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lunedì 19 agosto 2024

La spiaggia

 


“Tutti gli anni sono stupidi. E’ una volta passati che diventano interessanti”

Ritrovarsi a rileggere un vecchio libro con la copertina ingiallita dal tempo, che hai letto la prima volta ai tempi del liceo, è come rivedere un caro compagno di quegli anni scolastici perso di vista ma mai dimenticato. Stenti a riconoscerlo al primo contatto, poi a poco a poco affiorano i ricordi.

Erano questi i pensieri che mi passavano per la mente mentre sfogliavo le pagine del romanzo di Cesare Pavese “La spiaggia”. E dove potevo meglio apprezzare questa rilettura se non in spiaggia sotto l’ombrellone? Mi trovavo a Tropea, al cospetto di un mare cristallino di rara bellezza. Come ogni anno, prima di raggiungere il mare del Cilento – il mio mare - amo trascorrere qualche giorno di vacanza lontano dai miei posti abituali. Ed è una vacanza al mare anche quella vissuta dal protagonista del libro – voce narrante e alter ego dello scrittore piemontese – che racconta, ora in veste di protagonista disincantato e ora di commentatore appassionato, le vicende di un suo amico di vecchia data e della sua giovane moglie rincontrati per caso, che lo invitano a passare le vacanze estive con loro sulla Riviera ligure. Intorno a questo terzetto si muovono altri personaggi che danno corpo alle tematiche esistenziali care a Pavese, mentre la vita della spiaggia scorre lenta e monotona tra chiacchiere leggere e pettegolezzi, tenere brighe sentimentali, cene in trattoria, turbamenti e pensieri bizzarri che solo la spensieratezza della vita di mare favorisce. Per questi personaggi “l’ora più bella era il mezzodì passato o il tramonto, quando il tepore o il colore dell’acqua inducevano i più restii  a bagnarsi o a passeggiare per la spiaggia, e si restava quasi soli….” E nei silenzi che seguivano, racconta la voce narrante,  amavano ascoltare “lo sciaguattare del fiotto tra i sassi”. Per me l’ora più bella è la mattina presto, quando la spiaggia è deserta e non brulica di corpi arrostiti dal sole: a quell’ora la spiaggia offre un’esperienza sensoriale quasi mistica per i suoi profumi intensi, i suoi colori cangianti, la sua aria frizzante, il suo silenzio rotto solo dal rumore rilassante delle onde che si infrangono sulla riva. Sono i momenti più belli, da godere in solitaria contemplazione, prima che la spiaggia si svegli e si animi, e arrivino gli animatori con i loro giochi, con le corse sul bagnasciuga, l’acquagym a ritmo di tormentoni musicali a tutto volume, le partite a bocce a freccette a tennis a scopone…



12 commenti:

  1. Quest'anno, per svariati motivi, mi manca la spiaggia. La spiaggia che amiamo, deserta e tutta per noi, possibilmente di isola frantumata dal vento e lontana da ogni eco di chiasso umano. Ne faremo a meno quest'anno anche se sono per il mai dire mai e pronto a salpare all'improvviso. Uno dei vantaggi della pensione. Nessun vincolo (quando tutto il resto lo permette..)

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    1. Non è facile trovare una spiaggia “deserta e tutta per noi”. Non so chi l’ha detto che se riusciamo a trovare un bel posto, non ancora invaso dalla massa dei turisti - che sia una spiaggia o un altro luogo - non dobbiamo assolutamente farlo sapere agli altri, altrimenti arrivano in massa e lo distruggono. Beato chi lo trova! :)

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    2. Certe minuscole Cicladi lo sono e lo saranno semplicemente perché "scomode", un aggettivo che disarma ancora - per fortuna - un infnito numero di persone, e oggi probabilmente ancora di più, visto che la tendenza è rendere accessibili anche i luoghi più impervi. Ma le minuscole Cicladi no, comunque troppo da navigare, troppo da camminare, troppo greco da mangiare. ;)

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    3. Caro Franco, io purtroppo non sono un viaggiatore come te. Certe minuscole isole solitarie e selvagge posso solo immaginarle o sognarle: devo accontentarmi di certi posti nostrani affollatissimi. Finirò per andare in spiaggia all'alba: ma credo che mia moglie, finalmente, avrà un alibi valido per lasciarmi definitivamente :))

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  2. Pavese e il tormento di una mente lucida che vede, sa e patisce. Ma può anche trarre gioie dove altri non vedono che banalità. Che dire degli anni "stupidi" a cui basta passare per divenire degni? Credo sia una maledizione tutta umana... altro che cacciata dal paradiso.
    Anche a me piace la spiaggia mattutina che immagino mia, inventata per me, a darmi gioie di cui non so ma che assorbo. Occorre alzarsi molto presto per vedere l'alba adriatica ma ricordo con piacere una lontana vacanza a sud del sud dove fu possibile vedere alba e tramonto su mari diversi... che fortuna abitare in Italia.
    Che bel post questo tuo. Un fresco saluto.

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    1. Ti ringrazio per il “fresco saluto”, che ricambio: con il caldo di questi giorni abbiamo proprio bisogno di frescura. E un fresco saluto non può che far piacere. Pavese è tra gli autori che io amo. Le sue colline delle Langhe – sempre presenti nei suoi libri e nei suoi pensieri – mi ricordano le mie, nel Cilento. Sono nato in un piccolo paese aggrappato ad una collina che guarda verso il mare. Eppure, da ragazzo, non sono mai riuscito a cogliere la bellezza dei suoi panorami. Erano i miei anni “stupidi”, ma belli, perché racchiudevano la mia adolescenza, la mia gioventù. Erano interessanti, quegli anni, ma non lo sapevo…Grazie Sari, e stammi bene

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  3. non conoscevo questo romanzo di Pavese che da quel che ne racconti desumo meno malinconico di altri.
    buona vacanza
    massimolegnani

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    1. La spiaggia è un romanzo breve (sono meno di cento pagine), "leggere come una tela di ragno" ebbe a scrivere Davide Lajolo, grande amico di Pavese. Non contiene drammi familiari o sociali. Lo stile è leggero e dialogante. La voce narrante del libro osserva e racconta la vita degli altri, senza giudicarli. E ogni tanto entra, lui stesso, nel racconto come attore. Un libro che si legge molto bene sotto l'ombrellone. E devo dire che mentre lo leggevo, mi capitava di osservare il mio vicino di ombrellone che fumava la pipa come il protagonista, il quale diceva che uno, in questo modo, si illude di favorire la meditazione, ma la verità è che fumando disperde i pensieri come nebbia, e tutt'al più fantastica, cosa molto diversa dal pensare. Lui, comunque, provava un grande piacere a starsene in disparte - come il mio vicino d'ombrellone nonchè il sottoscritto - sapendo che a pochi passi il prossimo si agitava, rideva e ballava.
      Buona vacanza anche a te. Io sono al paesello. Ho lasciato il caos della Capitale senza rimpianti. Mi godo il mare, anche solo osservandolo in lontananza, dal mio terrazzino di casa da cui ammiro la sagoma inconfondibile dell'isola di Capri che mi suggerisci pensieri positivi sulla vita.

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  4. "Siamo sinceri. Se ti comparisse davanti Cesare Pavese e parlasse e cercasse di fare amicizia, sei sicuro che non ti sarebbe odioso? Ti fideresti di lui? Vorresti uscire con lui la sera a chiacchierare?” Lo scriveva, il 6 maggio del 1938, lo stesso Cesare Pavese in quel suo diario che si intitola “Il mestiere di vivere”, nel quale lo scrittore piemontese registra avvenimenti, riflessioni, le sue più intime sensazioni."

    Tratto da un tuo post 2020:)

    Vedendo la foto di quelle due sdraio vuote in spiaggia,mi immaginavo a vedervi chiacchierare assieme...ascoltando “lo sciaguattare del fiotto tra i sassi” e di un mare che lamenta il suo bagliore nel tempo andato.Un po perduto.

    Buona giornata:)

    L.

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    1. Grazie davvero, L., per le parole di Pavese tratte da un mio vecchio post. Mi sarebbe piaciuto chiacchierare con lui, o meglio, ascoltarlo seduto accanto, di fronte al mare.. Mi fai pensare alle sedie vuote. Per lo scrittore Davide Thoreau le sedie ammesse nella sua capanna costruita sulle sponde del lago Walden era tre: una per la solitudine, due per l'amicizia e tre per la compagnia. Ecco, quelle due sdraio in spiaggia, così vuote, sono una cosa rara a vedersi. Ma anche se fossero occupate sarebbero comunque vuote di vera amicizia: i rispettivi occupanti avrebbero occhi e orecchie solo per quella scatoletta che li tiene in pugno. Non guarderebbero nè il mare nè ascolterebbero quel meraviglioso "sciaguattare del fiotto tra i sassi". Un caro saluto

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  5. Ho un solo ricordo degno di essere ricordato, appartiene alla mia prima giovinezza e al sud del sud. La spiaggia dove sfocia il fiume Belice a circa 6 km dalle rovine greche di Selinunte, dieci km di sabbia intonsa e solitaria. Se approcci da bambino il mare e il silenzio di quel tipo sei "rovinato" poi per sempre. Ma tu per fortuna ritorni al tuo Cilento, terra magica sia sulla costa che all'interno, torni alla musica della risacca e a quella dello stormire del vento tra gli alberi. Io leggo in disparte ormai, le spiagge sono diventate tutte troppo "umanizzate" anche quelle della mia isola, del resto se vuoi il turismo devi pubblicizzarlo, favorirlo, assecondarlo. Tutte faccende sconosciute a Cesare Pavese quando scrisse La Spiaggia. Tra un po' torneranno i mesi normali quelli in cui a tutto pensi meno che alla spiaggia e al mare, io li aspetto come una liberazione per tornare se ce la faccio su certi arenili ad una certa ora. Ciao Pino.

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    1. Caro Enzo, bentornato: è sempre un piacere leggerti, sia quando scrivi i tuoi post nei tuoi vari blog (a dir la verità a volte ti perdo…ma va bene anche così), che quando fai dei commenti ai post degli altri. Nel primo come nel secondo caso gli spunti di riflessione non mancano. Dici bene: il Cilento è “terra magica sia sulla costa che all’interno” ma non è più il Cilento antico, pittoresco, quasi selvaggio dei miei anni giovanili. Allora non rientrava nei viaggi organizzati dalle agenzie di viaggi, non era conosciuto dalle grandi masse dei turisti “mordi e fuggi”, non veniva invaso, come cavallette, nei mesi estivi. Era un Cilento riservato, un’oasi di pace, che ti accoglieva quasi con pudore, che ti mostrava le sue bellezze naturali, senza chiederti nulla: solo rispetto. Ora ti aggrediscono sulla spiaggia se ti permetti di chiedere al vicino d’ombrellone di abbassare il volume della radio (è notizia di questi giorni riportata dai giornali locali). La maleducazione imperversa e ho come l’impressione che tutti i luoghi turistici, specialmente quelli di mare, oggi si somiglino tutti: le stesse strutture alberghiere, la stessa confusione di macchine e di persone, addirittura la stessa cucina. Se si escludono certe caratteristiche climatiche e naturali (stiamo facendo di tutto per sconvolgere anche queste) le località di mare sembrano indistinguibili. E allora mi chiedo: ha ancora un senso andare al mare in Sicilia piuttosto che a Rimini, trascorrere le vacanze nel Cilento piuttosto che in Calabria? Certo, “erano faccende sconosciute a Cesare Pavese” come lo erano ai nostri tempi giovanili. “Adda passà a nuttata” diceva Eduardo in una famosa commedia. E sta per passare: il mare d’inverno è più congeniale agli spiriti solitari e sensibili che amano il silenzio e la meditazione. Un caro saluto, Enzo.

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