Ci troviamo in una Roma
“deserta di luna”, più o meno agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso; un
professore di lettere sessantenne - ormai in pensione – bloccato dall’inverno
in un albergo della Capitale, rievoca le sue giovanili avventure di cuore
risalenti al periodo in cui insegnava a Modica, un paesino della Sicilia “a
pigione di un’Amalia vedova, con figlia in collegio, usufruttuario settimanale
delle sue vogliose pinguedini”. Questo professore, protagonista del romanzo
“Argo il cieco” (Bompiani editore) è siciliano come l’autore del libro,
Gesualdo Bufalino, e si chiama - guarda caso - anche lui Gesualdo: è l’alter
ego dello scrittore oppure è solo una strana coincidenza onomastica?
“Fui giovane e felice
un’estate, nel cinquantuno. Né prima né dopo: quell’estate”. E’ lo struggente
incipit del romanzo con cui il protagonista ci tiene a farci sapere, quasi a
sottolineare, che fu sfiorato dalla felicità e dalla giovinezza solo “quell’estate”
quando aveva circa trent’anni, lui che si era sempre sentito come un bambino
vecchio “invecchiato dalla vita e dai libri” e di non avere mai avuto vent’anni.
“Li ebbi allora all’impensata – dice la voce narrante – in regalo da
quell’estate, dopotutto m’erano dovuti”. Nella sua camera d’albergo il vecchio
professore ritorna ad essere il trentenne di quell’estate del cinquantuno e rammenta,
con nostalgia, quel breve periodo spensierato della sua vita; ricorda quei suoi
“amori non corrisposti” che secondo lui “sono i più comodi”. “Maria Venera non
provava niente per me? – pensava Gesualdo mentre si faceva la barba – Tanto
meglio: me ne veniva una libertà senza limiti, i miei moti per lei non
appartenevano a nessun altro che a me, potevo nella fantasia giocarmela e
vincerla a gusto mio”. Come si fa a non provare simpatia per un tale
personaggio, che sa scherzare con i sentimenti e ridere di se stesso! E poi
c’era Assunta, Isolina, Flora, Ada, Corrada “la cassiera Adalgisa del cinema
Splendor, sdegnosa, chissà dov’è…”. Tutte ragazze brune che si affacciavano
allegre dai balconi del paese “fuggitive, ahimè, come gli anni…”. Ma l’amore –
dice il nostro personaggio – “non ha nulla da spartire con un’idea di felicità.
Salvo quando non è ancora giunto e lo aspettiamo dietro i vetri, coltivandone
il vizio nella mente, e fiutandone da lontano il fiato come un allarme di
primavera”.
Durante la narrazione, ogni
tanto, l’autore smette i panni del suo personaggio Gesualdo, si sdoppia dalla
voce narrante per diventare se stesso e rivolgersi al suo lettore, come quando
scrive: “…hai visto lettore? Sfido che non t’è piaciuto, non piace nemmeno a
me. Ma vedi, lettore, io non faccio nessuno sforzo per piacerti o piacermi, e
tu mi devi capire: la mia passione divorante è la noia, mai mi diverto tanto
come quando do fastidio e muoio di noia”. Caro Gesualdo Bufalino, ognuno si
diverte come può; mi dispiace deluderti ma devi sapere, per quanto mi riguarda,
che i tuoi sforzi per non piacere hanno sortito l’effetto contrario: mi sei
piaciuto.
“Argo il cieco” è un libro la cui la
scrittura prevale
sulla trama e si allontana dal quel linguaggio omologato generato da una
certa letteratura contemporanea e, soprattutto, dall’odierna società di massa
veicolata, ormai in maniera esorbitante, dalla rete e dai social.
Un libro stimolante ed intrigante, una scrittura per nulla noiosa anzi...
RispondiEliminaChi si accinge a scrivere dovrebbe prendere esempio da Bufalino: un vero maestro della scrittura.
Eliminanon ho in genere simpatia per le intromissioni dell'autore nella sua stessa trama come si affacciasse alla finestra per vociare con chi passa per la sua strada.
RispondiEliminaviceversa ho simpatia per Bufalino e mi intriga questo suo romanzo che non conosco, per cui se me lo procuro gli perdonerò di sicuro questi ammiccamenti.
massimolegnani
Questo vezzo dell'autore di affacciarsi dalla pagina del libro è stato anche adottato da Baricco nel suo ultimo libro "La sposa giovane". Io, questa pratica, non la trovo malvagia.
EliminaApprezzo queste tue appassionate recensioni che invogliano a leggere questo o quell'altro autore. Però ognuno ha le proprie letture e credo che non basti una bella recensione per cambiare idea. Ho provato a leggere tempo fa un libro di Maggiani...ma mi sono arenato. Mi è capitato invece di ascoltarlo in una trasmissione televisiva e, diversamente dal suo libro, ne sono rimasto positivamente colpito.
RispondiEliminaFrancesco
Grazie Francesco per essere qui. Devo dire che la tua osservazione non è peregrina. Io, per esempio, starei delle ore ad ascoltare Andrea Camilleri. Eppure, ad oggi, non ho ancora letto un suo libro. Non so, sarà per quel suo modo accattivante di parlare e di raccontare; sarà per la sua spiccata sicilianità che traspare anche dal suo fisico, fatto sta che preferisco ascoltarlo piuttosto che leggerlo. Senza togliere nulla, naturalmente, al suo modo di essere scrittore
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