Ho l’impressione che la nostra amata lingua italiana – almeno da alcuni
anni a questa parte – stia vivendo una fase di abbandono e di graduale regressione.
E’ come se le parole perdessero di significato e non fossero più considerate
importanti, quali segni distintivi di diversità per chi le pronuncia e le
scrive e di arricchimento culturale per chi le ascolta e le legge. Non sembrano
esserci regole e allora ognuno si sente autorizzato a parlare e a scrivere come
gli pare. Agli errori di grammatica e di sintassi, si aggiungono le parole
urlate, come se strillare possa rafforzare la verità o la ragione di chi, in
maniera violenta, si scaglia contro l’interlocutore che ha di fronte. E poi l’arroganza
verbale, le parolacce, l’uso eccessivo di termini stranieri, anche quando non sarebbe
necessario, contribuiscono ad inquinare il nostro ricco patrimonio lessicale.
Chi non ricorda quella famosa scena del film “Palombella rossa”, in cui il protagonista (Nanni Moretti) urla
alla giornalista che lo sta intervistando: “Ma come parlaaa? Ma come parlaaa?
Le parole sono importanti! Lei parla in modo superficiale, chissà come scrive!”. E poi, preso dalla rabbia e non
riuscendo a trattenersi, la schiaffeggia sonoramente. La malcapitata
giornalista aveva usato un linguaggio banale con frasi fatte, aveva adoperato
termini generici o facili anglicismi alla moda al posto delle più appropriate e
belle espressioni italiane.
Al riguardo, mi è capitato di leggere sulla rivista “Temi Romana” - curata dell’Ordine degli Avvocati di Roma - un
articolo del prof. Mario Scaffidi Abbate il quale sostiene - tra il serio e il
provocatorio – che “fra le tante leggi e leggine, spesso inutili o fasulle, che
popolano il nostro universo giudiziario non sarebbe inopportuna una sulla
lingua”. Una legge, insomma, che possa controllare l’uso corretto dell’idioma
nazionale da parte degli italiani. La lingua, scrive il professore “è la carta
d’identità di un popolo, uno strumento di unione e di fratellanza” e se ognuno
la usa a modo suo, in maniera errata violando quelle che sono le regole, “l’unione
e la fratellanza vanno a farsi benedire”. Ma non basta solo il controllo delle
autorità – scrive ancora l’autore dell’articolo - bisognerebbe anche punire
severamente i trasgressori con una bella multa. E allora: “hai sbagliato la
consecutio temporum? Sono due euro. Hai detto una parolaccia? Dieci euro. E
così via”. E come esistono i reati per oltraggio al pudore, si potrebbero
finalmente riconoscere quelli per offesa alla lingua italiana. Perché la lingua
è un patrimonio che va salvaguardato dalle sgrammaticature, dagli strafalcioni,
da una prosa sciatta e trascurata. E chi dovrebbe essere il garante? A chi
affidare il controllo degli errori? Per il professor Scaffidi Abbate tale
autorità potrebbe essere la SIAE, che come cura i diritti degli autori potrebbe
curare anche quelli dei lettori. E poi, scrive ancora il promotore di questa
iniziativa, si potrebbe istituire un’apposita Società Italiana dei Lettori
(SIL) con il compito di denunciare chi scrive e parla male. Un ruolo importante
in questa rinascita culturale spetterebbe anche alla televisione attraverso la
realizzazione di “una rubrica che mettesse alla berlina, citazioni alla mano,
gli autori di simili nefandezze, giornalisti, politici, scrittori e altri
personaggi noti. Potrebbe essere intitolata La
malalingua”. Allora si che se ne sentirebbero delle belle!
Buongiorno Remigio, Il tuo post in un ambiente quantomeno eterogeneo e complesso con il mondo dei blog suona in modo strano. Tu certamente conosci quanti e quali strappi si leggono ogni giorno in rete alle regole di cui parla Il professore Scaffidi. Mi sembra impensabile che dagli scranni del Parlamento ove siedono centinaia di cafoni ignoranti e irresponsabili possa giungere una legge che sostenga sintassi, grammatica, terminologia e corregga l'uso continuo del turpiloquio nei blog. Tu stesso poco tempo fa avrai letto un bel florilegio di esempi di questo tipo in luoghi nei quali di tanto in tanto getti un'occhiata. La Malalingua è un'erbaccia difficile da estirpare.
RispondiEliminaBuongiorno a te, Liberius, e grazie per essere qui. Non posso non essere d'accordo con te. La malalingua imperversa nel nostro paese e pensare che possa essere estirpata con una legge, proprio da chi contribuisce a questo scempio, è pura follia. Il mio post - così come credo l'articolo del prof. Scaffidi Abbate - è solo una provocazione. Però può servire a far discutere su un tema, come quello della lingua, con le sue dirette implicazioni del parlare e dello scrivere, che da sempre mi appassiona. Un caro saluto
EliminaHai ragione, Remigio, anche perché l'uso storpiato di certe espressioni diventa spesso un vezzo, un modo snob di stare al passo con la lingua dei tempi.
RispondiEliminaTi faccio un esempio: l'uso del "piuttosto che" in senso/con valore disgiuntivo (equivalente di "o/oppure") anziché avversativo, che dilaga soprattutto in televisione.
Mi è capitato di sentire persone insospettabili, culturalmente insospettabili, cadere in quest'uso distorto dell'espressione con un'aria di leggerezza, che sconfinava nella piacioneria snobistica.
Tempo fa lessi un intervento dell'Accademia della Crusca, che sono andata a ripescare dopo aver letto il tuo post, dove, a consolazione di chi si duole di queste aberrazioni modaiole,
si legge:
"...Basterà avere un po' di pazienza: anche la voga di quest'imbarazzante piuttosto che finirà prima o poi col tramontare, come accade fatalmente con la suppellettile di riuso..."
Speriamo vada così, anche se, detto fra noi, io credo siano stati un po' ottimisti...
Dimenticavo! il link all'articolo:
RispondiEliminahttp://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-piuttosto-valore-disgiuntivo
Cara Sabina, troppe cose dilagano in televisione, da un po’ di tempo a questa parte. Prendiamo ad esempio l’avverbio “assolutamente” unito a negazioni o affermazioni, che è uno dei più abusati. Ebbene la Crusca consiglia di usarlo solo se è veramente necessario. Invece in televisione dilaga: evidentemente un semplice “si” o “no” fa schifo, se non viene unito a quel rafforzativo tanto di moda
Eliminastimolante la provocazione del prof Scaffidi, ma non credo che una legge in tal senso possa essere utile e praticabile.
RispondiEliminaAl di là di certi orrori macroscopici, penso che una lingua viva sia caratterizzata dalla sua continua evoluzione. Se confronto la lingua che mi è stata insegnata alle elementari con quella attuale vi trovo differenze abissali, ma non so dire se questo sia un bene o un male.
massimolegnani
E' vero: la lingua è in continua evoluzione. Il problema è che a volte tale trasformazione percorre strade poco edificanti. Ciao Carlo
EliminaNon servirebbe una legge, o meglio forse sì ma che incidesse sulla scuola. In un mio post avevo fatto osservare come se si danno in mano ai bimbi di tre e quattro anni i tablet e li si disabitua a scrivere a mano, è chiaro che in primis cresceranno senza una vera conoscenza della grammatica, data l'esistenza dei correttori, ed in seconda battuta l'ortografia diventerà un optional. Giusto non restare immobili, la lingua deve evolversi ma non impoverirsi. Niente "che" con la "k" niente "sei" con il numero. Io lo ammetto mi permetto solo una piccola eccezione ed è "Cmq" per comunque ma soltanto perché è lungo scriverlo con la tastiera ed è più pratico cmq. Il problema è cmq che molti Italiani stanno tornando ad essere poco alfabetizzati, anche tra i docenti. E' notizia recente dell'ecatombe nel concorsone a Bologna ed inoltre ho visto personalmente maestre correggere "un albero" in "Un'albero" !!!!! E non vado oltre...
RispondiEliminaIo non farei eccezioni e, quindi - mi permetto di correggerti - niente "Cmp". Altrimenti qualcuno potrebbe dire che preferisce scrivere "Tvb" al posto di "ti voglio bene". E l'elenco non finirebbe qui. Non sappiamo più scrivere perché il telefonino...il tablet...il computer e chi più ne ha più ne metta, hanno preso il posto della penna, mio caro Daniele. Non mettiamo più in funziona il cervello, perché c'è sempre una macchina elettronica nella nostra vita che pensa per noi. Ma oggi, c'è forse qualcuno che ancora consulta il Vocabolario della lingua italiana? Un saluto
EliminaDa tempo era mia intenzione dire la mia su questo interessante argomento, ed oggi, dopo intere settimane a sistemare scatoloni, ed a venire al computer sono per rispondere a qualche commento, mi concedo farlo. Sono rientrata a Ragusa e la domenica, così come il sabato, non è possibile, sia in estate che in inverno, recarsi al mare. Grazie ad un Commissario, che parla un mezzo siciliano non riconoscibile in nessuna parte dell'isola, e dove a mio giudizio gli attori sono macchiette.
RispondiEliminaMa andiamo alla proposta che dici auspicabile del prof Mario Scaffidi.
Nel 2014, comprai un libro del prof Antonelli " Comunque anche Leopardi diceva le parolacce" e debbo dire che lo ho divorato in una notte.
Sostenere, come molti vorrebbero che l'italiano è morto, basandosi su la morte del congiuntivo, del punto e virgola, dalla minaccia dell'inglese, dei messaggini dell'italiano virtuale dei social, e tornare ad un purismo ad un perbenismo linguistico, ed ai luoghi comuni di un conservatorismo significherebbe metterla in gabbia e farla morire triste e depressa come certe belve feroci e meravigliose. Nei ricordi dei miei studi filologici, sia romanzi che germanici, la prima cosa che salta agli occhi è che la LINGUA è un organismo vivo e non c'è peggior delitto del volerla seppellire viva, imbrigliarla imbalsamarla in nome di un principio di norme e precetti che le danno la perfezione, ma solo relativa al periodo che, a nostro unilaterale giudizio, giudichiamo linguisticamente esatto.
Il problema della lingua, non è il cammino verso il domani, cosa che è sempre avvenuta, le trasgressioni dal passato e l'inserimento dei modi di dire e del parlato, sono sempre esistiti al punto da passare dal latino al volgare italico e poi al nostro italiano, (quanto modificato da quello delle origini!) il problema è che non vi è più conoscenza e studio, per cui la trasgressione e l'innovazione diventano ignoranza ed errore. Quindi conoscenza e poi sulle ali del passato, da persone consapevoli possiamo parlare e scrivere modernamente come uomini di questa epoca, quali siamo.
Mi scuso per gli errori di battitura, ma ho la tastiera con le lettere del tutto cancellate, troppa digitazione!!!
EliminaGrazie per le tue parole: il tuo, più che un commento, è un nuovo post. E non può che arricchire la discussione. Credo, comunque, che nessuno voglia ingabbiare la lingua - tantomeno il prof. Scaffidi - lingua che resta sempre una cosa viva, in continua evoluzione. Però, come tutte le cose di questo mondo, necessita di regole. E le regole vanno rispettate altrimenti quando parliamo e, ancor di più, quando scriviamo non ci capiremo più. Se oggi la lingua si è "imbarbarita" è perché - tu lo dici bene - "non vi è più conoscenza e studio, per cui la trasgressione e l'innovazione diventano ignoranza ed errore". E allora bisognerebbe leggere più libri, perché sono proprio i libri che ci insegnano a parlare e a scrivere. Un saluto
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