Cerca nel blog

sabato 22 maggio 2021

Sull'anima

 


“Impuro e deformante è lo sguardo della volontà. Solo quando non desideriamo niente, solo quando il nostro guardare diventa mera contemplazione, si schiude l’anima delle cose, la bellezza. Se osservo un bosco che intendo comperare, affittare, ipotecare, dove voglio tagliare legna o andare a caccia, io non vedo il bosco, bensì soltanto i suoi legami con le mie intenzioni, i miei progetti e preoccupazioni, il mio portafoglio. Allora esso è fatto di legno, è giovane o vecchio, malato o sano, Se però non voglio niente da lui, guardo “senz’altri fini” nella sua verde profondità, ecco che è soltanto bosco, e natura e creatura vegetale, è bello.

Così succede anche con gli uomini e con il loro aspetto. L’uomo che guardo con timore, con speranza, con desiderio, con precise intenzioni e richieste non è un uomo, bensì soltanto un torbido specchio della mia volontà. (…) Nel momento in cui si placa la volontà e si instaura la contemplazione, il puro osservare e abbandonarsi, tutto cambia. L’uomo non è più utile o pericoloso, interessante o noioso, gentile o rozzo, forte o debole. Diventa natura, diventa bello e singolare come tutto ciò su cui si rivolge la contemplazione pura. Perché la contemplazione non è né studio, né critica, è soltanto amore. E’ la condizione della nostra anima più elevata e più desiderabile: amore senza cupidigia. Se riusciamo a raggiungere questo stato, anche solo per pochi minuti, ore o giorni (preservarlo per sempre sarebbe la perfetta beatitudine), gli uomini ci appaiono diversi dal solito. Non più specchi o caricature della nostra volontà, ma natura. (…)

Il nostro simile diventa così l’oggetto più nobile, più eletto e più degno di contemplazione. Non tutti sanno fare questa semplice valutazione in modo libero e spontaneo, lo so per esperienza diretta. In gioventù sono stato più strettamente e intimamente legato a paesaggi e opere d’arte che all’essere umano; anzi, ho sognato per anni una poesia in cui fossero presenti solo aria, terra, acqua, alberi, montagne e animali, e mai l’uomo. Lo vedevo così sviato dal corso tracciato dall’anima, così dominato dalla volontà, così rozzo e scatenato nel perseguimento di finalità animalesche, scimmiesche, primitive, così avido di stupidaggini e di nullità, che per un certo periodo mi dominò l’errore peggiore; che forse l’uomo, come via d’accesso all’anima, fosse già stato ripudiato e stesse regredendo, e quella sorgente dovesse cercare altrove nella natura la propria via.

Se oggi si osserva come si comportano tra loro due uomini qualunque, che per caso fanno conoscenza e non desiderano effettivamente niente di materiale l’uno dall’altro, si avverte in maniera quasi tangibile come ognuno di essi sia oppresso da un’atmosfera di coercizione, da una crosta protettiva, da una membrana difensiva; da una rete tessuta unicamente con rimozioni dell’elemento spirituale, con intenzioni, paure e desideri tutti orientati verso mete secondarie, che separano il singolo da tutti gli altri. E’ come se l’anima non fosse nemmeno lecito avere la parola, come se fosse necessario proteggerla con alti steccati, gli steccati della paura e della vergogna. Solo l’amore disinteressato può spezzare queste reti. E ovunque si apre un varco, là c’è l’anima che ci guarda. Siedo in treno e osservo due giovanotti che si salutano perché il caso li ha avvicinati per un’ora. Il loro saluto è estremamente singolare, quasi tragico: queste due brave persone sembrano salutarsi da distanze siderali, da poli gelidi e disabitati – non penso naturalmente a malesi o cinesi, bensì a europei di oggi -, essi paiono abitare, ognuno per sé, in una fortezza di altezzosità, di minacciata superbia, di diffidenza e di insensibilità. Ciò che dicono, considerato dall’esterno, è del tutto assurdo, è lo schizzo consunto di un mondo senz’anima, da cui di continuo sconfiniamo e i cui limiti ghiacciati incombono costantemente su di noi. Rari, molto rari sono gli uomini la cui anima si esprime già nei discorsi quotidiani…Hanno perso la loro anima nel mondo del denaro, delle macchine, della diffidenza…”

 

tratto da “Le stagioni della vita” di Hermann Hesse

Oscar Mondadori


6 commenti:

  1. Chissà cosa avrebbe pensato Hesse di quei "due giovanotti" del treno se avesse avuto la possibilità di incontrarli oggi! Ai suoi tempi almeno si salutavano e non avevano gli occhi incollati su uno smartphone. Avevano perso l'anima, ma non la dignità :)
    Ciao. Francesco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sorrido...però già allora sembravano "salutarsi da distanze siderali". Oggi si sono persi :)
      Ciao Francesco

      Elimina
  2. Mi chiedo caro Pino se spesso l'uomo abbia una sorta di " pigrizia intellettuale"( se non la dico grossa :)) nel voler esplorare il "campo" di alcuni noti scrittori anche solo per conoscere meglio se stessi, noi stessi ... Se non necessiti di qualcuno come te che sappia rispolverare l'anima facendone riemergere il contenuto e la voglia di approfondimento di taluni scritti, dove appunto affiorano bellezza e risposte sulla nostra misteriosa esistenza. La "contemplazione" è essa stessa bellezza e se davvero non la percepiamo presi come siamo da una sfrenata corsa e velocità che inghiotte tutto, avvicinarsi a sfiorarla anche sotto queste sfumature sarebbe già un miracolo credo.


    Buona giornata


    L.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' proprio così: se la nostra "pigrizia intellettuale" non ci frenasse - "presi come siamo da una sfrenata corsa e velocità che inghiotte tutto" - potremmo ritrovare la nostra anima, anche attraverso il pensiero di chi, meglio di noi, ha saputo esplorarla e raccontarla. Grazie, e buona serata a te.

      Elimina
  3. molto profondo questo pensiero di Hesse e potente nella sua semplicità la metafora del bosco che usa. Per apprezzare la bellezza, cioè la peculiarità, l'essenza, di chi abbiamo davanti, bosco o persona che sia, dobbiamo spogliarci di ogni "interesse" per esso. Sembra un controsenso eppure racchiude una sostanziale verità che Hesse illustra magnificamente.
    lieto di aver letto.
    ml

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, questa immagine del bosco per raccontare la bellezza è davvero illuminante. E nessuno poteva illustrare questo pensiero meglio di Hesse. Grazie per le tue parole, Carlo. Un caro saluto.

      Elimina