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lunedì 10 febbraio 2020

Il bell'Antonio


" Gli amici brutti rispettavano Antonio, e lo avrebbero anche invidiato, e forse odiato, se, indotti e contagiati dalle donne che frequentavano, anch’essi, senza saperlo, non fossero stati innamorati di lui”

Io credo che certi fatti tragicomici possano accadere solo in Sicilia e che nessuno, meglio di uno scrittore siciliano, sappia raccontarli con ironia e leggerezza. E’ il caso della storia narrata da Vitaliano Brancati in uno dei suoi romanzi più noti: “Il bell’Antonio”.

Il protagonista del libro è un giovane rampollo della borghesia fascista siciliana (Antonio Magnano), un giovane talmente bello e impossibile da penetrare nei desideri e nella fantasia erotica di tutte le donne che incontra lungo via Etnea, l’arteria principale di Catania. Costui ha fama di grande seduttore, al quale vengono attribuite conquiste femminili a ripetizione, vere o false che siano; è invidiato dagli uomini, che lo vedono inimitabile e irraggiungibile, e corteggiato dalle donne che se lo mangiano vivo con gli occhi. Naturalmente non può che essere il vanto di un padre  maschilista (don Alfio) che ha fatto del “gallismo” la sua filosofia di vita, un suo “modo di essere siciliano”. Ad impalmare il “bell’Antonio” è una ricca e bella ereditiera (Barbara), naturalmente scelta dal padre, figlia di un rispettabilissimo notaio “ritenuto l’uomo più serio ed equilibrato della città”. Tutto sembra filare liscio, come in una favola, ma il dramma è dietro l’angolo.

E allora provate ad immaginare cosa può succedere in un simile contesto socio-familiare - dominato dal gallismo e dal mito del maschio siciliano – quando la famiglia e tutta la gente del contado verrà a sapere che il “bell’Antonio”, il tombeur des femmes, è un impotente e che sua moglie, dopo tre anni di matrimonio è tale e quale come è uscita dalla sua casa paterna.

Comicità e tragedia, ironia e scherno, commedia e farsa si mescolano in questo romanzo incentrato sul malessere esistenziale di un uomo condizionato da convenzioni sociali e pregiudizi, metafora di una società che probabilmente non esiste più ma che Brancati, grazie alla sua straordinaria capacità affabulatoria, riesce a far vivere per sempre.

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