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giovedì 4 dicembre 2014

Aspettando Godot



 

Vladimiro ed Estragone, i protagonisti del libro di Samuel Beckett (1906-1989), sono due mendicanti che si incontrano per caso una sera in aperta campagna; aspettano un certo Godot, di cui non sanno nulla, non l’hanno mai visto e non sono sicuri se verrà a quell’appuntamento così strano e così assurdo. Inizia una lunga attesa, che dura poco più di cento pagine, ma che potrebbe protrarsi all’infinito. Si, perché Vladimiro ed Estragone - che vengono poi raggiunti da Pozzo, un ricco castellano che porta al guinzaglio il suo servitore Lucki - nell’attesa discorrono di facezie, sostenendo a volte cose senza senso e senza un filo logico, come in una sorta di comica ricerca introspettiva di se stessi. Si ha come l’impressione che quello strano e strampalato dialogo fra due persone così bizzarre, intervallato da lunghi silenzi, possa andare avanti senza fine, fino a consumare la vita stessa dei protagonisti, nella vana attesa di questo fantomatico Godot.
Il racconto, tutt’ora rappresentato in tutti i teatri, potrebbe essere sintetizzato con una frase di Estragone, il quale rivolgendosi al suo amico Vladimiro afferma: “Non succede niente, nessuno viene, nessuno va, è terribile”.
E’ un’attesa che sembra quasi logorare e lacerare l’animo dei personaggi, disorientando nel contempo il lettore che si aspetta, da un momento all’altro, qualche evento significativo capace di dare un senso alla storia. Ma nulla di tutto questo si verifica, tant’è che i nostri eroi alla fine sembrano stanchi di aspettare e decidono di andare via.
“Allora andiamo?” dice Vladimiro ad Estragone. “Si andiamo” dice Estragone. Ma nessuno dei due si muove, e a nostra insaputa continuano ad aspettare quel Godot, che forse potrebbe migliorare la loro infelice esistenza e liberarli da quell’attesa faticosa ed angosciante che sembra quasi una condanna senza fine.
Mi viene da pensare, dopo aver letto questo strano libro, che ognuno di noi - come Vladimiro ed Estragone - si trova sempre nella condizione di dover aspettare un immaginario Godot; un Godot che a seconda dei casi e delle circostanze, può assumere le sembianze di un “qualcuno” o di un “qualcosa” che possa, come per incanto, liberarci dalla noia del tran tran quotidiano, dagli affanni del vivere di tutti i giorni e rendere più sopportabile e felice la nostra umana esistenza. Godot è la metafora dell’amore impossibile, è l’attesa di un incontro importante e significativo ma è anche l’aspettativa di un’occasione o di un evento straordinario che possano cambiare in meglio la nostra vita. Per essere estremamente materialisti, aspettare Godot è come sperare in una vincita alla lotteria. E’ l’attesa di un sogno che raramente si avvera e si materializza che procura delusioni ed amarezze, ma che si alimenta sempre con la speranza, che è l’ultima a morire.
 
 
 



6 commenti:

  1. L'ho letto tanti anni fa...
    Ero giovane!

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    1. Io l'ho letto di recente...e non sono più giovane :-)
      ciao Mia

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  2. ti sono grato, confesso che pur citando talvolta questo titolo di Becket non ne conoscevo bene la trama. affascinante e sconfortante nella sua inazione, dovrei leggerlo.
    ciao
    ml

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    1. Grazie a te. A volte i blog servono a qualcosa. :-) Ciao

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  3. Visto a teatro da studentessa...
    Una noia!

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    1. Nemmeno il libro è entusiasmante....quindi ti capisco. Tuttavia, aspettare Godot, rientra ormai nell'immaginario collettivo.

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