martedì 8 marzo 2016

L'uomo sentimentale



“Com’è faticoso anche ciò che ancora deve essere”

E’ la prima volta che leggo Javier Marìas: pare che sia il più famoso e importante scrittore di lingua spagnola. L’uomo sentimentale, pubblicato nel 1986, è una singolare e impalpabile storia d’amore in cui l’amore non si vede, non si vive né si consuma materialmente, però in qualche maniera si manifesta e si ricorda, tra il sogno e la realtà. Come scrive nell’epilogo l’autore, l’amore è un sentimento che “richiede le maggiori dosi di immaginazione” e sotto certi aspetti “richiede sempre qualcosa di fittizio oltre a ciò che gli procura la realtà”. In altre parole, sembrerebbe che la passione amorosa, per quanto possa essere corporea o reale in un determinato momento, abbia continuamente bisogno di una rappresentazione irreale, fantastica. E’ sempre sul punto di compiersi, ma anche sull’orlo del suo disfacimento “è il regno di quel che può essere. O anche di ciò che avrebbe potuto essere”. Lo ammetto: sono la persona meno adatta per parlare di amore. E forse per questo non mi piacciono molto le storie d’amore. Se poi il sentimento amoroso diventa così articolato e così cervellotico – come quello che ci viene raccontato nel libro - ebbene devo dire che per me le cose si complicano. Ed io mi perdo. Comunque sia, in questo contesto si muovono i quattro personaggi del libro (un quadrilatero al posto del classico triangolo).
Il protagonista – voce narrante del romanzo – è un famoso cantante d’opera catalano che vive a Madrid, separato dalla moglie, la cui professione lo costringe a condurre una vita molto solitaria in giro per le grandi capitali del mondo. E durante uno di questi viaggi, mentre si trova in treno tra Parigi e Madrid, ha l’opportunità di incontrare una misteriosa e malinconica donna (Natalia Manur), di cui si innamora – almeno così mi è sembrato di capire – la quale diventa la sua abituale accompagnatrice, anche se tra di loro non succede mai nulla; poi c’è il marito di questa donna, un banchiere belga (Hieronimo Manur) che sembra stare al gioco e non mi sembra che ami molto sua moglie. L’ultimo personaggio è un imperturbabile e taciturno segretario, a sua volta innocuo e fedele accompagnatore di Natalia Manur, sempre testimone nelle lunghe conversazioni tra i due strani e inconcludenti amanti.  

Con una scrittura ironica e piacevole, molto più accattivante della trama che appare davvero scarna e poco avvincente, lo scrittore spagnolo allestisce una sorta di gioco crudele tra le parti in cui ognuno dei protagonisti cerca di annientare psicologicamente l’altro, un gioco in cui la dimensione immaginaria e quella onirica spesso si sovrappongono e si sostituiscono alla realtà. Un libro che non mi ha soddisfatto del tutto.

4 commenti:

  1. Oddio Marias!!!
    Vade retro!

    No, non lo reggo. Ho letto un suo famoso libro ed è stata una delle esperienze più traumatiche e insopportabili della mia vita.
    Mai più.

    E pensa che sono abituata a libri assurdi e astrusi.

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    1. Mi hai fatto sorridere...è come se tu avessi visto il diavolo. Comunque ti do ragione: è uno scrittore assurdo. Anche se non bisognerebbe mai soffermarsi sul primo libro letto. E questo naturalmente vale per tutti gli scrittori. E' pur vero, però, che dopo il primo trauma è difficile insistere...:-)

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  2. vedo che sono in buona compagnia:per due volte sono stato attratto da titoli davvero affascinanti (un cuore così bianco, domani in battaglia pensa a me) e deluso dal contenuto.usi due aggettivi che condivido in pieno: Marais tratta l'amore in modo così articolato e così cervellotico che presto annoia.
    massimolegnani

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    1. E già...dovrò pensarci due volte prima di leggere un secondo libro di Marias. Altrimenti dovrei provare su qualcosa di diverso, che non sia l'amore.

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