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mercoledì 24 aprile 2019

Viaggiare senza partire



Tutta l’infelicità degli uomini – diceva Pascal – viene da una sola cosa, e cioè dal non saper starsene da soli in una stanza. Il desiderio di viaggiare... di andare... di muoversi, ha sempre spinto gli uomini ad uscire dal proprio ambito quotidiano e familiare, dalla propria “stanza”. Nel passato i giovani artisti e gli aristocratici dei ricchi paesi del nord Europa (Inghilterra, Germania, Francia),  intraprendevano un lungo viaggio alla scoperta dell’ Italia – il cosiddetto grand tour – il cui obiettivo era soprattutto quello di affinare la propria cultura. Queste esperienze di viaggio le ritroviamo in alcuni bellissimi libri: mi viene in mente il “Viaggio in Italia” di Goethe o quello di John Ruskin descritto in “Mattinate fiorentine”. C’è stato, invece, uno scrittore francese di nome Xavier De Maistre, il quale - intorno al 1790 – all’età di ventisette anni, senza spostarsi dal modesto alloggio in cui si trovava recluso (per quarantadue giorni), e quindi senza fare bagagli e senza prendere alcun mezzo di trasporto (praticamente a costo zero), intraprese un viaggio esplorativo nella sua stessa camera da letto. La cronaca di questa sua singolare e bizzarra impresa  la raccontò in un libro che si intitola “Viaggio intorno alla mia stanza”, libro che alla sua pubblicazione venne salutato come un piccolo capolavoro letterario. Nella prefazione il fratello Joseph De Maistre (famoso filosofo e politico) mise in evidenza che l’autore non intendeva affatto screditare i grandi viaggiatori del passato, ma che desiderava solo consigliare, ai poveri e a coloro che temevano un furto in casa, un modo di viaggiare molto più pratico e conveniente.

Le 42 giornate trascorse in quella camera – pari ad altrettanti capitoletti in cui è suddiviso il libro – sono raccontate con una grazia ed una raffinatezza davvero encomiabili. All’autore basta poco per descrivere una sensazione o un’emozione, per rivelare un’indagine psicologica o per creare un personaggio immaginario: un quadro appeso alla parete, un oggetto apparentemente insignificante, un mobile. Tutto è utile alle sue descrizioni e al suo intimo modo di sentire e di guardare. Come quando si trova di fronte al suo letto che “ci vede nascere e ci vede morire; è il mutevole teatro nel quale il genere umano rappresenta a turno drammi interessanti, farse ridicole e tragedie spaventose. E’ una culla adorna di fiori; è il trono dell’amore; è un sepolcro”. Non avevo mai letto una riflessione così profonda su un mobile presente in ogni casa e di cui tutti ci serviamo quotidianamente.

“Coraggio, dunque, si parte – scrive l’autore – Seguitemi voi tutti, che per una delusione amorosa o per un malinteso tra amici, ve ne state chiusi nel vostro appartamento, lungi dalla piccineria e dalla perfidia degli uomini. Mi seguano tutti gli sventurati, tutti gli ammalati, tutti gli annoiati del mondo! Si levino in massa tutti gli indolenti!... voi che in un salottino rinunziate per sempre al mondo, amabili anacoreti d’una serata venite anche voi; datemi ascolto, lasciate quei vostri tetri pensieri; voi sottraete un attimo al piacere senza guadagnarne uno alla saggezza; degnatevi di accompagnarmi nel mio viaggio; marceremo pian pianino, ridendo, lungo il cammino dei viaggiatori che hanno visitato Roma e Parigi…”.
E ancora, in una delle sue peregrinazioni. “…quando viaggio nella mia camera, raramente percorro una linea retta; vado dalla tavola verso un quadro situato nell’angolo: di là mi muovo obliquamente per andare verso la porta; ma sebbene alla partenza la mia intenzione sia quella di recarmi là, se incontro il mio seggiolone sul cammino non sto a pensarci e mi ci sdraio senza complimenti. Il seggiolone è un eccellente mobile, ed è di estrema utilità per un meditativo. Nelle lunghe serate invernali, talvolta è dolce, e sempre prudente, distendervisi mollemente, lungi dal fracasso delle assemblee affollate. Un focherello, alcuni libri, una penna: che risorse contro la noia! E che piacere dimenticare i propri libri e la penna per attizzare il fuoco, abbandonandosi a qualche dolce meditazione, oppure buttando giù alla meglio dei versi per divertire gli amici! Allora le ore scorrono e piombano silenziosamente nell’eternità, senza far sentire il loro triste passaggio”

Ma qual è il messaggio di questo libro delizioso? Secondo me non può essere che uno solo: il piacere del viaggio deriva non tanto dal luogo prescelto quanto dall’atteggiamento interiore con cui si affronta il viaggio stesso. Si può viaggiare anche stando nel chiuso di una stanza, cioè in quel “bugigattolo” dove ci rifugiamo e ci nascondiamo agli occhi del mondo, collegati intimamente solo con la nostra anima, che vede, sente e descrive paesaggi, avventure ed emozioni. Sembra quasi che De Maistre voglia invitarci a guardare con occhi diversi la realtà quotidiana che ci circonda. E se noi riuscissimo a farlo, a scrutare luoghi e cose con uno spirito di osservazione immune dall’abitudine e dall’indifferenza, forse ci accorgeremmo che le cose degne di interesse si trovano anche accanto a noi e che non sempre è necessario partire verso mete lontane ed esotiche per scoprirle.

10 commenti:

  1. Sono da sempre un viaggiatore nel senso classico del termine, ma coltivo il culto del pre viaggio, della pre partenza: e parliamo anche anche di mesi. Mesi trascorsi in casa con la testa a quel viaggio, ma anche tempo nella propria alcova, nel proprio nido; che non ci sta affatto stretto, perché ne abbiamo cura e dal quale traiamo conforto. E quel viaggiare di testa fa parte della nostra "cultura" di casa, del nostro approccio al focolare, del godere dei nostri angoli, delle nostre confort zone, che riguardano anche abitudini, orari, rumori, luci, colori.. tutto quell'insieme che fa casa, e che ci permette di sbizzarrire la mente in circumnavigazioni di salotti, invasione di soppalchi, conquiste di divani, eroiche esperienze ai fornelli, sereni momenti al pc, in casa di altri bloggers che stimolano fantasia e sorriso...

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    1. Ecco, questi sono i viaggiatori che io preferisco: quelli che non hanno fretta di arrivare alla meta, quelli che coltivano anche il “culto del pre viaggio” e quelli che si fermano durante il percorso, così come quelli che sanno godere della vigilia senza aspettare necessariamente il giorno della festa. E mi piacciono anche quelli che non disdegnano quel meraviglioso viaggiare tra le mura domestiche tra “circumnavigazioni di salotti, invasione di soppalchi, conquiste di divani, eroiche esperienze ai fornelli”. Queste tue parole sarebbero piaciute a De Maistre. Ma è un viaggiatore, questo, in via di estinzione. Il viaggiatore del passato, che percorreva la sua strada quasi sempre in solitudine, in un’epoca caotica e massificata come la nostra si è trasformato in “turista” che aspira a girare in gruppo, ad essere guidato da qualcuno. Quel rilassante e riflessivo viaggiare si è sbriciolato al ritmo forsennato del turismo di massa, fagocitato dalle agenzie di viaggi che ti garantiscono di visitare Roma in soli 2 giorni e Parigi in un giorno e mezzo, un turismo che privilegia la quantità delle cose da visitare a scapito della qualità e della lentezza. Comunque, Franco, grazie di cuore del tuo bellissimo commento e buon 25 aprile.

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  2. Interessanti queste tue riflessioni sul viaggio che, come sempre, partono da un libro per toccare, poi, tematiche e sensazioni che ci riguardano in maniera diretta. Piero

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    1. Grazie Piero. Si, mi lascio guidare dai libri per le mie riflessioni. In fondo, se ci pensi bene, ognuno di noi legge proprio quei testi in cui possa ritrovare se stesso

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  3. Credo che il viaggio sia soprattutto uno stato mentale. Non conta tanto la distanza percorsa ma la qualità e la profondità delle sensazioni.

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    1. Sono d'accordo con te, Ettore. Si può viaggiare anche nella città in cui si vive abitualmente: basta percorrerla con uno stato d'animo diverso e guardarla con gli occhi incantati del viaggiatore.

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  4. me ne parlava spesso mio padre di questo libro. personalmente non l'ho letto ma forse ne ho assimilato qualche concetto attraverso di lui.
    massimolegnani

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    1. Credo che sia un libro abbastanza conosciuto, nonostante l'autore non sia un grandissimo scrittore. E poi, salta agli occhi quel titolo... ciao Carlo e buona giornata

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  5. Un libro bizzarro ed interessante, un'idea davvero originale.

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