Lo confesso: mi piace fare la
spesa. Sono un abituale e indomito frequentatore di supermercati e mercatini
rionali. Devo dire che ho acquisito in tanti anni di dignitosa attività -
dispensando mia moglie da questa gravosa incombenza - una certa dimestichezza con
i luoghi della distribuzione, una discreta conoscenza dei prezzi ed una apprezzabile
competenza tecnico-alimentare. Ho imparato per esempio a distinguere le pere
coscia da quelle kaiser, il carciofo “tondo di Paestum” dalla “mammola
romanesca, la caciotta romana dal caciocavallo abruzzese.
Dobbiamo pur mangiare e
sappiamo quanto oggi sia difficile trovare cibi sani e naturali, saturi come
sono di conservanti, coloranti ed altre schifezze simili. Quando si parla di cibo
mi ritornano sempre in mente le parole della buon’anima di mia nonna, la quale
aveva capito in anticipo rispetto ai tempi che le cose stavano per cambiare -
in peggio - nel campo agroalimentare; infatti soleva ripetere: “moriremo tutti
avvelenati”. Evidentemente si era resa conto, la poveretta, che stavano per
sparire le buone cose fatte in casa come solo lei sapeva preparare: il pane, i
biscotti, la pasta, il formaggio, la passata di pomodoro, le salsicce… E che
anche la frutta e la verdura, trattati con pesticidi chimici, costituivano un
pericolo per la nostra salute. Se è proprio così, se davvero dobbiamo morire
avvelenati mangiando due mele annurche e un’insalata riccia, ebbene preferisco
avvelenarmi con le mie mani, scegliendo i
veleni che mi danno più fiducia e mi garantiscono una minore sofferenza. E
allora, quando mi accorgo che il frigorifero di casa sta per svuotarsi, senza
lasciarmi prendere dallo sconforto, parto alla volta del supermercato. Una
volta esisteva il negozietto sotto casa: era quasi sempre una bottega a
conduzione familiare. Poi qualcuno si è accorto che le massaie, in questi
posti, compravano solo ciò di cui avevano bisogno e non vi trascorrevano
l’intera giornata. Comportamenti, questi, che non andavano bene e allora, per
far si che si consumasse sempre di più ed aumentassero a dismisura sprechi e
rifiuti, hanno inventato dei luoghi immensi, dove si va a fare la spesa con dei
veri e propri container. Naturalmente i piccoli negozi sotto casa hanno dovuto
chiudere perché non potevano competere con le multinazionali della
distribuzione.
La cosa che più colpisce,
quando si entra in questi mega centri del consumo, è la varietà e l’abbondanza
di qualsiasi prodotto di cui sono stracolmi gli scaffali, tutti sistemati in
maniera strategica, tale da farti spendere sempre di più: succede che eri
entrato per comprare il pane e il sale e ne esci con una vagonata di articoli di
cui spesso non avevi strettamente bisogno. Però erano “in offerta” e pazienza
se poi hai dimenticato di prendere proprio il pane e il sale.
In fila alla cassa il
confronto tra i carrelli è d’obbligo: sembra quasi - a guardare i volti
orgogliosi di chi si porta dietro il “vagone” - che ci sia una sorta di gara
spendereccia a chi ce l’ha più zeppo. Ebbene devo dire che il mio appare sempre
semivuoto rispetto all’abbondanza di mercanzie che tracimano dai carrelli dei
vicini. A volte resto esterrefatto ed ho come l’impressione, di fronte a
quell’accaparramento selvaggio di derrate alimentari, che stia per
arrivare, a mia insaputa, un lungo
periodo di carestia, oppure che sia stata annunciata una guerra e la gente
abbia paura di rimanere senza viveri; resto incredulo quando mi accorgo che la
signora accanto a me, il cui peso è proporzionato alla sua spesa, butta dentro
il carrello qualsiasi cosa le capiti a portata di mano senza il minimo
discernimento. Sembra quasi che l’unica sua accortezza sia quella di arraffare
tutti i prodotti ben reclamizzati e la pubblicità sia, pertanto, il suo esclusivo
parametro di sicurezza, il suo unico metro di giudizio. “ Io guardo sempre la
pubblicità in televisione – ha detto una volta lo scrittore Erri de Luca -
altrimenti non potrei sapere quali sono le cose che non devo comprare”.
Quando mi presento alla cassa
con la mia spesa striminzita da pagare, avverto un senso di imbarazzo con quel
mezzo chilo di pomodorini pachino comprati al reparto del biologico, una fetta
di primo sale di pecora della Ciociaria, 250 grammi di mozzarelle di bufala di Battipaglia e due
pacchi di spaghetti di Gragnano. Non posso competere con quella signora di
prima, che dietro di me avanza a fatica spingendo il suo tir strapieno di scatole
di merendine di tutti i tipi (ripiene di coloranti, conservanti, edulcoranti…),
innumerevoli pacchi di pesce surgelato al mercurio pescato nei vari oceani, diverse
confezioni di affettati di mortadella e salami di dubbia provenienza, pacchi di
assorbenti e carta igienica in offerta, bottiglie di olio “d’oliva” prodotto non
si sa dove, confezioni di enormi e oscene cosce di pollo dal colore incerto
(nate in Polonia, macellate in Olanda e confezionate in Italia), barattoli alla
rinfusa di sughi già pronti, buste di insalata già lavata, fagiolini già
lessati, cicoria catalogna passata in padella, pacchi di piatti e posate in
plastica, lattine di pomodori pelati (come natura crea), due pizze quattro
stagioni surgelate…; e quella signora, sbirciando il mio carrello pressoché
vuoto, sembra guardarmi quasi con un
sentimento di pietà misto a disprezzo, come se fossi un povero miserabile, un morto
di fame, degno della sua commiserazione.
Simpatica analisi tra il serio e il faceto. Condivido. Piero
RispondiEliminaGrazie Piero. E ben arrivato qui.
EliminaMolto divertente il tuo post nel quale un po' mi ci specchio.
RispondiEliminafino a un anno fa ero totalmente digiuno di supermercati, poi anch'io mi sono preso come compito familiare la spesa e in questi ultimi mesi mi sono fatto una discreta esperienza.
Prima che ti scandalizzi incontrandomi alla cassa, ti dico subito che sono uno di quelli dal carrello stracolmo, ma a mia scusante ho il fatto di abitare in campagna e di fare la spesa solo ogni tre settimane (in pratica passo 3 settimane a compilare la lista delle cose da comprare e da quella poi non mi discosto,nonostante le più allettanti offerte)
ciao
massimolegnani
Allora tu sei giustificato (rido naturalmente)Grazie comunque per il tuo contributo. Ciao Carlo
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