lunedì 1 febbraio 2021

La mia isola che non c'è

 


Quando la città in cui vivi – con il suo traffico snervante, il suo frastuono, le sue inefficienze, il suo degrado…le sue follie – mette a dura prova la tua pazienza; quando gli strumenti digitali sempre più invasivi ed i mezzi di informazione di massa sempre più pressanti condizionano i tuoi pensieri; quando il continuo chiacchiericcio mediatico e politico ti assale e non ti dà scampo, con i suoi gridi d’allarme e le sue enfatiche notizie, ebbene allora – lo confesso - mi lascio prendere da un pensiero estremo: approdare come un naufrago su un’isola deserta, alla stregua di quegli antichi navigatori del passato che, dopo mesi e mesi di navigazione in alto mare, sbarcavano su terre lontane e disabitate. Proprio in tali circostanze di sconforto e frustrazione si affaccia alla mente quell’intimo desiderio di scappare dal presente, da ciò che vedo e da ciò che sento; e di allontanarmi dalle cose che fluttuano intorno a me come asteroidi, per cercare protezione e conforto in un “altrove” che possegga la virtù di sciogliere contrarietà e delusioni, disinganni e malinconie. Ecco, allora, che affiora l’isola come consolazione dell’anima. L’isola come metafora di libertà e distacco dalle miserie quotidiane, dove poter rimarginare le ferite prodotte dal disordine della modernità, dal caos metropolitano e dalle follie dell’uomo.

 Ma non ho né la forza di un Robinson Crusoe, né il coraggio di un David Thoreau.  E allora posso scappare solo su un’isola che non è di questo mondo: l’isola che non c’è, luogo di illusioni e di fantasie. Qui il rischio di essere inseguiti è praticamente inesistente e ci si può ritagliare un immenso territorio gratificante, lontano dall’omologazione e dai condizionamenti della società che ti rincorrono. Immagino di portarci poche cose essenziali: qualche libro… un cane… una capretta…tre galline… Vivere così, tra la terra, il cielo e il mare, in una casetta di pietra, con un piccolo camino e con tre sedie, come quelle descritte da Thoreau: “una per la solitudine, due per l’amicizia e tre per la compagnia”. Forse a me basterebbe solo quella per la solitudine: chi mai avrebbe voglia di raggiungermi in un posto simile per costruire un’amicizia o una compagnia? Finalmente giornate senza vedere gente per strada che scruta incessantemente un telefonino, senza macchine parcheggiate sui marciapiedi, in doppia e tripla fila, senza spazzatura e graffiti lungo le strade, senza orologi, senza televisori…senza crisi di governo in piena pandemia: giornate segnate soltanto dal sole che nasce e poi tramonta, dal vento che soffia e dalla pioggia che cade lentamente; giornate nelle quali indugiare totalmente immersi nel tempo che passa senza fretta, tanto da dimenticare la sua esistenza, il suo potere mercenario, i segni indelebili che lascia sulle persone e sulle cose. Qualcuno potrebbe dire che, la mia, è una filosofia di vita che coincide con la misantropia. A tal proposito, diceva Leopardi che  “i veri misantropi non si trovano nella solitudine, ma nel mondo: perché l'uso pratico della vita, e non già la filosofia, è quello che fa odiare gli uomini. E se uno che sia tale, si ritira dalla società, perde nel ritiro la misantropia”.

Ricordo che da piccolo, quando ancora vivevo nel mio paese nativo, amavo arrampicarmi sugli alberi e volteggiare di ramo in ramo, come una scimmia. La mia pianta preferita era un grande gelso - che svettava nella piazzetta del piccolo borgo – le cui ramificazioni, molto levigate, mi permettevano di fare delle acrobazie senza scorticarmi eccessivamente le mani. Era un gioco, il mio, ma anche un modo per isolarmi momentaneamente e guardare gli altri dall’alto verso il basso. Un po’ come quel bambino descritto da Calvino nel suo romanzo “ Il barone  rampante” il quale – rifugiandosi sulle piante – poteva affrancarsi da tutti i condizionamenti familiari. Oggi l’isola immaginaria ha preso il posto di quell’albero: vi approdo metaforicamente ogni qualvolta avverto la necessità di difendermi dall’enfasi e dalla tirannia dei mass media, diventati sempre più asfissianti e allarmistici. Mi rifugio lì per liberarmi dalle scemenze dei social, dal teatrino della politica e dell’informazione – entrambi abilmente orchestrati da giornalisti televisivi compiacenti – dalla pubblicità onnipresente che tortura la mente, dalla deriva delle mode, dall’inciviltà e dal malcostume imperanti, dal degrado della città. Penso a quell’isola che non c’è, per affrancarmi dagli imperativi del nostro tempo: produrre, comprare e consumare…e ingrossare quella montagna di rifiuti che sta per coprire e distruggere l’intero pianeta.


18 commenti:

  1. Tieni libera quella "sedia". Verrò a trovarti :) Francesco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti accoglierò, Francesco, sappi però che su quell'isola i cellulari sono vietati...e poi non c'è linea :)

      Elimina
    2. Su un'isola senza cellulare? Uhm, la vedo dura. Francesco

      Elimina
    3. Beh! allora ci portiamo pure la televisione, il computer e la lavatrice. Tanto vale, caro Francesco, rimanere dove stiamo. Ciao

      Elimina
  2. coinvolgente volo di fantasia per sfuggire alla morsa del mondo.
    è un tema che ci accomuna e a cui entrambi diamo libero sfogo :)
    (illuminanti le parole di Leopardi.)
    massimolegnani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, sotto certi aspetti abbiamo le stesse "perversioni" :). Legittima difesa. Ti dirò, Carlo, che l'idea di scrivere questa mia riflessione è nata dopo aver letto quel tuo post che si intitola "l'isola che c'è",
      Ciao e buona giornata

      Elimina
    2. mi era sembrato e ne sono onorato.
      e a me adesso viene voglia di scrivere (leggendo te, me e Franco con Procida) che Ogni uomo ha un'isola, scoglio o atollo, in cui rifugiarsi almeno con la fantasia.
      un sorriso
      ml

      Elimina
    3. I tuoi voli di fantasia li fai spesso quando pedali e ti arrampichi su per le montagne. Tu, forse, stai meglio in un eremo aggrappato da qualche parte, piuttosto che su uno scoglio. E poi hai già la barba da eremita...:) In attesa di leggerti, ti saluto

      Elimina
  3. Immagina me, amante delle isole che ci sono, come possa averti letto e figuratamente compreso. Io che sopporto il caos metropolitano e appena posso me ne fuggo dove non c'è anima viva, preferibilmente isole sperdute e lontane dai traffici turistici.. (ultimamente decisamente meno), ma che riesco a ricreare una mia isola in ogni dove, isolandomi appunto coi miei pensieri, i sogni, la fantasia; distaccandomi dalla frenesia, le compulsioni, i doveri,... sfuggire alla morsa del mondo - come sottolinea Massimo - rimanendo vagamente in disparte, sulla nostra isola.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anch'io, come te, amo le isole, e non solo quelle immaginarie. E appunto, quando non posso raggiungere quelle vere, mi rifugio nell'isola che non c'è. Ognuno di noi se la può creare, anche in una città come Roma. Basta non seguire il flusso turistico, basta svoltare l'angolo per trovare piccole oasi di pace. E tu lo sai. Ciao

      Elimina


  4. -Era un gioco, il mio, ma anche un modo per isolarmi momentaneamente e guardare gli altri dall’alto verso il basso.


    In questo pensiero scorgo un elevazione spirituale che spazza via tutte quelle forme di malessere da te citate...scorgo il "bambino" che non cede al senso di "bellezza" aggrappandosi all' "albero" che per la forza delle sue "radici" permette acrobazie da un altezza che contempla la "solitudine e sublima lo "spirito" ...consapevole infine che isola e isolarsi fanno parte di quella stessa Natura.

    Bellissi i riferimenti a Leopardi tutt'altro che pessimista e a David Thoreau...e così l'inizio e la fine di questo tuo post ha messo al centro l'Isola dell'Essenza..

    Grazie e buona serata


    L.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te, Linda, per le tue parole sempre generose. Una buona serata anche a te. Ciao

      Elimina
  5. Quell'isola esiste in realtà: due ore di navigazione da Trapani, un monte isolato, il paese con poche anime da un lato, la costa alta e inaccessibile dall'altro. Lasci lorologio, dimentichi il tempo e la possibilità di tornare alla "civiltà" è legata dalle condizioni del mare. Devi camminare, devi amare il vento, non soffrire di vertigini e credimi non ti serve il cellulare e manco la lavatrice...tuttalpiù una barchetta per girare attorno lungo la costa se il mare lo permette. Gli umani ci sono ma amano i gabbiani e sanno stare in silenzio, quasi tutto ciò che qui ci è vicino lì è lontanissimo. Anche i blog.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La perla nera del Mediterraneo: beato chi ci vive. Si, lì il mondo è diverso, lontano dal frastuono della civiltà, un mondo a misura d'uomo dove regna il silenzio e la lentezza e dove gli umani non sono isterici e non sono stressati...

      Elimina
    2. No, l'isola è un pezzo di dolomia bianca gettata nel mare.L'antica Hiera oggi Marettimo. se vai su internet la trovi, immagini comprese.
      Pantelleria è a 6 ore di navigazione da Trapani. ciao Pino

      Elimina
    3. Grazie per la precisazione, Enzo. Non ci sono mai stato e dalle immagini viste su internet mi sembra un paradiso. Il luogo ideale dove isolarsi dal resto del mondo

      Elimina
  6. Non so se mi piacerebbe l'isola, Non sopportando il vento. Opterei per una baita Montana.
    I rifiuti, appunto. Insieme al clima, è un problema che mi affligge molto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche in montagna il vento non scherza... :) Ciao

      Elimina