chi siamo
realmente noi italiani, non basta leggere solo i giornali e seguire
passivamente i tanti dibattiti televisivi che vengono trasmessi in proposito. E’
necessario - secondo me - affidarsi ogni tanto a qualche specifica e buona lettura,
che possa farci riflettere in solitudine. Mi è capitato di leggere in questi
giorni un testo molto interessante, scritto da un grande giornalista e
scrittore napoletano di quasi 90 anni, il quale dall’alto della sua esperienza
umana e culturale, ha effettuato una sorta di viaggio intorno a noi stessi al
fine di scoprire la nostra peculiare identità di cittadini. Mi riferisco ad Ermanno Rea ed al suo saggio “La fabbrica dell’obbedienza” con
sottotitolo “il lato oscuro e complice degli italiani”, pubblicato da
Feltrinelli nel 2011.
Scrive l’autore che il libro “può essere letto anche come lo sfogo di un
cittadino con i nervi a fior di pelle”. E vista la situazione
socio-politica in cui ci ritroviamo – tra evasione fiscale, corruzione,
disoccupazione giovanile, impunità, ruberie e scandali vari e chi più ne ha più
ne metta – e considerate le singolari inclinazioni degli italiani che spaziano dal
servilismo all’ipocrisia, dalla superficialità all’opportunismo, la nostra
solidarietà non può che andare a quel cittadino
con i nervi a fior di pelle. Ma insomma noi Italiani come siamo? Abbiamo
qualche responsabilità – oltre naturalmente a quelle endemiche della classe
politica che ci governa - se le cose in questo Paese non vanno proprio bene? Se
l’Italia non è mai apparsa così malandata, neppure nei suoi momenti più
tragici, è colpa solo dei politici che sono diventati dei delinquenti, oppure è
anche colpa nostra che li votiamo e li appoggiamo?
L’autore, attraverso
un’attenta analisi, sostiene che noi possediamo una diffusa e cieca soggezione per
il potente di turno e quindi abbiamo sviluppato una grande abilità nel saltare
sempre sul carro del vincitore. Il nostro è un servilismo con prospettiva di
lucro o comunque finalizzato ad ottenere anche piccoli e miserevoli vantaggi occasionali.
La mancanza di scrupoli, di dignità e di responsabilità etica e civile che ci
caratterizzano, deriva essenzialmente – scrive Rea - da un “addomesticamento che si sviluppa nei secoli a partire dalla
Controriforma fino ai giorni nostri senza soluzione di continuità”. Secondo lo scrittore napoletano, prima della
Controriforma esisteva il “cittadino
responsabile”, nato durante quella magnifica stagione di rinnovamento che
va sotto il nome di Umanesimo e Rinascimento. Ancora oggi il mondo intero
continua deferente a inchinarsi di fronte a quella “fervida Italia” che va dal Trecento
a tutto il Cinquecento. “L’italiano –
scrive Rea – comunque lo si voglia
giudicare oggi, spunta fuori da lì, proviene da quel “bagliore” fatto di tante
luci improvvisamente accese, a cominciare da quella di un idioma che quasi non
fa in tempo a nascere e già si incarna in una serie di capolavori che dettano
legge ancora oggi: basti pensare a Dante, Petrarca, Boccaccio”. Poi fa
irruzione sulla scena la Controriforma, con i suoi obblighi di fedeltà ai papi
e alle gerarchie ecclesiastiche, con i suoi roghi (emblematico quello di
Giordano Bruno) e con tutte le altre forme di violenza e repressione nei
confronti di chi non si adeguava ad dettato della Chiesa; ed è proprio la
Controriforma– sostiene ancora Rea - che respinse quell’ homo novus, quel cittadino consapevole appena forgiato
dall’Umanesimo sostituendolo con un suddito
deresponsabilizzato, vera e propria maschera dell’asservimento e della
rinuncia a ogni forma di indipendenza e di libertà di pensiero. Leggiamo nel
libro che la permanente egemonia politica e culturale della Chiesa si è
rivelata, nel corso dei secoli, come uno dei maggiore ostacoli alla crescita
civile del Paese, impedendo la formazione di una coscienza nazionale forte e
coesa, ossia di una responsabilità collettiva e individuale. Ma allora, si
domanda lo scrittore: siamo destinati a rimanere sempre figli della
Controriforma? Sembrerebbe di si, almeno fino a quando la “fabbrica dell’obbedienza” continuerà a produrre consenso verso
ogni forma di potere, sia politico che religioso. Nulla sembra cambiato
rispetto al passato, tant’è che quel forte desiderio di obbedienza e quella
propensione alla cortigianeria e alla complicità che continuano ad abitare
dentro di noi ci spingono inesorabilmente tra le braccia di chi comanda, fosse
anche il peggiore dittatore, in cerca di protezione e di favori. Non sappiamo
dire di NO, “un monosillabo con il quale
noi italiani abbiamo da sempre un rapporto difficile” e ce ne freghiamo
della libertà e di qualsiasi principio etico, pronti come siamo ad acclamare
sempre e soltanto chi ci promette qualcosa.
Un libro interessante quello di Rea. Mi vanno anche bene alcune sue conclusioni. La colpa non è da dare, però, solo alla Chiesa, c'è nell'italiano medio una propensione a premiare l'uomo forte o l'idea forte (vedi l'accettazione immediata della dittatura fascista, e, subito dopo, l'accettazione acritica del marxismo, eccetera) quasi a dire di volere delegare al capo branco del momento ogni responsabilità di governo, basta che ciò non interferisca con i propri affari, ma che, al limite, li favorisca. L'italiano medio è un tipico voltagabbana. Va dove gli conviene. Politicamente non siamo un grande popolo, verrebbe tristemente da dire...
RispondiEliminaNicola
Concordo con quello che scrivi. L'italiano medio è un voltagabbana, ben rappresentato dalla classe politica che ci ritroviamo. La gerarchia ecclesiastica a volte si intromette in affari che non sono del tutto spirituali, soffocando libertà intellettuali e morali. Ma è chiaro che ci sono tante altre responsabilità, se non siamo ancora cresciuti come cittadini e se ancora prevale in noi lo spirito del suddito. Ciao
EliminaE' che quando si parla di identità così vaste mi convincono pochissimo tante generalizzazioni.
RispondiEliminaGli italiani sono quello che dice Rea ma sono anche tutto il contrario. Dipende.
Tutto molto relativo.
E' chiaro: è come dire che ci sono i ladri ma ci sono anche le persone per bene. In tutte le cose, però, è importante cercare di capire le origini profonde di qualsiasi fenomeno. E l'analisi di Rea è rivolta proprio verso questo aspetto della conoscenza.
EliminaE'un libro che leggerei volentieri. Magari c'e'pure qualche lato positivo, no?
RispondiEliminaCi saranno pure i lati positivi, però non sono l'oggetto di questo libro. Ciao
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