Guido Ceronetti è senza dubbio
uno dei più incisivi e graffianti osservatori della nostra società; e in un
mondo in cui sembra prevalere soltanto il pensiero unico, le sue parole
dissacranti e trasversali rappresentano un segnale vivo di libertà, autentico
baluardo contro l’omologazione culturale. Per i benpensanti e per i malati di
ottimismo, questo “giovane” pensatore di 88 anni – “io sto consumando gli avanzi di questa mia lunga, affaticata vita”
così scrive - può apparire un nichilista e un disfattista, soprattutto per il
modo tagliente con cui dipinge la realtà dei nostri tempi. Tuttavia i suoi
scritti brevi ed i suoi aforismi hanno la straordinaria capacità di far
riflettere anche coloro che si ostinano - come si suol dire - a coprirsi gli
occhi con delle fette di prosciutto. Chi conosce Ceronetti sa che è l’ideatore di un singolare
teatro i cui spettacoli vengono allestiti per strada, dove giovani attori danno
voce e movimento a delle marionette. Ma pur essendo un artista di strada – come
lui stesso si definisce – non credo proprio che la sua scrittura erudita sia adeguata
all’uomo della strada.
In questo suo ultimo saggio Tragico tascabile (pubblicato da
Adelphi), lo scrittore raccoglie una serie di brevi e affilate riflessioni su
alcuni temi di stringente attualità, che vanno dalla cronaca nera a quella
politica, dai fatti internazionali come quelli riguardanti la Grecia alle
notizie di più spicciola quotidianità, come fare la spesa in un centro
commerciale, dalle problematiche ambientali a quelle religiose. Ci parla della
crisi della cultura, quale tutela dell’identità nazionale: “ce la stanno smerdando bravamente, senza un grido di rivolta, a colpi
di intrusioni massicce di locuzioni e nomenclatura angloamericane” e lancia
il suo grido di allarme “contro l’enorme
afflusso di popolazioni indicibilmente estranee a tutto quanto l’Italia
rappresenta di non materiale”. Usa parole pungenti contro l’universo
tecnologico: lo smartphone “è un baratro
senza fondo in cui l’utente (l’essere, l’anima umana), una volta catturato, precipita
senza fine”. Si scaglia con veemenza contro chi permette, con mezzi
meccanici e farmacologici disumani, “la
moltiplicazione insensata e tragica di vecchiaie”, perché allungare sempre
di più la vita è come subire una lunga e terribile tortura. Ma confessa anche
il suo personale fallimento per avere assistito al crescente peggioramento
della nostra lingua, la scritta e la parlata, senza poter far nulla per
impedire tale inesorabile declino.
Mai ovvio, mai corretto politicamente, si può essere in disaccordo con lui ma gli si deve riconoscenza per come smuove le nostre menti intorpidite.
RispondiEliminaml
condivido pienamente, grazie ml
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