Se dovessi descrivere - con una
sola parola - l’attività che più di tutte appassiona l’uomo della nostra epoca,
non avrei dubbi: direi semplicemente che “guarda”. Ovunque si trovi, in casa o per
strada, al mare o in montagna, in macchina, dal barbiere o dal droghiere, allo
stadio o a un concerto, sui mezzi pubblici, al bar, al ristorante o in un
centro commerciale: lui guarda…
Ma non
guarda il mare, o le montagne, o la pioggia che cade, e nemmeno un libro o un
giornale;
non guarda i
platani che perdono le foglie lungo un viale;
non guarda quel
bambino che piange, o quel cane che abbaia o quel vecchietto stanco seduto su
una panchina;
e neanche
guarda il traffico della città in cui vive, i marciapiedi sporchi su cui
cammina, i muri orribilmente tappezzati di pubblicità e graffiti;
e non
guarda il panorama dal finestrino di un treno in corsa e nemmeno il suo compagno
di viaggio seduto di fronte;
non guarda quell’antico
palazzo, quella chiesa barocca, quella statua che orna la fontana al centro
della piazza;
non guarda i
gerani che abbelliscono un balcone, quei piccioni che beccano briciole, quel
gatto che dorme sul davanzale di una finestra;
e nemmeno
guarda chi si dispera e chi gioisce, chi parla e chi sta zitto, chi ride, chi
piange e chi impreca;
non guarda dove mette i piedi, se sale o se scende le scale;
non guarda se
piove o c’è il sole o tira vento;
non guarda
l’amico che gli siede vicino o il cantante in concerto o il mendicante che gli
chiede un aiuto;
e,
naturalmente, non guarda chi – accanto a lui - non guarda.
Ma se non guarda, cosa guarda
l’uomo che guarda? Guarda sempre un’anonima scatoletta rettangolare di plastica
di14x7centimetri circa (agli inizi sempre più piccola, oggi sempre più grande)
che contiene tutto il suo guardare, l’universo intero, il presente e il futuro.
L’amore e gli affetti. Tutto il suo mondo. E se non gli piace – quel mondo - lo
cancella e ne cerca un altro. Non ha bisogno di percorrere lunghe distanze per
scoprirlo. E’ racchiuso all’interno di quell’oggetto portatile che consulta in
maniera febbrile per guardare: il mare, le montagne, la pioggia, gli alberi che
perdono le foglie, i libri e i giornali, il bambino che piange, il cane che
abbaia, la città in cui vive, il panorama che si vede dal treno in corsa, il
vecchietto seduto sulla panchina, i suoi amici mai incontrati e mai conosciuti,
il palazzo e la chiesa e la piazza e la finestra con i gerani, i piccioni che
raccolgono briciole e il gatto che dorme….e guarda l’ennesimo video che diventa,
immediatamente, “virale”.
Dal titolo ho pensato subito al romanzo di Moravia che si intitola appunto L'uomo che guarda. Ma è un'altra cosa... Nel libro il protagonista, assediato dalle sue perversioni, guarda fuori e dentro di sè e si sente inadeguato al mondo che lo circonda. Qui i protagonisti si sentono parte di questo mondo e assecondano le loro perversioni. Ciao Pino.
RispondiEliminaFrancesco
Ciao Francesco. Lo conosco quel romanzo di Moravia: l'ho letto quando andavo ancora a scuola. Tu parli di perversioni: nessuna parola è più appropriata di questa e si attaglia perfettamente all'uomo che guarda.
EliminaQuel tipo d'uomo da te descritto è sempre più diffuso ovunque, appartiene anche alle età più verdi, persino i bambini non guardano più intorno stanno chiusi in se stessi davanti a un cellulare ( che gli adulti comprano loro per non farli sentire "diversi"). Anni fa scrissi che non legge più nessuno quindi anche questo esercizio che compiamo noi su un blog diventa sterile; può funzionare solo se la nostra scrittura è rapida, non supera le 5 righe e utilizza non più di 500 vocaboli dell'uso comune. Io appartengo ad altro. Amen.
RispondiEliminaCaro Enzo, le tue parole sono sacrosante: oggi ai bambini non danno più il biberon ma lo smartphone. Ed hai ragione quando scrivi che un messaggio può funzionare se è rapido e non supera poche righe di scrittura. Deve essere come uno spot pubblicitario. Noi invece siamo fuori dal mondo perchè abbiamo la brutta abitudine di leggere ancora qualche libro e di scrivere, ogni tanto, qualche pensiero pensante. Un saluto
EliminaGuarda, appunto, ma non VEDE niente. Si va sterilizzando il cervello e anche l'anima.
RispondiEliminaSe ci fai caso ad un concerto i giovani, anziché guardare il cantante che sta sul palco al loro cospetto, preferiscono tenere gli occhi fissi sul piccolo schermo del cellulare mentre lo filmano: uno spettacolo davvero paradossale. Non riescono più a staccare gli occhi da quel supporto che diventa una sorta di protesi oculare che permette di guardare senza vedere
EliminaL'altro giorno ho preso la metro: c'erano solamente una trentina di viaggiatori, a quell'ora, tutti intenti a "guardare" senza guardare. Dico TUTTI contemporaneamente. Infatti, nessuno mi ha degnato di uno sguardo. Se fossi entrato nudo o brandendo una pistola nessuno se ne sarebbe accorto, Questa è la realtà. Per strada si verifica la stessa cosa: gli occhi sono sempre puntati su quella scatoletta. Una dipendenza da uno strumento - nato per risolvere le emergenze - che ha assunto i contorni di una vera emergenza sociale. E nessuno dice niente. Mi è capitato di vedere dei ragazzi che stavano insieme, eppure ridacchiando comunicavano tra di loro con i messaggi via telefono. Siamo all'assurdo.
RispondiEliminaBuona giornata a te
Caro Pino ribadisci una verità di cui è davvero impossibile non prenderne atto,quella scatoletta rettangolare non più tanto anonima è anche sotto gli occhi di chi non intende guardarla purtroppo e non volevo di certo minimizzare questa realtà.Spesso per non cedere al tutto nero emerge in me anche una caratteristica luminosa da cui prende senso anche l'esistenza di quel buio che non ha pretese diverse da quel cercare nell'inferno ciò che inferno non è.
RispondiEliminaIo onestamente lo uso e ci scrivo ma so distogliere lo sguardo per la stessa motivazione per cui scrivo,non è una giustificazione è un dato di fatto.Davvero ti ho visto "poeta nostalgico"ma vero:)
Cara L., si forse sono “nostalgico” ma non “poeta”. Come ben sai l’anafora è una figura retorica (spesso usata nelle poesie) che consiste nel ripetere una parola. Pertanto, con quel ripetere all’infinito nel mio post “non guarda” volevo solo sottolineare in maniera martellante un concetto, senza fare poesia. L’abbiamo detto tante volte: il cellulare (ma il termine è ormai riduttivo) è una delle più grandi invenzioni dell’uomo, ma viene usato malissimo e in maniera scriteriata. Certo, poi ci sono le persone come te che sanno utilizzarlo...e soprattutto sanno guardarsi intorno :) Ed io non ho dubbi. Comunque sia, sono dell’idea che in certi contesti (mezzi pubblici, locali chiusi dove ci sono molte persone…) andrebbe vietato perché quella scatoletta disturba. Lo abbiamo fatto con le sigarette, non vedo perché non si possa fare con uno strumento che alla lunga fa più danni del fumo :)
RispondiEliminaUn caro saluto
Perfettamente d'accordo,l'unica cosa che temo è che le rarità di chi guarda possano diventare oggetto di studio per chi non guarda,la normalità che diventa anomalia,che tristezza.Ma è un concetto integrato nel "progresso" che ingoia tutto ormai.Caro Pino mi porti anche ad un'altra bella riflessione menzionando il "divieto" al fumo,abbiamo davvero bisogno di una legge che ci vieti i vizi peggiori?Guai a parlarne perché bisogna andare di pari passo con l'evoluzione materiale a spese e danni di quella profondamente spirituale...e pensare che non resterà nulla di tutto ciò che affannosamente vogliamo "possedere" se non un integrità etica e morale che speriamo di riuscire a tramandare.Grazie ,togliamo il poeta e lasciamo le belle e vere riflessioni allora:)
EliminaSono d'accordo....alla prossima :)
EliminaToglimi una curiosità. Ma tu quella "scatoletta rettangolare di plastica di14x7centimetri circa" quando la guardi?
RispondiEliminaQuella scatoletta non la guardo mai…perché non ce l’ho. E, sinceramente, non mi manca, non mi serve né mi interessa. Mi darebbe molto fastidio rispondere o fare una telefonata per strada, mentre sto su un mezzo pubblico, mentre osservo la bellezza di una fontana barocca, o sto in compagnia di qualcuno. Non parliamo, poi, di guardare video o leggere ciò che viene scritto su facebook: le mie perversioni sono altre. Certo, quando mi trovo fuori casa non posso avvertire mia moglie di buttare la pasta perché sto per arrivare. E se viaggio col treno non posso nemmeno comunicarle in quale stazione si è fermato e se è in ritardo. E se sto in macchina come faccio ad avvertirla che sarò a casa entro cinque minuti? E poi, diciamocelo, non posso nemmeno mandare, al mio amico più caro, la foto della pizza “quattro stagioni” che sto mangiando, per farlo morire di invidia. E pensa – mio caro Anonimo – se per caso io e te ci trovassimo a chiacchierare amabilmente seduti in santa pace al tavolino di un bar!! Non potrei mai lasciarti come un carciofo per rispondere alla telefonata di uno scocciatore che vuole sapere come è finito il derby tra la Roma e la Lazio. Lo so, sono un alieno e non avendo quella “scatoletta”, mi perdo un sacco di cose… Un caro saluto :)
Elimina