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sabato 8 marzo 2014

L'uniformità del pensiero


Siamo quotidianamente investiti da una autentica tempesta di informazioni. Siamo circondati da strumenti (giornali, computer, televisioni, telefonini e quant’altro) che sembrano aspettarci al varco per avvilupparci in un groviglio di parole e di immagini da cui è difficile liberarci. Sono convinto che la sempre più grande diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, l’enorme volume di notizie che riceviamo in ogni momento della nostra giornata dai media, finiscano per indebolire progressivamente le nostre capacità di ascolto e di comunicazione. Non abbiamo più necessità di spostarci perché le notizie, le idee, i suggerimenti ci arrivano a casa. Basta azionare un pulsante o far scorrere su e giù un dito sullo schermo di una delle tante applicazioni tecnologiche, per entrare nel mondo.

Siamo esposti ad una quantità esorbitante di notizie e di fatti che, ormai, non riusciamo più ad elaborare e a gestire. E tutto ciò determina, da una parte, una inevitabile omologazione del pensiero e, dall’altra, un distacco da quel bisogno antico di comunicare agli altri le nostre esperienze di vita.
 
Quando mio nonno, contadino, incontrava un suo conoscente – parliamo di un tempo in cui i mezzi di informazione non erano così asfissianti – egli poteva scambiare con il suo amico esperienze di vita e di lavoro: ciò che diceva l’uno rappresentava quasi sempre una novità, un arricchimento per l’altro e viceversa, perché tra i due, nonostante tutto, esistevano ancora delle differenze di cultura e di conoscenze. Alla base, infatti, di chi parlava e di chi ascoltava, c’era sempre una diversa concezione della vita, una differente coscienza delle cose che succedevano e quindi il confronto accresceva e migliorava sia l’uno che l’altro. Esisteva, in quel contraddittorio, un dare ed un avere. Le parole di quelle due persone non erano veicolate dall’esterno, non venivano forgiate da programmi televisivi ma nascevano da conoscenze personali.

Oggi non esiste più, come nel passato, una diversa esperienza del mondo. Si va sempre di più affievolendo quel modo variegato di pensare perché il mondo fornito a tutti dai media è identico, così come sempre più identiche sono le parole ed i messaggi messi a disposizione per descriverlo. Chi ascolta una qualsiasi notizia, finisce con il recepire le identiche cose che egli stesso potrebbe tranquillamente dire;  chi parla, non fa che ripetere le stesse cose che potrebbe ascoltare da chiunque perché ci abbeveriamo, tutti, alle stesse fonti di informazione, quali i giornali, la televisione, internet. Viviamo in un mondo standardizzato che alla lunga appiattisce il cervello e la società che ci viene raccontata spesso è fuori dalla realtà (vedi la pubblicità), ci allontana e ci unisce, nello stesso tempo, attraverso un pensiero unico.

Se quei due amici di prima si incontrassero oggi, non credo proprio che si scambierebbero le loro concrete esperienze di vita e di lavoro, non parlerebbero né di semina né di potatura, non si consiglierebbero vicendevolmente su come ottenere un buon vino, ma i loro discorsi sarebbero rivolti al delitto Meredith....alla nipote di Moubarak.....a Grillo e a Renzi...a questo o a quel pettegolezzo mediatico...al festival di San Remo e a  tutte le altre notizie, costruite ad arte, che plasmano le coscienze e tendono ad abolire la vera comunicazione interpersonale e le differenze che ancora sussistono tra gli uomini.

E chi non si adegua, viene emarginato.

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