Enzo Bianchi – per chi non lo
conoscesse – è un monaco laico, fondatore e Priore del Monastero di Bose nel
Canavese, una comunità religiosa di grande successo e spiritualità meta di
tantissimi pellegrini in cerca di silenzio, meditazione e preghiera. Con questo
suo libro, che io lessi nel marzo 2010, lo
scrittore piemontese rivisita il suo passato vissuto nella sua amata terra del
Monferrato. E lo fa proprio al fine di cogliere in esso le chiavi di lettura non
solo del presente ma anche del futuro. Perché l’esperienza che ci viene dal
passato è buona anche per affrontare gli anni a venire, ed i principi e i valori che hanno alimentato
l’esistenza di chi ci ha preceduto sono in grado di sostenere anche noi che
viviamo il presente.
I ricordi di quella vita faticosa,
portata avanti con durezza per il lavoro quotidiano e per l’isolamento in cui
si viveva nelle cascine, affiorano nitidi e appassionati in queste pagine. Una
carrellata di immagini, di luoghi, di personaggi, di sensazioni, di suoni, di
profumi che sembrano scomparsi dalla nostra vita quotidiana e che vengono evocati
con affetto e con gioia, misti a nostalgia.
Come le campane che tendono a non
suonare più e comunque quando rintoccano nessuno riesce nemmeno ad ascoltarle,
soffocate come sono dal frastuono del traffico, dai telefonini sempre accesi,
dai rumori assordanti. Erano suoni che scandivano la vita nei paesi di
campagna, che venivano ascoltati come moniti quotidiani e ritmavano il passare
del tempo avvolgendo la vita delle comunità, aiutandole nella loro identità e
fornendo loro un vero linguaggio di comunicazione a distanza.
Come dimenticare il canto del
gallo, che da messaggero del giorno è stato bandito dalle nostre esistenze.
Confesso - dice Enzo Bianchi – che per me è sempre stato ed è il suono
quotidiano più straordinario, più desiderato, più amato. E come non ricordare
la cucina tradizionale, quella fatta con ingredienti genuini: quel profumo di ragù che si
avvertiva camminando lungo le stradine del borgo antico nei giorni di festa.
Sparito. Oppure il profumo del pane appena sfornato, fatto in casa nel forno a
legna. Si è perso il senso di questo fondamentale alimento della nostra tavola:
oggi viene facilmente trascurato e sostituito con tanti prodotti alternativi la
cui unica positività consiste in una negatività e cioè quella di non farci
ingrassare.
Tra i tanti ricordi non poteva
non spuntare, nel libro, la coltivazione della vite e la trasformazione
dell’uva in vino, attraverso il rito antichissimo della vendemmia. La stagione
della vendemmia era ed è non solo il coronamento di un’annata di lavoro ma il
simbolo dell’intimo rapporto tra l’uomo e la terra che abita. E quando si parla
di terra, il ricordo di Bianchi va immancabilmente all’orto: l’autore aveva
solo 14 anni, quando chiese in dono a suo padre un piccolo fazzoletto di terra
da coltivare e da allora non riesce a vivere senza accudirne uno, perché un
orto non solo dà gusto ai cibi, ma gli insaporisce l’anima. L’orto quindi come
una grande metafora della vita spirituale, come lo spazio interiore della
nostra vita, luogo di lavoro e di delizia, luogo di semina e di raccolto, luogo
di attesa e di soddisfazione.
Il ricordo del passato passa
anche attraverso le feste, che venivano vissute con partecipazione e semplicità
e che costituivano un’occasione importante, allietate con pasti abbondanti e
preparati con cura. E’ un mondo semplice, quello che ci descrive Enzo Bianchi,
un mondo che seguiva i ritmi delle stagioni, che non conosceva i tempi
frenetici della vita moderna, che prediligeva la lentezza piuttosto che la
velocità.
Ascolto spesso (non sempre, purtroppo) "Uomini e profeti" su Radio 3.
RispondiEliminaEnzo Bianchi è un ospite frequente e seguo le sue parole con estremo interesse.
Però non ho mai letto un suo libro!
Di libri ne ha scritti diversi: io ho letto solo questo, e devo dire che scrive in maniera semplice e chiara. E' tanto interessante ascoltarlo quanto leggerlo. Ciao
Eliminaho la fortuna di vivere in campagna, transfuga dalla città, e abito quasi sotto il campanile, i miei vicini hanno galli e galline, per cui comprendo benissimo lo spirito del libro e lo condivido.
RispondiEliminaun saluto
ml
Beato te che hai la fortuna di vivere in campagna e ti svegli al canto del gallo. :-)
EliminaCiao
recensione eccellente,
RispondiEliminala vita è la terra, fortunato chi lo capisce,
cercherò il libro, tra l'altro sono Piemontese e conosco bene il Monferrato
Grazie Tads, troppo buono. :-)
EliminaDici bene: “la vita è la terra”, tutto nasce dalla terra. Il Monferrato, poi, ha dato i natali ad illustri personaggi e tra questi metterei anche il Priore di Bose oltre, naturalmente, Tullio Antimo da Scruovolo . :-)
Un caro saluto
ne scrissi pure io, lo scorso anno,
RispondiEliminaqui.
L'ho letto, Silvia. Il pane del giorno prima è davvero buono. Sai fare il pane in casa? Complimenti :-)
EliminaAh grazie!
RispondiEliminaNon ci vuole molto ...
Non ci vuole molto per chi lo sa fare
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