Le vacanze sono ormai alle porte e, crisi o non crisi,
nessuno vuole rinunciarvi. Siamo ai nastri di partenza con le valige già pronte,
per invadere come cavallette città d’arte e siti archeologici, spiagge e
montagne. Diceva un grande filosofo del passato che quando scopriamo un bel
posto, dobbiamo evitare di farlo conoscere agli altri, perché frequentando in
massa lo stesso luogo si finisce per distruggerlo in poco tempo. E ho l’impressione
che stia succedendo proprio questo.
Nel passato solo una piccola minoranza di persone viaggiava,
appartenente per lo più a categorie sociali bel definite: in primis ricordiamo
i mercanti (carovanieri e navigatori) che affrontavano deserti e oceani per
trasportare le loro mercanzie, ma nel contempo avevano anche la possibilità di
conoscere e diffondere usi e costumi di paesi a loro estranei; poi venivano i
pellegrini che si incamminavano verso Roma per ottenere l’indulgenza, ma anche
verso Santiago de Compostela o Gerusalemme, attraverso percorsi che hanno
disegnato le mappe geografiche dell’Europa medioevale; ed infine gli artisti (scrittori, pittori,
musicisti…) che a ragion veduta erano i veri viaggiatori – figure romantiche
ormai scomparse - che cercavano ispirazioni artistiche e culturali nei paesi in
cui si recavano. Un viaggio in Italia (Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Pompei,
tanto per citare le località più ambite), costituiva una tappa fondamentale
nell’educazione dei giovani delle famiglie benestanti che si apprestavano a
fare il loro ingresso nella società ricca e borghese del tempo. Il loro viaggio
durava mesi, a volte anni, grazie soprattutto alle disponibilità finanziarie
degli interessati, ma anche alla lentezza dei mezzi di trasporto: non
dimentichiamo che ci si spostava in carrozza o a piedi.
Ai giorni nostri il desiderio di viaggiare - costi quel che
costi - appartiene un po’ a tutti, come è giusto che sia, costituisce un segno
di distinzione sociale, ed allora ci si sposta in massa: un turismo selvaggio e
indifferenziato verso luoghi sempre più standardizzati e sovraffollati. E il “viaggiatore”,
che nel passato percorreva la sua strada quasi sempre in solitudine, in
un’epoca caotica e massificata come la nostra si è trasformato in “turista” che
aspira a riunirsi in gruppo, ad essere guidato e portato in giro, a condividere
senza sforzo le medesime esperienze ed emozioni. Esperienze ed emozioni che,
vissute da pochi, risultavano uniche ed irripetibili (mi viene in mente il “viaggio
in Italia” di Goethe o quello di John Ruskin descritto in “mattinate
fiorentine”), cessano automaticamente di essere tali quando vengono provate da
tutti alla stessa maniera. Quel rilassato e riflessivo viaggiare riservato un
tempo alle classi più colte si è sbriciolato al ritmo forsennato del turismo di
massa, sommerso da una miriade di consigli sul dove andare e dalla quantità
delle cose da visitare, a scapito della qualità e della lentezza.
Riguardo, poi, ai luoghi turistici, ho l’impressione che
oggi si somiglino tutti, da nord a sud, specialmente quelli di mare: le stesse
strutture alberghiere, gli stessi villaggi, la stessa confusione di macchine e
di persone, addirittura la medesima cucina, che un tempo rappresentava il segno
distintivo del posto. Se si escludono determinate caratteristiche climatiche
che a volte fanno la differenza - e stiamo facendo di tutto per sconvolgere
anche quelle – le località di villeggiatura sono diventate sostanzialmente
indistinguibili grazie all’ incessante livellamento dettato dal mercato globale
e dal turismo di massa, che tendono a cancellarne le diversità in favore di un
pensiero unico che vuole ogni luogo identico all’altro. E allora mi chiedo se
abbia ancora un senso andare al mare all’isola d’Ischia, piuttosto che a Rimini,
trascorrere le vacanze nel Cilento piuttosto che nel Salento.
Io credo che sia definitivamente saltato
quell’equilibrio che esisteva tra la natura incontaminata e la presenza virtuosa
dell’uomo; un bilanciamento che si reggeva essenzialmente sul rispetto e sulla
salvaguardia del territorio che non veniva invaso da orde di turisti, la cui presenza
è diventata, nel corso degli anni, sempre più schiacciante e invasiva, simile
ad un esercito di occupazione che ha finito per deturpare, sporcare e offendere
qualsiasi posto. Anche il più bello. Con questo non voglio dire che solo le
persone ricche e colte debbano viaggiare, anche se sono sempre di più coloro
che, per ragioni economiche, non possono lasciare la città o il paese in cui
abitano e quindi il turismo non è un’opportunità concessa a tutti. Tuttavia, chiunque
voglia osservare il fenomeno odierno con un po’ di spirito critico – senza essere
tacciati di snobismo - non può non considerare la bassa qualità di questo
“diritto alle vacanze” esteso a tutti e venduto in maniera ingannevole come esclusivo,
ma sostanzialmente svilito nella sua essenza. Mi chiedo se oggi sia ancora
possibile una maniera diversa di fare le
ferie, rispetto al pacchetto tutto
incluso a tappe forzate (Roma in 48 ore…Parigi in un solo giorno) offerto
sottocosto da fameliche agenzie di viaggi alla massa dei vacanzieri nostrani, che
si illudono di visitare quelle località alla moda, altrimenti non sei nessuno. E allora succede che il nostro turista,
che non ha mai messo piede in un museo italiano, al ritorno da Parigi potrà
raccontare agli amici del bar che è stato al Louvre dove ha potuto ammirare –
dopo due ore di fila - la famosa “Gioconda” di Leonardo; e che – udite, udite -
“s’è fatta” tutta Roma in soli 2 giorni visitando “tutto quello che c’era da
visitare”, scattando migliaia di fotografie che, probabilmente, nessuno mai
vedrà. E già, le foto!; meriterebbero una riflessione a parte perché con l’avvento
dei telefonini il turista appare sempre di più affetto da bulimia fotografica
acuta, che lo costringe a riprendere qualsiasi cosa (che si muova o stia
ferma), senza guardare niente (tanto guarderà dopo, a casa). Le foto ricordo,
che in qualche maniera sostituiscono la memoria e soprattutto lo sguardo,
testimoniano non tanto la curiosità e l’interesse culturale del visitatore,
quanto la sua rituale presenza in quel determinato luogo. Presenza attestata,
appunto, da una foto ricordo. Per lui non è importante soffermarsi più di tanto
davanti alla bellezza e alla maestosità del tempio di Nettuno a Paestum, ma
conta, invece, potersi mostrare ai piedi delle sue colonne doriche attraverso
una foto. O meglio, un selfie che va tanto di moda.
Il vero viaggio, quello che
cambiava interiormente l’antico viaggiatore procurandogli intense emozioni per
le sorprese, i rischi e le avventure che incontrava lungo il percorso, non
appartiene più al turista contemporaneo. Quest’ultimo resta attaccato alle
proprie abitudini e anche lontano da casa non è capace di rinunciare al comfort,
alla cucina ed ai riti cui è legato; vuole ritrovare tutto ciò che ha
momentaneamente lasciato e, pertanto, farà le proprie rimostranze se nella
camera dell’albergo in cui alloggia non è presente un televisore di almeno 28
pollici; vuole trovare un contesto simile a quello in cui vive abitualmente
nella sua città e sentirsi a casa pur avendo scelto di fare un safari in Tanzania.
E allora, come non ricordare le parole di Socrate il quale, ad un tale che si
lamentava di non aver avuto alcun giovamento dai suoi viaggi, disse: “è
naturale che sia così; tu viaggiavi in compagnia di te stesso”. Come i nostri
turisti che non si allontanano mai dal proprio mondo, anche quando si trovano a
migliaia di chilometri di distanza.
Hai pienamente ragione. Si viaggia male ora. Io mi ritengo ancora un viaggiatore sensibile. Entro nei luoghi che visito. Lascio il mio io sul comodino e mi accomodo nell'ignoto che mi riceve, ricevendolo a mia volta. Plasmandomi. per questo mi sento ricco ogni volta. E sono anche fotografo, ma non mi selfo mai. E ambisco luoghi che mantengano la loro personalità, cercando di meritarne un minimo riflesso. Mi curo col Viaggio. E sto bene.
RispondiEliminaMi sembra di capire che "entri" nei luoghi in punta di piedi, li rispetti e cerchi di prendere qualcosa da loro. E' quello che dovrebbe fare qualsiasi viaggiatore/turista: essere "sensibile", appunto, come dici tu. Grazie Franco per il tuo contributo e buone vacanze.
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