“…Come
sistema, l’istruzione obbligatoria ha un merito: dà a tutte le persone
educabili con profitto la possibilità di apprendere nozioni da cui trarre
giovamento e con cui giovare magari all’intera società. Nel contempo, però,
essa aumenta a dismisura il numero di persone che non sanno ricavare molti
vantaggi dalla cultura, ma che nondimeno ricevono un’istruzione più o meno
raffinata.
Quando
era riservata a pochi, la cultura appariva preziosa come le perle o il caviale.
L’età dell’oro dello snobismo culturale fu l’età buia dell’educazione. Quando
infine l’istruzione, che all’epoca in cui era riservata ai Pochi era sembrata
così preziosa e magicamente efficace, fu data ai Molti, questi scoprirono
presto che il dono non valeva quanto avevano creduto, e anzi era praticamente
inutile. E in effetti, alla stragrande maggioranza degli uomini e delle donne,
la cultura non dà ovviamente un bel nulla. Proprio nulla: né soddisfazioni
spirituali né ricompense sociali. Non dà soddisfazioni spirituali perché la
maggior parte della gente (e forse è una fortuna) non possiede la curiosità
intellettuale di chi trae piacere dalle astrazioni e dalle teorizzazioni di
un’educazione liberale. E non dà ricompense sociali perché, in un mondo in cui
tutti sono istruiti, il mero fatto di essere andati a scuola cessa
automaticamente di rappresentare la chiave del successo. Nel sistema
dell’istruzione obbligatoria, i vantaggi sociali tendono ad andare a chi
possiede sia talento sia cultura. I Molti istruiti ma privi di talento si
ritrovano, proprio come prima, fortemente emarginati.
I
democratici militanti continuano a prescrivere studio e sempre più studio come ricetta
per tutti i mali personali e sociali. A quanto sembra, ritengono l’istruzione
qualcosa di più di una semplice medicina: una sorta di magico elisir. Basta che
se ne beva in buona quantità per trasformarsi in superuomini. (…) Se per un
miracolo si realizzassero i sogni dei pedagogisti e la maggioranza degli esseri
umani cominciasse a interessarsi solo di argomenti culturali, l’intero sistema
industriale collasserebbe all’istante. Considerata la struttura dei macchinari
moderni, non può esservi prosperità industriale senza produzione di massa.
Posto che tutti gli altri fattori restino immutati, il consumo varia in misura
inversamente proporzionale alla ricchezza della vita intellettuale. Un uomo
interessato esclusivamente ad argomenti culturali sarà felicissimo (secondo le
parole di Pascal) di starsene seduto tranquillo in una stanza. Un uomo che non
nutre alcun interesse per gli argomenti culturali si annoierà a morte se lo si
costringerà a star seduto tranquillo in una stanza. Poiché non ha pensieri con
cui distrarsi, deve acquistare cose che sostituiscano i pensieri; poiché non è
in grado di compiere viaggi mentali, dovrà muoversi fisicamente. Un simile uomo
è, in poche parole, il consumatore ideale, il consumatore di massa di oggetti e
mezzi di trasporto.
Ebbene,
gli industriali hanno chiaramente interesse a incoraggiare il buon consumatore
e scoraggiare il cattivo. Ed effettuano quest’operazione per mezzo della
pubblicità, nonché dell’immensa propaganda che la stampa, grata, conduce a
rinforzo della pubblicità. Chi se ne sta seduto tranquillo in una stanza
senz’altra compagnia che i suoi pensieri e magari un libro da cui trarre diletto,
viene dipinto come un derelitto, un poveraccio ridicolo e perfino un po’
immorale. La felicità è data dal rumore, dallo stare in compagnia, dal
movimento e dal possesso di oggetti. Più rumore si ascolta, più gente si ha
intorno, più rapidamente ci si sposta e più oggetti si possiedono, più felicità
ci sarà: e non solo più felici, ma anche più normali e virtuosi. Nel moderno
stato industriale gli intellettuali, in quanto scarsi consumatori, sono cattivi
cittadini. Lunga vita alla stupidità e all’ignoranza!
Incoraggiati
dalla propaganda dell’industrialismo, i frutti dell’istruzione di massa sono
maturati e divenuti sempre più rigogliosi, come cavoli nella perenne luce
dell’estate artica. Oggi i nuovi snobismi della stupidità e dell’ignoranza sono
abbastanza forti da muover guerra almeno ad armi pari all’antico snobismo della
cultura. Perché, pur nel suo assurdo anacronismo, il caro, vecchio snobismo
culturale sopravvive ancora, con coraggio. Sarà sconfitto dai suoi nemici? E,
particolare assai più importante, sarà sconfitta anche la cultura che esso
difende con così eroico, patetico sforzo? Spero, e quasi oso confidare, che
così non sia. Ci sarà sempre qualcuno per il quale le realtà interiori
resteranno così importanti, così vitali da non permettergli, da non potergli
assolutamente permettere di lasciarle scomparire.
<< Ma esisteranno davvero sempre persone del
genere? >>,
domanda un ironico demone. <<E
l’aumento di ritardati mentali che si registra ogni anno? E le prove addotte da
R.A. Fisher per dimostrare che una società abituata a misurare il successo in
termini economici deve fatalmente e inevitabilmente eliminare tutte le facoltà
intellettive superiori ereditabili alla nascita?>> Ignoriamo il demone; o meglio speriamo
ardentemente che si possa far qualcosa per tacitarlo prima che sia troppo
tardi. Nel frattempo la battaglia tra snobismi rivali infuria grottescamente…”
Aldous Huxley
Riflessioni sulla luna
(Oscar Mondadori)
È un passaggio eccezionale. Grazie Pino.
RispondiEliminaGrazie a te, Ettore: è un passaggio che fa riflettere ed è molto attuale.
Eliminainteressante, però mi sembra che Huxley sia contrario sia al consumismo che alla cultura diffusa anche tra le classi più indigenti. E mi sembra che esprima una nostalgia per il tempo in cui la cultura era appannaggio di pochi eletti.
RispondiEliminamassimolegnani
Io non credo che Huxley intendesse dare delle risposte precise alle sue analisi, e non credo neanche che fosse contrario alla cultura di massa. Lui semplicemente si chiedeva: ma l'istruzione obbligatoria è un rimedio universale oppure è la fonte generale del degrado culturale? L'interrogativo è complesso e andrebbe sviluppato: Huxley l'ha fatto alla sua maniera, con ironia e con provocazione. Ciao Carlo :)
EliminaDa molto tempo penso che le persone che vengono da me come pazienti (faccio lo psicoterapeuta da più di 30 anni), siano tra le persone migliori che ci sono in circolazione. Ovviamente non perchè vengono da me (!) ma perchè sono persone che si interrogano sui loro problemi e cercano qualcuno che li aiuti. Posso testimoniare, dal mio piccolo punto di vista, che nel tempo sono aumentate le persone che vengono da me a chiedere "la ricetta" per stare meglio, come se lo psicologo fosse un medico e loro avessero una malattia che va tolta di mezzo, per riadattarsi alla società. Ma negli ultimi anni ho notato il comparire di un altro tipo di paziente, purtroppo soprattutto tra i giovani 20-25enni. Sono persone che mi dicono di non sapere minimamente chi sono dentro, come è fatta la loro interiorità, quali sono i loro valori. Si aggirano nel mondo completamente sperduti, senza un centro di gravità (per citare Battiato), senza un anche pur minimo senso di identità cui aggrapparsi e dal quale partire per migliorarsi, come se guardandosi allo specchio vedessero tutto sfuocato, solo caos. E quando mi imbatto in un paziente così, provo un grande senso di vuoto e tanta, tanta tristezza.
RispondiEliminaE' proprio vero: soprattutto i giovani non sanno leggere dentro se stessi. Ed hanno paura di stare da soli, sempre aggrappati ai cellulari ed ai social. Io non ho mai fatto psicoterapia, però credo che i professionisti come te possano veramente aiutare chi si trovi in difficoltà. Perchè i tempi che viviamo, purtroppo, creano non pochi disagi
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