“Io non sono un figlio del mio tempo, anzi, mi
riesce difficile non definirmi addirittura suo nemico”
Tutte le grandi civiltà che ci
hanno preceduto, rappresentate da monarchie e imperi con estensioni territoriali
a volte immense, sono implose nel corso dei secoli. E la fine di una civiltà fa
sempre nascere, in chi l’ha vissuta e in qualche modo attraversata, sentimenti contrastanti
che vanno dallo smarrimento alla nostalgia e sfociano, spesso, nell’incapacità
di sapersi adattare al nuovo che arriva e avanza. Certo, il passaggio da un’epoca
all’altra non è sempre così netto e immediato, visto che i cambiamenti
avvengono in modo molto lento nel tempo, non facilmente avvertibili. Tuttavia,
chi oggi ha una certa età e si guarda indietro, non può non constatare la
evidente trasformazione socio-culturale della società avvenuta in questi ultimi
cinquant’anni.
In una recente intervista
Giovanni Lindo Ferretti – noto per essere stato paroliere e cantore dei CCCP –
ha detto di avere fatto in tempo a percepire la grandezza del suo antico mondo
che moriva, ma anche ad essere affascinato da quello che stava nascendo. Avendo
più o meno la sua stessa età, devo dire che anch’io ho avuto il privilegio di assistere alla fine di una civiltà -
quella contadina, ancorata alla sua filosofia di vita semplice e naturale - e
di affacciarmi a questo nuovo mondo sempre più legato alla tecnologia, al
denaro, ai consumi e allo sfruttamento scriteriato della natura; un mondo di
cui non si conoscono ancora bene i contorni e gli sviluppi futuri. Ma non credo
proprio di poter assistere, questa volta, al suo inevitabile declino, come
sempre avviene quando un’epoca raggiunge il suo massimo sviluppo.
Facevo questa riflessione dopo
aver letto il romanzo di Joseph Roth “La cripta dei
cappuccini” con cui lo scrittore austriaco descrive il tramonto di
un’epoca aurea incarnata dal grande impero multietnico austro-ungarico e della
sua illustre capitale, Vienna. E lo fa attraverso lo sguardo disincantato e
decadente del protagonista/narratore - un giovane e frivolo rampollo
dell’aristocrazia viennese, devoto all’imperatore Francesco Giuseppe - che
avrebbe preferito morire in guerra piuttosto che osservare il tracollo del suo
mondo, rappresentato da quell’Austria felix di cui Roth si sentiva figlio
legittimo. “La cripta dei cappuccini” è un inno malinconico all’inesorabile e
cinico scorrere del tempo che spazza via senza alcun ritegno uomini e imperi,
seppure possano sembrare incrollabili ed eterni.
Ritengo che nonostante lo scorrere inesorabile del tempo ,l'impronta di un bravo scrittore rimanga sempre ,anche se per questione di età anagrafica sfugge in modo contemporaneamente voluto a quell'inevitabile declino.
RispondiEliminaCerto poi spetta anche a qualche bravo lettore rispolverare questi reperti e qui divento nostalgica anche io chiedendomi se in futuro ci sarà un giusto atteggiamento
alla curiosità come lettori, visto che la digitalizzazione incorporerà i libri smettendo di assaporare la bellezza di sfogliarli con il giusto tatto.
Grazie Pino e buona serata.
Si, l’impronta di un grande scrittore, per nostra fortuna, rimarrà nel tempo. Forse i suoi libri non verranno più stampati, questo potrà succedere, visto come vanno le cose. Ma te lo confesso: l’idea di diventare un lettore “digitale” mi spaventa. Pensare che tutti i miei libri possano stare in una scatoletta elettronica anziché in bella mostra sulla libreria mi fa star male. Mi piace troppo la carta stampata, mi piace sentire il suo odore, amo quel fruscio della pagina che viene girata, quel piacere tangibile che nasce dal toccare qualcosa che ha una sua peculiare fisicità. Amo sottolineare con una matita i pensieri più belli. Sono sensazioni che non si possono avvertire stando davanti ad uno schermo.
EliminaCiao L. e buona giornata
la cripta dei cappuccini l'ho letto quasi mezzo secolo fa e ne ho vaghissimi ricordi, ma le tue parole sulle epoche di passaggio mi fanno tornare in mente un romanzo di Saramago letto di recente, La caverna: anche lì c'è un mondo rurale al declino soverchiato da un mondo consumistico e tirannico simboleggiato dal "Centro".
RispondiEliminase non lo conosci te lo consiglio.
ml
L’ho letto, eccome! L’ho pure menzionato in un mio precedente post sulla mercificazione del Natale. All’entrata di quel “Centro” c’è una scritta che recita: “Ti venderemmo tutto quello di cui tu hai bisogno se non preferissimo che tu abbia bisogno di ciò che vendiamo”. Una frase – caro Carlo - che racchiude tutto “il mondo consumistico e tirannico” della nostra epoca che ci vuole sempre insoddisfatti, alla continua ricerca di cose nuove. Ciao
Eliminahai ragione, Pino, e ti avevo letto ma ho la memoria breve di un pesce rosso :)
EliminaSorrido! Diceva Einstein che la memoria è l'intelligenza degli idioti. Consoliamoci!
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