Cerca nel blog

martedì 22 marzo 2022

Il tempo e la felicità

 


La cosa che più amavo di Luciano De Crescenzo – l’ingegnere-filosofo di Napoli (morto nel 2019) che ha saputo raccontare la filosofia come nessun altro – era quel suo modo disincantato, ironico e beffardo di rapportarsi alle cose della vita. E poi quella sua irresistibile simpatia, quel suo modo arguto di parlare, quel suo umorismo così trascinante, in puro stile napoletano, che ne facevano un personaggio straordinario. Ho letto nel passato molti dei suoi libri, a cominciare da “Così parlò Bellavista”, il suo esordio letterario. Ma io qui vorrei ricordare un altro libro dal titolo evocativo: “Il tempo e la felicità”. Chi mastica un po' di filosofia sa che Lucio Anneo Seneca – filosofo dell’antica Roma - inviò al suo amico di Pompei – Lucilio - ben 124 lettere raccolte nella sua opera più famosa, “Lettere a Lucilio”.



Un libro che io tengo sempre a portata di mano, sul comodino, in cui cerco di trovare conforto quando l’insensatezza dei tempi che viviamo diventa insopportabile. Queste lettere, tutte piene di preziosi consigli su come raggiungere la felicità, o meglio una vita più serena, affrontano i grandi temi dell’esistenza: dall’amore alla morte, dall’amicizia alla vecchiaia, dalla povertà alla ricchezza, dal tempo alla solitudine… e via discorrendo. De Crescenzo, ne "Il tempo e la felicità", libro che si fa leggere con autentico piacere, riporta alcune epistole di Seneca – liberamente interpretate come solo lui sapeva fare – arricchite con i suoi gustosi commenti; e giacché si trova, svela anche le risposte di Lucilio a Seneca, che a noi non sono mai pervenute. Lui, però, dice di averle ritrovate scavando nella cantina di casa sua a Roma, in Via dei Fori Imperiali. Dobbiamo credergli? Uhm! Lasciamo perdere! Intanto mi piace riportarne, di seguito, un assaggio proprio “sulla lettura e sulla sua importanza”:

Caro Lucilio,

ho ricevuto il libro che mi avevi promesso e te ne sono grato. All’inizio, a essere sincero, non avevo molta intenzione di leggerlo. L’ho messo da parte, per poi leggerlo con comodo in un secondo momento. Sennonché mi è capitato di leggerne le prime pagine, e a quel punto non sono più riuscito a staccarmene. Pur essendo un testo voluminoso mi è sembrato breve e conciso, tanto era scorrevole il suo stile. Avrebbe potuto essere un’opera di Tito Livio o di Epicuro. L’ho letto tutto di un fiato, da cima a fondo, e alla fine ho esclamato: “che autore, che ingegno, che spirito, che slancio!” Certo che anche il soggetto ha contribuito a rendere più interessante la lettura. Per il momento, però, non ho intenzione di dirti altro: aspetta che lo rilegga una seconda volta e poi tre ne darò un ponderato giudizio. Addio

tuo Lucio Anneo

(Sen-46)

Caro Lucio Anneo,

la tua ultima lettera mi ha reso davvero felice. Mi hai scritto che ti è molto piaciuto il libro che ti ho inviato, e la notizia mi ha riempito di gioia. Apparentemente la lettura è un’attività solitaria, da svolgere nel chiuso di una stanza, e invece, non appena un libro passa da una mano all’altra, diventa immediatamente un mezzo di comunicazione che ci fa sapere se apparteniamo o meno alla stessa categoria umana. Poter parlare di un libro che è piaciuto a entrambi è come andare insieme a fare un viaggio: ognuno gode della meraviglia dell’altro. Se poi l’altro è anche un amico, la gioia aumenta in proporzione. Su questo aspetto della lettura, infatti, non sono assolutamente d’accordo con Socrate. Ora, non so se ti ricordi, ma nel Fedro il nostro filosofo se la prende con il Dio Theuth, inventore dei numeri, dei dadi e della scrittura, e lo accusa di aver inventato un sistema abominevole che condurrà l’uomo in un baratro d’ignoranza. Fidandosi del fatto che tutto quello che c’è da sapere si trova nei libri, l’uomo non eserciterà più la memoria e finirà col perdere l’uso del cervello. Meglio parlare con un essere umano, sostiene Socrate, che leggere un libro, giacché a un libro non puoi fare delle obiezioni, mentre a un essere umano sì: il libro risponderà sempre nello stesso modo, quello nel quale ha risposto la prima volta che lo hai letto. Si comporterà in pratica come una statua di marmo alla quale è inutile fare domande. Evidentemente, però, Socrate sottovalutava il libro come collegamento tra due persone che si stimano. Nel nostro caso, ad esempio, è servito a evidenziare le nostre affinità. Se è piaciuto a te, e se è piaciuto a me, vuol dire che almeno in questo ci rassomigliamo, e la cosa non può che farci piacere. Addio

tuo Lucilio

Purtroppo, non sono nelle condizioni di poter prestare questo libro a chicchessia. Se c’è qualcuno interessato alla sua lettura, non deve fare altro che cercarlo in qualche libreria o sui banchetti dell’usato. A me è piaciuto: e se dovesse piacere anche a te – caro lettore - “vuol dire che almeno in questo ci rassomigliamo, e la cosa non può che farci piacere”. Parola di "Lucilio".




2 commenti:

  1. ammiro sempre chi riesce a trattare argomenti ponderosi con una leggerezza che non è superficialità ma capacità di usare ironia e semplicità. E in questo De Crescenzo era un maestro.
    massimolegnani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' proprio così: la "leggerezza" era la sua forza, la sua filosofia di vita. Ciao

      Elimina