domenica 18 maggio 2025

Certi luoghi...

 


…esercitano su di noi un forte richiamo, hanno un’anima, certi luoghi, che parla alla nostra anima;

ce li portiamo dentro senza saperlo, certi luoghi e, un bel giorno, si manifestano evidenziando quel legame profondo che con essi abbiamo deciso di intrattenere;



certi luoghi ci elevano verso una dimensione spirituale, forgiano la nostra vera identità, fortificano la nostra salute mentale, allontanano la tristezza, sono una promessa di felicità;

certi luoghi ci rendono migliori moralmente, esaltano i valori in cui crediamo, ci parlano di serenità, di equilibrio, di armonia e offrono l’espressione di quell’intima affinità che esiste tra ciò che vediamo e ciò che desideriamo essere;

certi luoghi custodiscono le note del silenzio, lo sguardo lento della gente, la gioia durevole delle piccole cose, il rumore dei nostri passi sul selciato in pietra;



certi luoghi - dove il tempo sembra essersi fermato - incoraggiano uno stile di vita alternativo, un nuovo modo di vedere le cose e di stare al mondo;

non ci fanno sentire mai soli, certi luoghi, e ci attraggono profondamente, a volte senza capirne la vera ragione; è come se proteggessero i nostri desideri, le nostre sensazioni, i nostri stati d’animo;



certi luoghi li percepiamo come un rifugio, sono cura dell’anima;

certi luoghi…


venerdì 2 maggio 2025

Invecchiare al tempo della rete

 


La lentezza, oltre a richiamare una filosofia di vita, un modo di stare al mondo, è anche una caratteristica propria della vecchiaia. Invecchiando si diventa lenti, nel fisico e nella mente, mentre il mondo intorno gira a grande velocità. E a volte appare incomprensibile. Al di là della retorica con cui oggi si cerca di mitigare quella che comunemente viene chiamata “terza età”, io mi sento di  dire, senza falsi infingimenti, che sono dentro la vecchiaia. E’ inutile girarci intorno: è arrivata con la pensione e me la porto dietro. Il passato, quello giovanile, io lo percepisco sempre più lontano, un passato che mi costringe a constatare il mio distacco dal presente, a volte la mia inadeguatezza, sebbene la società consumistica e tecnologica mi inviti a partecipare ai cambiamenti impetuosi che il mondo produce.

La vecchiaia, come scrive Massimo Mantellini in “Invecchiare al tempo della rete” è una faccenda da vecchi, interessa soprattutto chi è ormai avanti negli anni. Tutti gli altri le passano accanto con indifferenza. Da giovane io non mi sarei mai sognato di leggere un libro sulla vecchiaia.  Con questo saggio, Mantellini - uno dei maggiori esperti del mondo digitale - ci ricorda che nessuno, fino ad ora, è diventato vecchio su internet, un luogo molto diverso da quello in cui invecchiavano i nostri nonni e poi i nostri genitori. Tutto è iniziato circa un quarto di secolo fa quando la “rete” ha cominciato ad avviluppare le nostre vite, anche se in maniera differente. E chi nel frattempo cominciava ad avere una certa età, l’unica maniera possibile per dimostrare di essere ancora vivi ed attivi dentro la spietatezza del mondo digitale era quella di mimetizzarsi, adattandosi ai tempi che cambiavano. Il nuovo vecchio si è trovato, allora, ad un bivio: rimanere tale senza lasciarsi influenzare più di tanto dai cambiamenti tecnologici, oppure trasformarsi in una nuova figura: il vecchiogiovane. E la differenza principale fra il vecchio e il vecchiogiovane, ci dice Mantellini, è che “il primo rimpiange mentre il secondo – ancora – invidia”. E chi può invidiare se non i giovani? Il primo riconosce le sue limitate possibilità e si mette da parte, il secondo si finge innovativo e ancora giovane perché solo il giovane è la faccia dell’innovazione. Per Mantellini, il vecchio è Bartali, che apre un negozio di biciclette dopo aver appeso la sua al chiodo. Il vecchiogiovane invece, esponendosi talvolta allo scherno altrui, continua ad immaginarsi sui tornanti del Tour de France, trionfante a fine tappa mentre indossa la maglia gialla e riceve il bacio dalla miss. Per quanto mi riguarda, devo dire che con l’avvento della rete io sono rimasto fondamentalmente vecchio, sono il “Bartali che apre un negozio di biciclette”; e, come una pietra sul greto del torrente che scorre vorticoso, osservo la vita e, a volte, rimpiango. Avevo tutta la vita davanti, un tempo, perciò mi potevo permettere il lusso di rinviare. E rinviavo. Ora che il mio tempo va esaurendosi, mi accorgo che me ne servirebbe altro. Diceva Bobbio – citato da Mantellini – che “quanto più mantiene fermi i punti di riferimento del suo universo culturale, tanto più il vecchio si estrania dal proprio tempo”. E’ ciò che mi succede.

La rete ha capovolto il rapporto tra chi sa e chi non sa, tra la nuova vecchiaia e quella precedente. Un tempo erano i vecchi che sapevano e tramandavano ai giovani le proprie conoscenze. Oggi i vecchi non sanno, vengono guardati con sospetto e commiserazione, mentre i giovani sanno tutto. Sono i padroni della rete. Ma la possibilità di “esserci senza esserci, di guardare senza essere visti, di parlare in forma di sconosciuto, è una delle ragioni per cui, dopo un allenamento durato un paio di decenni, l’uomo adulto che inizia ad invecchiare in rete sceglierà di trasformarsi talvolta nel vecchiogiovane”. Gli ambienti digitali rendono ogni confine impalpabile, aggiungono astrattezza, confondono le carte e solo da quelle parti “gli estremi potranno mescolarsi e perdersi uno nell’altro”. Ciò non può succedere nel mondo reale dove non c’è alcuna mediazione e dove l’età separa e rappresenta un confine geografico insormontabile.

Il vecchio in rete si materializza con le parole, ma la rete resta pur sempre un luogo impervio e pieno di insidie, un percorso ad ostacoli nel quale la velocità fa da padrone incidendo sulle sue abitudini di vita come mai era avvenuto nel passato. Quando un’epoca decide di sostituire la scrittura a matita con quella digitale, la tecnologia costruisce improvvisamente barriere e fossati, spesso insormontabili, che fino a poco prima non esistevano, riducendo ulteriormente gli spazi di esistenza in vita dei più anziani. Alcuni riusciranno, o quantomeno proveranno a superare quei fossati, altri saranno lasciati ai margini “nel medesimo luogo nel quale in fondo erano sempre stati – scrive Mantellini - ma dentro una marginalità che origina per la prima volta dal design degli oggetti: una specie di dichiarazione di irrilevanza che ogni persona anziana vedrà ripetuta ogni giorno, dentro ogni gesto della parte di vita che gli resta”.