martedì 14 novembre 2017

Lo scrittore e la montagna



“Può anche apparirti del tutto diverso, da adulto, un posto che amavi da ragazzino, e rivelarsi una delusione; oppure può ricordarti quello che non sei più e metterti addosso una gran tristezza”

Tra le mie letture preferite ci sono molti libri che hanno vinto premi importanti, quali lo Strega e il Campiello. Sono opere di autori che hanno lasciato un’impronta significativa nella nostra letteratura, autori con i quali sono cresciuto e mi sono formato. Penso a Pavese, a Moravia, alla Morante, a Tomasi di Lampedusa, a Calvino, a Cassola, a Petroni, a Silone, a Tabucchi…Tanto per fare qualche nome. Devo dire, però, che da un po’ di tempo a questa parte, l’assegnazione di tali ambiti riconoscimenti si ispira più a criteri commerciali che letterari, tant’è che difficilmente mi lascio irretire dall’uscita dell’ultimo “capolavoro”, vincitore di questo o quell’altro premio. Non leggere il libro del momento - che di solito decora le vetrine di tutte le librerie - può addirittura apparire come una forma di snobismo o insofferenza per il bestseller, tuttavia ritengo che a volte un romanzo debba maturare e aspettare tra gli scaffali, perché in letteratura e, in particolar modo nel mondo editoriale, nessun giudice è più giusto e veritiero del tempo.
Devo dire, però, che così non è stato per il romanzo di Paolo Cognetti “Le otto montagne” (Einaudi editore), vincitore dell’ultimo Premio Strega. L’ho letto la scorsa estate, a pochi giorni dalla sua pubblicazione, con discreto gradimento. E’ un libro che si allontana dalle mode editoriali e letterarie oggi vigenti. Ricordo che ero rimasto particolarmente colpito dalla semplicità e dalla timidezza di questo giovane scrittore milanese, dall’indole solitaria - non ancora quarantenne -  il quale,  durante una sua intervista televisiva, raccontava di come un bel giorno, stanco della vita di città, avesse deciso di trasferirsi in una baita a duemila metri di altezza, lontano dal caos, dalle macchine e dagli uomini. Era cresciuto in montagna, la sua palestra di vita: almeno fino ai vent’anni era stato il luogo dell’estate dove si liberava di tutte le regole e tornava in uno stato quasi selvatico, per lui sinonimo di libertà e di felicità “Se uno va a stare in alto – scrive nel libro - è perché in basso non lo lasciano in pace”. Insomma, aveva scelto una vita da eremita, con due sole fidate presenze a vigilare sulla sua sicurezza: la scrittura e la montagna. La scrittura – come diceva Pavese – ti permette di parlare da solo e, contemporaneamente, di parlare ad una folla; la montagna, invece, ti fa apprezzare il silenzio, ti spinge a cercare una dimensione più umana, ti invita a conquistare la sua vetta, ti costringe a governare le tue paure. E, sempre la montagna, sembra volerti accogliere, come se uno fuggisse in alto dalle cose che lo tormentano in basso. Sapeste quante volte anch’io ho immaginato di isolarmi in un simile contesto! Poi, finisco soltanto per fuggire nel mondo dell’immaginazione, che è pur sempre un vasto territorio gratificante, dove il rischio di essere inseguiti è davvero minimo.

Il libro di Cognetti racconta, con una prosa essenziale e, direi, con ritmi estremamente lenti - come si conviene ad una storia ambientata in alta montagna - l’amicizia autentica e genuina tra due ragazzi della stessa età (che diventeranno poi uomini) i quali, pur nella loro apparente diversità (Pietro è un ragazzino di città, solitario e scontroso, Bruno, invece, vive quasi allo stato selvatico pascolando le vacche tra i monti), si ritrovano tutte le estati in un piccolo paese ai piedi del monte Rosa (Grana), dove i genitori di Pietro, appassionati di montagna (si sono conosciuti e sposati sulle pendici delle Tre Cime di Lavaredo), amano trascorrere le vacanze estive. Ma il libro racconta anche il controverso rapporto, a volte competitivo, tra un padre e un figlio. “Sapevo una volta per tutte – dice il protagonista  di aver avuto due padri: il primo era l’estraneo con cui avevo abitato per vent’anni, in città, e tagliato i ponti per altri dieci; il secondo era il padre di montagna, quello che avevo intravisto eppure conosciuto meglio, l’uomo che mi camminava alle spalle sui sentieri, l’amante dei ghiacciai…”  Un testo autobiografico che può essere letto, oltre che come un romanzo di formazione, anche come un invito a guardare il mondo con occhi differenti. “Si può dire che abbia cominciato a scrivere questa storia quand’ero bambino – scrive Cognetti – perché è una storia che mi appartiene quanto mi appartengono i miei stessi ricordi. In questi anni, quando mi chiedevano di cosa parla, rispondevo sempre: di due amici e una montagna. Sì, parla proprio di questo”.

6 commenti:

  1. Salve Remigio, avrei bisogno di inviarti un messaggio privato. Posso avere una tua e-mail?

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  2. Eccola: remigiomontestella@gmail.com

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  3. nello stesso periodo dell'intervista televisiva, avevo letto un lungo articolo (su Repubblica) su questo giovane scrittore in eremitaggio montano. Ricordo che ebbi l'immediata sensazione che gli stessero tirando la volata, cioè gli stessero facendo un battage pubblicitario studiato a tavolino (non pensavo allo Strega, ma genericamente a un lancio concordato con la casa editrice). Nonostante questi pensieri comprai il libro, incuriosito dai luoghi dell'ambientazione che conoscevo bene.
    l'ho trovato un romanzo dagli indubbi pregi (la limpidezza dei temi: il rapporto padre-figlio, l'esaltazione dell'amicizia che supera le rivalità amorose e le differenze culturali, la montagna come luogo simbolo di solitudine e di natura incontaminata) e da qualche difetto (tutta la divagazione sulle montagne nepalesi è stonata, ingenua nella contrapposizione, e sembra inserita solo per giustificare il titolo). Forse non è da Strega ma è sicuramente un romanzo valido.
    massimolegnani

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    1. Sono d'accordo con la tua analisi. Quel richiamo alle montagne nepalesi, anch'io, l'ho trovato fuori luogo. Nel complesso, però, il romanzo merita una lettura. Grazie Carlo. Un saluto

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  4. Grazie d'avermelo ricordato, me n'ero dimenticata!
    Passerò in libreria.
    Sempre belle le tue segnalazioni

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