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sabato 6 luglio 2019

Viaggio tra le abbazie alla ricerca dell'Europa

Abbazia benedettina di Praglia


“Da dove se non dall’Appennino, mondo duro abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto – scrive Paolo Rumiz, nel suo bellissimo libro intitolato “Il filo infinito”poteva essere venuta, millecinquecento anni fa, quella formidabile spinta alla ricostruzione dell’Europa?...” E da quali uomini poteva arrivare quella spinta alla formazione di un continente se non dai monaci benedettini che abitavano in quei luoghi e che  ben conoscevano? Furono proprio loro, i seguaci di Benedetto da Norcia - fondatore dell’ordine monastico e santo protettore dell’Europa - a salvare un intero territorio dopo la caduta dell’impero romano, con un lavoro incessante per rinvigorire i terreni, per organizzare i sistemi di irrigazione, per diffondere la vite e l’ulivo, per curare la pastorizia e le foreste. E lo fecero – scrive Rumiz nel suo libro - quando gli invasori erano gli Unni, i Vandali, i Visigoti, i Longobardi e non già dei migranti diseredati, inermi e impauriti, come quelli che sbarcano oggi sulle nostre coste. Quei monaci benedettini, affidandosi alla sola forza della fede e all’efficacia di una formula, ora et labora, riuscirono a cristianizzarli con il loro esempio, seppero rilanciare la civiltà in un mondo sconvolto dalle violenze, dalle immigrazioni di massa e dal degrado urbano, ricostruendo un territorio devastato che non aveva ancora confini nazionali ed innalzando un reticolo di formidabili bastioni di resistenza: le abbazie.

Paolo Rumiz – giornalista e grande viaggiatore - quei “giganti in tonaca nera”, forti dei loro antichi valori quali l’accoglienza, l’ascolto, la preghiera, il lavoro dei campi, il rispetto della natura, li ha cercati attraverso un lungo peregrinare tra i monasteri di tutta Europa, dall’Atlantico al Danubio. “Da nomade impenitente, da uomo di frontiera orgogliosamente senza radici”, lui si lascia affascinare, in questo viaggio, dal “luogo chiuso” che è il monastero, allontanandosi dal frastuono di un mondo globalizzato e di plastica, frenetico e mercificato e iperconnesso, stracolmo di cose inutili che accentuano il nostro vuoto esistenziale e il nostro smarrimento. Un mondo di una povertà spirituale allarmante. Il suo è stato un viaggio alla riscoperta di quelle radici cristiane e di quei valori fondanti del monachesimo benedettino e dell’Europa, che sembrano definitivamente spariti dalla società moderna, dove la cultura è in caduta libera, dove l’economia mette al suo centro solo il profitto e non la felicità dell’uomo, dove gli strumenti tecnologici ti fanno sentire più solo e più povero e dove la politica non sa dare speranza e risposte ai bisogni della gente.

La sua avventura inizia dal monastero di Praglia, nel Veneto, “ancorato come un bastimento all’ultimo dei Colli Euganei”. Scrive Rumiz; “…è facile svegliarsi prima dell’alba in un posto così. Chi non è abituato al silenzio si scopre insonne, in preda a vortici di pensieri, sospeso nel tempo e nello spazio. Mi è già capitato in un faro, in un’isola deserta del Mediterraneo. Un mese di solitudine e inaudite navigazioni nei labirinti dell’anima”. E’ la volta, poi, dell’abbazia di Sankt Ottilien, in Germania, dove “se qualcuno è in cerca di Dio, è più facile che lo trovi qui, tra mucche e galline, che nelle timorate parrocchie”. La sacra peregrinazione lo porta, quindi, all’abbazia femminile di Viboldone, situata in mezzo a un prato che una volta era campagna e oggi è periferia di Milano. “Pare che tutto il peggio della modernità si coalizzi contro quest’isola di pace, per estirparne il silenzio.” Così scrive l’autore. E poi quando tutto sembra annichilito dalla modernità, ecco che il sacro “ti fulmina appena entri nella navata medievale coperta di affreschi di epoca giottesca”. Il viaggio è denso di sorprese e se l’abbazia di Viboldone è povera ed essenziale, quella di Muri Gries a Bolzano “è ricca e trionfante con la sua struttura massiccia, i possedimenti agricoli, le seicentomila bottiglie di vino d’annata”. Ogni monastero esprime e potenzia l’anima del luogo in cui sorge. Questo straordinario viaggio di Rumiz continua da Marienberg nel Tirolo, a 1335 metri, il monastero benedettino più alto d’Europa, a San Gallo, in Svizzera; da Citeaux dove nacque nel 1098 l’ordine dei cistercensi a Saint Wandrille in Francia, dall’abbazia di Orval in Belgio dove “ronza come un alveare, la vita operosa dei trappisti, noti come cistercensi di stretta osservanza” a quella di Altotting in Germania e Pannonhalma in Ungheria, per ritornare là da dove era partito, nel Veneto, nel monastero benedettino veneziano dell’isola di San Giorgio, per ritrovare un ultimo ancoraggio, mentre “dal canale della Giudecca sbuca un transatlantico illuminato da cinquemila passeggeri. Immenso, più alto della chiesa della Salute, sullo sfondo di un cielo rosso fuoco. Non gli importa di vedere, gli basta essere visto. La città artificiale passa, indifferente, sul cadavere di quella vera” .

Ma se per secoli il cristianesimo ha mostrato questa straordinaria capacità di rinnovarsi ed estendersi attraverso le migliaia di abbazie sorte in tutta Europa, nel tempo di internet – si chiede Rumiz – le stesse abbazie sono ancora in grado di rinsavire una società globalizzata che esclude i deboli, predica uno sviluppo illimitato e distrugge l’ambiente? “Di certo – scrive Rumiz - a chi è assordato dal frastuono e dal superfluo, quel modello offre almeno una zattera di frugalità e silenzio, che di questi tempi è già un dono inestimabile”. E se ognuno di noi, mi permetto di aggiungere, potesse fare una simile esperienza di vita, avesse la forza di abitare – per un breve periodo di tempo - il silenzio, la pace e il raccoglimento di un luogo suggestivo come il monastero, alternando momenti di preghiera, di studio e di lavoro a momenti di introspezione interiore e meditazione, lontano dal chiasso della modernità, io credo che ne uscirebbe cambiato. E in meglio.



5 commenti:

  1. Finito di leggere questo interessantissimo post passo all'acquisto del libro. condivido tutto e so per esperienza cosa significa, pace e silenzio, lettura e preghiera.
    Il settembre scorso lo ho trascorso nel monastero benedettino al Segreto, nella penisola sorrentina, (vedi il panorama su Capri dalla mia stanza nella foto di StregaBugiarda.) Il posto è magico, unica pecca i turisti che due volte al giorno hanno il permesso di salire sulla torre per godere del panorama, decantato anche da Goethe. Grazie, un sereno fine settimana
    Gingi

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    1. Apprezzo le persone che si lasciano incantare dal silenzio di un monastero. Grazie a te Gingi e un caro saluto

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  2. Rumiz è sempre suggestivo, ha questo anelito ad andare a toccare con mano le cose della storia e, che siano pietre, tombe o terra dove è passata una guerra, ti fa partecipe del suo sentire.
    massimolegnani

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    1. Conoscevo Rumiz per i suoi interessanti reportages giornalistici. Questo libro mi ha confermato la sua qualità di scrittore, che ti sa coinvolgere nelle storie che racconta. Ciao Carlo e buona domenica

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