La lentezza, oltre a richiamare
una filosofia di vita, un modo di stare al mondo, è anche una caratteristica
propria della vecchiaia. Invecchiando si diventa lenti, nel fisico e nella
mente, mentre il mondo intorno gira a grande velocità. E a volte appare incomprensibile.
Al di là della retorica con cui oggi si cerca di mitigare quella che comunemente
viene chiamata “terza età”, io mi sento di
dire, senza falsi infingimenti, che sono dentro la vecchiaia. E’ inutile
girarci intorno: è arrivata con la pensione e me la porto dietro. Il passato,
quello giovanile, io lo percepisco sempre più lontano, un passato che mi costringe
a constatare il mio distacco dal presente, a volte la mia inadeguatezza,
sebbene la società consumistica e tecnologica mi inviti a partecipare ai cambiamenti
impetuosi che il mondo produce.
La vecchiaia, come scrive
Massimo Mantellini in “Invecchiare al tempo della rete” è una faccenda
da vecchi, interessa soprattutto chi è ormai avanti negli anni. Tutti gli altri
le passano accanto con indifferenza. Da giovane io non mi sarei mai sognato di
leggere un libro sulla vecchiaia. Con
questo saggio, Mantellini - uno dei maggiori esperti del mondo digitale - ci ricorda
che nessuno, fino ad ora, è diventato vecchio su internet, un luogo molto
diverso da quello in cui invecchiavano i nostri nonni e poi i nostri genitori.
Tutto è iniziato circa un quarto di secolo fa quando la “rete” ha cominciato ad
avviluppare le nostre vite, anche se in maniera differente. E chi nel frattempo
cominciava ad avere una certa età, l’unica maniera possibile per dimostrare di
essere ancora vivi ed attivi dentro la spietatezza del mondo digitale era
quella di mimetizzarsi, adattandosi ai tempi che cambiavano. Il nuovo vecchio si
è trovato, allora, ad un bivio: rimanere tale senza lasciarsi influenzare più
di tanto dai cambiamenti tecnologici, oppure trasformarsi in una nuova figura:
il vecchiogiovane. E la differenza principale fra il vecchio e il vecchiogiovane,
ci dice Mantellini, è che “il primo rimpiange mentre il secondo – ancora –
invidia”. E chi può invidiare se non i giovani? Il primo riconosce le sue
limitate possibilità e si mette da parte, il secondo si finge innovativo e
ancora giovane perché solo il giovane è la faccia dell’innovazione. Per
Mantellini, il vecchio è Bartali, che apre un negozio di biciclette dopo aver
appeso la sua al chiodo. Il vecchiogiovane invece, esponendosi talvolta
allo scherno altrui, continua ad immaginarsi sui tornanti del Tour de France,
trionfante a fine tappa mentre indossa la maglia gialla e riceve il bacio dalla
miss. Per quanto mi riguarda, devo dire che con l’avvento della rete io sono
rimasto fondamentalmente vecchio, sono il “Bartali che apre un negozio di
biciclette”; e, come una pietra sul greto del torrente che scorre vorticoso, osservo
la vita e, a volte, rimpiango. Avevo tutta la vita davanti, un tempo, perciò mi
potevo permettere il lusso di rinviare. E rinviavo. Ora che il mio tempo va
esaurendosi, mi accorgo che me ne servirebbe altro. Diceva Bobbio – citato da
Mantellini – che “quanto più mantiene fermi i punti di riferimento del suo
universo culturale, tanto più il vecchio si estrania dal proprio tempo”. E’ ciò
che mi succede.
La rete ha capovolto il rapporto
tra chi sa e chi non sa, tra la nuova vecchiaia e quella precedente. Un tempo
erano i vecchi che sapevano e tramandavano ai giovani le proprie conoscenze.
Oggi i vecchi non sanno, vengono guardati con sospetto e commiserazione, mentre
i giovani sanno tutto. Sono i padroni della rete. Ma la possibilità di “esserci
senza esserci, di guardare senza essere visti, di parlare in forma di sconosciuto,
è una delle ragioni per cui, dopo un allenamento durato un paio di decenni,
l’uomo adulto che inizia ad invecchiare in rete sceglierà di trasformarsi
talvolta nel vecchiogiovane”. Gli ambienti digitali rendono ogni confine
impalpabile, aggiungono astrattezza, confondono le carte e solo da quelle parti
“gli estremi potranno mescolarsi e perdersi uno nell’altro”. Ciò non può
succedere nel mondo reale dove non c’è alcuna mediazione e dove l’età separa e
rappresenta un confine geografico insormontabile.
Il vecchio in rete si
materializza con le parole, ma la rete resta pur sempre un luogo impervio e
pieno di insidie, un percorso ad ostacoli nel quale la velocità fa da padrone
incidendo sulle sue abitudini di vita come mai era avvenuto nel passato. Quando
un’epoca decide di sostituire la scrittura a matita con quella digitale, la
tecnologia costruisce improvvisamente barriere e fossati, spesso
insormontabili, che fino a poco prima non esistevano, riducendo ulteriormente
gli spazi di esistenza in vita dei più anziani. Alcuni riusciranno, o
quantomeno proveranno a superare quei fossati, altri saranno lasciati ai
margini “nel medesimo luogo nel quale in fondo erano sempre stati – scrive Mantellini
- ma dentro una marginalità che origina per la prima volta dal design degli oggetti:
una specie di dichiarazione di irrilevanza che ogni persona anziana vedrà
ripetuta ogni giorno, dentro ogni gesto della parte di vita che gli resta”.