La mia vita tende al mediocre, se
viene misurata secondo i modelli comportamentali attualmente in voga e valutata
con il metro di giudizio del “così fan tutti”.
Io non ho cellulari; non sto sui social e non faccio vita sociale; non
coltivo amicizie; non sono un conquistatore di alcove femminili; non partecipo
al rito serale dell’apericena e della pizza domenicale; non giro con il cane al
guinzaglio e non ho il Suv (il nuovo status simbol); non vesto abiti
griffati e non frequento località alla moda; vado raramente al ristorante e non
mi faccio vedere in giro nei posti che contano. E poi, lo devo dire, non sono
un arrampicatore sociale, più che apparire mi piace nascondermi, non ho mai
avuto ambizioni carrieristiche, i soldi non sono il mio obiettivo, non seguo le
tendenze. Non ho followers e nutro non poca diffidenza nei confronti di questa invadente tecnologia. Insomma, quel modo di “fare”, di “mostrarsi” e di
“essere” che ti fanno sentire perfettamente in linea con lo spirito dei tempi,
sono condizioni che non mi appartengono. Più che di eccessi, la mia vita è
costellata di mancanze.
Non amo il potere, in tutte le
sue innumerevoli ramificazioni, e alla maggioranza che lo celebra io preferisco
la minoranza che lo contesta. “Io credo nelle persone – diceva Nanni Moretti in Caro Diario - però non credo nella
maggioranza delle persone: mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d'accordo
con una minoranza”. Se
proprio lo devo dire: mi sento spaesato in questa società che mi circonda, non
mi ci ritrovo e non la riconosco più per come è diventata nella maggior parte
dei casi. “Per me è come ci fosse un’occupazione in corso – ha scritto
Simone Perotti nel suo libro “L’altra via” - come se un esercito alieno
stesse dilagando, e bisognasse andare in montagna per rimanere liberi, facendo
i partigiani”: parole che io condivido appieno. Solo che lui ha cambiato
radicalmente vita ed io mi limito a fare il “partigiano” in città.
Non faccio settimane bianche,
non vado più al cinema, guardo poca televisione (Rai5 e Rai Storia e i
documentari naturalistici di Geo e quelli sul patrimonio artistico di Alberto
Angela). Trovo noioso e insopportabile il teatrino della politica che va in
onda tutti i giorni sui mezzi di informazione. Considero falsa e sibillina la
stessa informazione, o meglio quel fiume di parole e immagini che ci inondano
quotidianamente. Non seguo più neanche il calcio - una mia antica passione - da
quando il business lo ha stravolto e le squadre sono diventate delle legioni
straniere dove giocano dei miliardari tatuati. Mi danno fastidio le macchine:
se avessi una bacchetta magica le farei sparire tutte, a cominciare dalla mia; evito
come la peste i luoghi affollati, detesto la pubblicità in tutte le sue forme, condanno
chi scrive sui muri, chi sporca le strade della città in cui abito: Roma, sempre
più sporca e super caotica, dicono la più bella del mondo. Ma non ci devi
vivere per sempre, almeno per come io ritengo vivibile un luogo.
In questa città vivo come una sorta
di monaco laico: starei volentieri in un luogo isolato,
in campagna, con due galline, una capretta e un orto. E tre sedie, come diceva
David Thoreau: la prima per la solitudine, la seconda per l’amicizia e la terza
per la compagnia. Mia moglie - che un po' mi conosce - dice che probabilmente
le ultime due sedie rimarrebbero sempre vuote, se facessi questa scelta di vita. Coltivo
con sottile piacere la solitudine – che è l’opposto dell’isolamento - e sono
ormai diventato un eremita di città. Ma un eremita, nonostante tutto, ancora
disponibile e socievole, legato alla vita e all’uomo, perché nessuno, meglio di
un solitario, sa aspettare e accogliere con gioia e trepidazione l’arrivo di un
amico, di un conoscente.
Ho come l’impressione, a volte, che l’arte
e la letteratura siano le mie uniche forme di libertinaggio e di trasgressione.
Mi soffermo, sempre più spesso, in contemplazione e in silenzio dinanzi a un
dipinto (ovunque esso si trovi, in una chiesa come in un museo), e mi lascio
sedurre da un vecchio buon libro, a volte il mio amico più sincero. Il poeta russo Iosif Brodskij,
nel ricevere il premio Nobel per la letteratura nel 1987 ebbe a dire: “Mi pare che un libro, come interlocutore,
sia più fidato di un amico o dell’innamorata. Un romanzo o una poesia non è un
monologo, bensì una conversazione tra uno scrittore e un lettore; una
conversazione, ripeto, del tutto privata che esclude tutti gli altri – un atto,
se si vuole, di reciproca misantropia.
Un’opera d’arte, in special modo un’opera letteraria e una poesia in
particolare, si rivolge all’uomo tête-à–tête,
stabilendo con lui rapporti diretti, senza intermediari di sorta”. E allora, a questo punto, sorge spontanea
una domanda. Ma può la letteratura o, l’arte in generale, sostituirsi alla
vita, seppure “mediocre”? Qualcuno dirà che esiste ancora – per nostra
fortuna - un discreto margine di piacere nell’intrattenersi, magari senza incappare
in eccessivi tormenti e fastidi, con delle persone vere, di nostro gradimento. Ed
è vero! E’ importante, però, che questi nostri “interlocutori” (che siano amici
o parenti, social o mezzi di informazione, partiti o associazioni) non si
rivelino persuasori occulti, interessati esclusivamente ad inculcarti la propria
morale e la propria visione della vita e della società.
Tieni libera la seconda sedia, quella per l'amicizia. Potrei raggiungerti :))
RispondiEliminaFrancesco
Fai con comodo: fuori non c'è fila :)
EliminaHai comunque una moglie cui dedicarti, che non è poco ti assicuro, poi l'amore per l'arte, un amore che ci solletica attraverso mille manifestazioni, libri, quadri, mostre.. io quando passo davanti una libreria ho un'attrazione fatale.. e visto che sei a Roma, ti consiglio Più libri più liberi alla nuvola dal prossimo 7 dicembre.. appuntamento dove mi immergerò con gioia particolare.. anche perché per motivi "tecnici" salto l'appuntamento da un po'..
RispondiEliminaRoma è una città molto complicata, per chi ci vive abitualmente, e tu ne sai certamente qualcosa: il traffico, i parcheggi che non si trovano, un servizio di metropolitane poco efficiente etc. etc., e muoversi diventa, di giorno in giorno, sempre difficile. E’ una città che ti accoglie e ti respinge, allo stesso tempo, dove allignano gli “eremiti” come il sottoscritto. Una città che viene oltraggiata quotidianamente, prima ancora che dal turismo di massa, dai suoi stessi abitanti, che non la amano affatto, nonostante si riempiano la bocca con il suo nome. Cercherò di seguire il tuo consiglio e andare alla “Nuvola” dove, tra l’altro, non ci sono mai stato. Ho usato il termine “vita mediocre” (la mia) – in contrapposizione a quella che dovrebbe essere la “vita brillante” (degli altri) - ma è una forzatura, una sorta di provocazione per riflettere sul conformismo imperante della nostra società dei consumi, su questo addomesticamento sociale delle coscienze che porta le persone ad essere, tutte, omologate ad uno standard considerato normale, affinché si sentano parte di un gruppo: quello dominante. Grazie per il tuo commento. Un saluto
Elimina"La forza dell'eremita si misura non da quanto lontano è andato a stare, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai perderla"
RispondiEliminaNon saprei se Italo Calvino centri qualcosa con questo tuo scritto:)...perché definirsi "eremita" presuppone una buona dose di coraggio ,e gli accostamenti che fai di autori di una certa epoca,con quanto riporti, non fanno che alimentarlo questo coraggio.
Condivido molti tuoi punti ,anche se non vivo in una città come Roma...e con la tecnologia poi ho dovuto giungere ad un piccolo compromesso per non perdere contatti con persone care,dove anche la corrispondenza attraverso lettere e francobolli da collezionare pare siano parte del "noi che "...
Sulla politica la mia astensione dal voto è pubblica e beati colori che ci danno degli ignoranti lassù dalla torre del so tutto io a sventolare la bandiera della verità assoluta.
Grazie di questo bellissimo post...
Saluti e buona continuazione di domenica
Non conoscevo questa illuminante riflessione di Calvino sull’eremita: me la sono segnata perché si attaglia perfettamente alla mia attuale situazione esistenziale. E’ vero, ci si può staccare dalla città “senza mai perderla”; anzi la si può scoprire in maniera diversa e ritrovarla più bella: a volte basta svoltare l’angolo per scorgere uno scorcio, una piazzetta molto suggestiva che non conoscevamo. Sono le scoperte degli “eremiti” che vivono in città. Pertanto è importante non seguire sempre il solito flusso turistico e andare controcorrente. Certo, ci vuole un notevole coraggio abbandonare la strada vecchia e conosciuta per quella nuova, ma sono proprio queste scelte individuali che danno una diversa identità e ti allontanano dal conformismo. La tecnologia è una problematica che abbiamo tante volte affrontato e sappiamo bene come la pensiamo. Come te, non ho votato, e – una volta tanto – faccio parte anch’io di una maggioranza, pur preferendo le minoranze. 😊
EliminaGrazie a te e buona domenica.
noto con piacere che abbiamo parecchi tratti in comune :)
RispondiEliminaml
Spero che questi "tratti" non diventino comuni, alla portata di tutti: se ciò accadesse, dovremmo rivedere tutti i paletti su cui poggia la nostra filosofia di vita :)
EliminaMi aggiungo alla categoria. Io ho un cellulare ma niente social. Anche io coltivo con sottile piacere la solitudine – che è l’opposto dell’isolamento - Amo stare sola ma non disdegno una buona compagnia, anche se trovare una buona compagniadi questi tempi diventa sempre più difficile, soprattutto dove vivo, pressoché improbabile!
RispondiEliminaHo un fratello che vive di arte e letteratura, e vedo che nel suo isolamento lui ci vive benissimo!
Ciao Pino!
Ti accogliamo con piacere, Sara: è ancora disponibile la "terza sedia per la compagnia". :)
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