Chi non legge o non ha voglia
di leggere – e sia ben chiaro che nessuno è obbligato a farlo e chi non ha
dimestichezza con la carta stampata non è assolutamente inferiore a nessuno -
puntella sempre questa sua mancanza, di cui un po’ si vergogna, con un alibi
di ferro: “purtroppo non ho tempo”. Sarebbe, infatti, poco credibile se affermasse
di non leggere per i prezzi dei libri troppo alti, considerata la variegata e
ampia offerta del mercato editoriale. Per esempio, ho appena finito di leggere,
in contemporanea, due libriccini di poco più di cento pagine ciascuno: un
racconto intitolato “Corto viaggio sentimentale” di Italo Svevo ed il romanzo
“Peter Camenzind” di Hermann Hesse. Il primo, pubblicato nel corso del 2014
dalla Newton, presenta una veste grafica davvero molto accattivante e costa
solo 1 euro e 90 centesimi; il secondo, invece, è un’edizione Oscar Mondadori
del 1980, trovato su una bancarella dell’usato (praticamente come nuovo) a soli
2 euro. Insomma, con meno di 4 euro (una pizza mediocre costa molto di più), ho
portato a casa due piccoli capolavori della nostra letteratura, anche se poco
noti al grande pubblico. E’ pur vero che a volte la bellezza della lettura
risiede proprio nella scoperta dei suoi tesori.
Ebbene i protagonisti dei due
libri, pur nella loro estrema diversità – da una parte il tipico personaggio
inetto di Svevo e, dall’altra, il sognatore, l’amante della natura che esce
dalla penna di Hesse - sono accomunati dallo stesso desiderio: viaggiare. Il
viaggio quale occasione per “evadere” dall’ambiente in cui vivono; il viaggio
quale metafora della vita e della libertà e quindi espressione di fuga dalle
costrizioni quotidiane.
Un breve viaggio di lavoro in
treno da Milano a Trieste è, infatti, l’occasione che aspettava da tanto tempo
il signor Aghios, il protagonista di “Corto viaggio sentimentale”, un libro rimasto
incompiuto a causa della morte dell’autore avvenuta nel 1928. Tipico personaggio
sveviano insoddisfatto e abitudinario, questo Aghios “guardava con invidia e desiderio la vita intensa che lo circondava e
respingeva” e pensava che una parte di tale malessere gli venisse dalla
famiglia, perché “la sicurezza di cui si
gode in famiglia addormenta, irrigidisce e avvia alla paralisi”. Perciò il
viaggio programmato sarebbe stato una sorta di esperimento, un gradevole svago
foriero di altri futuri viaggi, che avrebbero dovuto assicurargli incontri
piacevoli e un po’ di felicità. Quella felicità che - a suo dire - non poteva
nascere dalla gelida relazione con la moglie e il figlio. Lui aveva sacrificato
tutta la sua vita al dovere familiare, “abbandonando
i suoi cari pensieri, le sue care fantasie, il vero piacere. Se lo avessero
lasciato in pace, egli avrebbe percorso il mondo, non per guardarlo, ma per
trovare maggiore stimolo a staccarsene, abbellirlo e offuscarlo”. Certo,
abitudinario come egli era, certamente avrebbe poi sentito il desiderio di
ritornare in famiglia e “rimettersi sotto
la protezione della moglie e soprattutto andare a proteggere quello scervellato
di suo figlio, insomma il ritorno alla sua galera”.
E se per il signor Aghios la
galera è rappresentata dalla famiglia, per Peter Camenzind (alias Hermann
Hesse) il personaggio che dà il titolo al libro dello scrittore tedesco
naturalizzato svizzero (il suo primo successo letterario che segna l’inizio della
sua carriera) la “galera” da cui vuole evadere per conoscere il mondo è il suo
paese natale, Nimikon, “un villaggetto
che giace su un piano obliquo triangolare incuneato fra due propaggini montane,
in riva al lago”. Questo giovane aveva avuto come educatori ed amici, oltre
i libri, le montagne, il lago, gli alberi e la natura tutta, che per molto
tempo gli “furono più cari e più noti
degli uomini e del loro destino”; era stato talmente forte il contatto
unilaterale con la terra e con gli animali che, in qualche maniera, quest’ultimi
lo avevano allontanato dal consorzio umano. Allora sente il bisogno di “uscire dall’aria prosaica e deprimente”
del suo paesello per la gioia di essere libero, di partire per paesi lontani “per cercare la patria futura nel regno
dello spirito”. I suoi viaggi diventano un fondamento della sua vita, passa
gran parte degli anni camminando per mesi e settimane in vari paesi,
abituandosi a lunghe marce con in tasca pochi quattrini e un pezzo di pane,
pernottando spesso all’addiaccio. Si convince di non essere nato per la vita
sedentaria, ma per il vagabondaggio in terre straniere. E’ all’occorrenza
diventa poeta e pellegrino, beone ed eremita.
Ma così come era successo al protagonista
del viaggio di Italo Svevo, che aveva sentito il bisogno di rientrare in
famiglia, anche Camenzind/Hesse, dopo la sua lunga caccia alla felicità
mondana, dopo la ricerca dell’arte nelle principali città dell’Italia, della Francia
e della Germania, dopo essersi abbeverato di musica e di bellezze spirituali, “i miei vagabondaggi nel regno dello spirito
e della così detta cultura”, avverte l’urgenza di ritornare nel vecchio
nido fra i monti e il lago, felice di aver fatto le sue esperienze di vita e
con la consapevolezza che un contadino come lui non poteva, a nessun costo,
diventare un cittadino e uomo di mondo.
Chi dice di non aver tempo per leggere mente spudoratamente.
RispondiEliminaDovrebbe semplicemente ammettere di non aver voglia di leggere.
La volontà, è quella che fa la differenza.
Non conosco i due libricini di cui parli.
P.S. io ho appena terminato un saggio di Zweig su Dostoevskij. Qualcosa di imperdibile e profondamente appassionato.
EliminaConcordo con te. Ti consiglio quello di H. Hesse: è la sua prima opera letteraria che lo lanciò nel mondo della letteratura.
EliminaDi Dostoevskij. ho letto parecchio: non ho invece letto saggi su di lui. Mi sono segnato il libro che hai suggerito. Grazie
RispondiEliminaIo sto leggendo uno dei pochissimi regali di Natale che ho ricevuto: la famiglia moskat, di Singer.
RispondiEliminaDono graditissimo.
Conosco questo scrittore statunitense, di origine polacca, però non l'ho mai letto. Grazie per il suggerimento. Ciao
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