Anche in questo libro, come nel
suo precedente romanzo più famoso dal titolo “Doppio sogno”, Arthur Schnitzler (1862 – 1931) fa ricorso al
monologo interiore, per descrivere i pensieri, le ossessioni, le angosce
esistenziali che si annidano come un tarlo nella mente del protagonista. E tale
riflessione introspettiva si rivela nel racconto talmente incisiva e
straordinaria che lo stesso Freud - il padre della psicoanalisi - ne fu
colpito, tant’è che usando proprio le parole coniate dallo scrittore viennese,
il grande psicoanalista vedeva in Schnitzlel il suo “doppio”.
Il protagonista della vicenda
narrativa - un quarantaduenne della
borghesia viennese - rientra nella sua città natale dopo aver
trascorso un lungo periodo di vacanza solitaria in Italia. Gli era stata
concessa per motivi di salute, al fine di recuperare quella serenità perduta e
quella gioia di vivere che sembrava lo avessero abbandonato, dopo la morte
prematura della moglie. E’ un uomo insoddisfatto del lavoro d’ufficio che
svolge, qualsiasi divertimento lo annoia, e si sente di continuo “tormentato e perseguitato da ogni genere di
stupide e stravaganti fantasticherie”. Dopo i primi mesi vissuti con
serenità, ha la sensazione di non essere affatto guarito, avverte uno strano moto dell’animo che lo rende inquieto,
depresso, ansioso. Percepisce un disagio inspiegabile, non traducibile in
parole, reso ancora più acuto man mano che si avvicina verso casa e verso quei
ricordi di un recente passato. “Si erano
sbagliati i medici o l’avevano ingannato di proposito affermando che sei mesi
di vacanza gli avrebbero restituito completamente la salute? “.
Il nostro personaggio si sforza
di indagare le origini nascoste di quel malessere, interroga la sua anima alla
ricerca di un indizio significativo che possa liberarlo dalla quella sua
crescente ansietà, da quella paura indistinta, che possa affrancarlo da certi
pensieri bui e negativi che affollano la sua mente malata. Era rimasto sconvolto,
in passato, da un doloroso episodio che aveva interessato un suo amico, affetto
da un inguaribile attacco di follia; questa dolorosa vicenda lo aveva spinto a
scrivere una lettera al fratello medico con cui lo supplicava - qualora avesse
visto manifestarsi in lui i sintomi di una malattia mentale - di mettere fine
immediatamente ai suoi giorni, in maniera sbrigativa e indolore, assolvendolo
nel contempo da qualsiasi responsabilità.
Ma i suoi fantasmi continuano a
visitarlo, gli offuscano il senno. La
sua incapacità di ricollegare con chiarezza gli avvenimenti lo tormentano
sempre di più, una parte della sua passata esistenza sembra avvolta nelle buio
e non riesce a districarsi bene dai ricordi del passato, tant’è che la sua
mente lo ossessiona con idee assurde e maniacali. Si insinua imperiosamente in
lui anche il sospetto di essere non solo l’assassino di sua moglie, ma anche
della sua amante, di cui non aveva più notizie da tempo E’ vero che non esisteva
alcuna prova, però più di una volta nel passato aveva avuto questi desideri
malvagi, si era proposto e aveva desiderato di fare ciò che ora la sua mente
gli ricordava. Nonostante tutto, il protagonista vive anche sprazzi di intensa
felicità, ore di purissima gioia insieme a una donna di cui si innamora,
ma questi momenti non bastano ad allontanare gli spettri delle sue paure e
delle sue angosce che si agitano in lui e che albergano negli oscuri recessi
dell’animo, non servono a placare la sua intima e profonda inquietudine.
E poi quella sciagurata lettera
che aveva consegnato al fratello, con cui lo autorizzava a decidere della sua
vita in caso di pazzia, lo perseguita, gli fa avvertire un’angoscia del tutto
nuova, mai provata prima e lo spinge ad interrogarsi sulle sue reali condizioni
di salute: è pazzo o è sano? ma a cosa gli serve essere sano se gli altri lo
considerano pazzo?....ma i pazzi potevano essere anche gli altri...suo fratello,
per esempio, che da un pò di tempo lo vede sotto una luce diversa, proprio quel
fratello per il quale ha la certezza che non poteva esistere uomo al mondo che
gli fosse più caro. E’ la sua ultima e delirante idea ossessiva: lo scruta in
ogni occasione alla ricerca di qualche elemento che possa confermare i suoi
timori, analizza i suoi comportamenti alla luce dei suoi oscuri presentimenti.
Io ricordo perfettamente di aver consegnato una lettera a mia sorella, spedendone una copia, per maggior sicurezza, anche al portinaio del suo amante e alla mamma del mio droghiere preferito, quello col quale avrei tanto voluto intessere una storia, prima di sposarmi con la donna che mi lasciò incredibilmente solo perché l'avevo lasciata sbadatamente nel parcheggio di Gardaland. E la lettera diceva testualmente: "Se scorgete sul mio comodino un libro di Schnitzler, bruciatelo (il libro, no il comodino..).
RispondiEliminaCiao Franco....mi hai fatto sorridere. Che dirti? Schnitzler non piace a tutti. E' come il peperoncino, se ti piace bene, altrimenti meglio evitarlo. Comunque vedi di non metterlo mai sul tuo comodino un libro di Schnitzler, perché rischi che ti brucino anche il comodino. Un caro saluto :-)
EliminaContavo di farti sorridere!... ma che dire.. l'esperienza di Doppio Sogno.. brucia ancora.. eheh..
EliminaSchnitzler!
RispondiEliminaQuesto però mi manca...
Ma allora qualcuno che non vuole bruciare Schnitzler esiste ancora! Un po' mi consola, perché credevo di essere il solo pazzo a leggerlo. Grazie per il sostegno :-)
EliminaSicuramente è uno degli autori più interessanti, intelligenti ed innovativi del suo tempo. Chi non lo capisce ha qualche importante limite...
RispondiEliminaHo scritto qualche recensione su Lankelot,
Sono d'accordo.
EliminaGrazie