Alcuni
libri della nostra letteratura sono ormai entrati a far parte dell’immaginario
collettivo perché descrivono luoghi e personaggi quali metafore di una particolare condizione umana. Sono libri molto conosciuti - anche solo per sentito
dire – che custodiscono simboli universali. “Sorelle Materassi” di Aldo
Palazzeschi rientra tra queste opere, la cui storia è sinonimo di
un’esistenza grigia, di un mondo femminile schivo e bigotto, dal sapore antico.
E poi – diciamolo - quando si parla di “zitelle” la memoria non può che andare alle
protagoniste di quel romanzo.
Ambientato
in un sobborgo di Firenze nei primi anni del ‘900 e pubblicato per la prima
volta da Vallecchi nel 1934, il libro narra le vicende di tre inseparabili
sorelle: Teresa, Carolina e Giselda (le prime due sui cinquant’anni, la terza
più giovane di una quindicina) a cui si deve aggiungere la fedele domestica
Niobe. Costoro trascinano una vita piatta ed appartata nella grande casa
ereditata dal padre: Teresa e Carolina – che non si sono mai sposate sebbene
non siano “più brutte di tante altre che
prendono marito” – sono delle esperte ricamatrici, specializzate in vestiti
da sposa e altra biancheria di lusso, loro commissionata dalle facoltose
famiglie fiorentine, mentre Giselda - respinta dal marito – è stata accolta
nella loro casa, delusa dalla vita e dal matrimonio.
Le
tre sorelle hanno accumulato, durante un’intera vita di lavoro, denaro senza
accorgersene e non hanno mai pensato di allontanarsi da quella loro filosofia di vita, godendosi
magari qualche giorno di riposo o concedendosi una distrazione, un viaggio, un
momento di divertimento. Niente di tutto questo. Le loro giornate trascorrono
tutte uguali, tra merletti, ricami e pettegolezzi, osservando il via vai di
persone che transitano sotto la loro finestra, “parlando di un passato amoroso inesistente che gonfiavano fino
all’assurdo ispirate e sospinte dal passaggio delle coppie”. Conoscono gli
uomini solo per sentito dire, mentre con le donne sono spietate e cattive:
anche alle belle ed alle carine, un difettaccio glielo trovano sempre.
Tutto
sembra scorrere liscio nella casa, con il solito tran tran quotidiano, fino al
giorno in cui irrompe prepotentemente tra di loro il nipote Remo, rimasto solo
al mondo, figlio di una quarta sorella morta ad Ancona, il quale finisce per
sconvolgere quel saldo e duraturo equilibrio familiare. E’ un giovane dalla
raffinatezza e dall’eleganza incomparabili. E poi è di una bellezza
stupefacente. Io penso che nella finzione letteraria mai un personaggio
maschile sia stato descritto in tale maniera, come il simbolo stesso della
bellezza e visto come un vero e proprio Adone
“…soltanto nella scultura greca e
in quella del rinascimento – leggiamo nel testo - ci è dato riscontrare campioni di questa specie: Leonardo,
Michelangiolo, Donatello, il Verrocchio, ne sarebbero rimasti colpiti”. Ma
ad esserne colpite ed ammaliate sono soprattutto Teresa e Carolina (un po’ di
meno Giselda, forse perché aveva già avuto una brutta esperienza con il marito),
che vengono travolte da un “bisogno
cocente di dare, di dare a quel
nipote piovuto dal cielo in mezzo ad
esse, e che metteva nel loro animo inaridito tanta confusione”. E il nostro
bellissimo Remo che fa? Si dimostra subito un gran furbacchione - per non dire
altro - perché, resosi conto di essere l’oggetto prediletto delle zie, capace
di risvegliare con la sua carnalità anche i loro sensi addormentati, sfrutta abilmente
la favorevole situazione al fine di ottenere soldi e soddisfare così tutti i
suoi desideri e le sue voglie improvvise. Insomma, a quel bisogno sincero,
quasi materno, di “dare” che nasce nell’animo delle zie, si contrappone un bisogno
sfrenato di “avere” da parte del nipote. E’ noto che esiste un principio
secondo il quale non si può spendere più di quanto si guadagna; quando ciò
avviene, fatalmente ci si caccia nei guai. E nei guai vanno a finire le povere
sorelle Materassi, soggiogate agli ordini ed ai capricci di quel nipote opportunista.
Con
questo romanzo dal sapore agrodolce, velato di malinconia crepuscolare,
Palazzeschi ci regala – senza rinunciare alla sua proverbiale ironia - un
grande affresco di un mondo al femminile, che appartiene ormai alla memoria del
passato.
Hai ragione: è una bella storia del passato. Chissà se le donne di oggi, così smaliziate e presenti a se stesse, si farebbero ingannare tanto platealmente da un moderno adone?
RispondiEliminaIo penso di no.
Bella recensione, Remigio.
Cordiali saluti.
Nicola
Ciao Nicola. Anch'io la penso come te: oggi le donne non si farebbero abbindolare da un tipo come Remo. Fosse anche il più bello del mondo.
EliminaGrazie e un caro saluto
E chi non conosce le sorelle Materassi! Anche mia nonna, che non aveva mai letto un libro in vita sua, aveva sentito parlare di quelle due zitelle...
RispondiEliminaP. S.
Il grande scrittore è proprio colui che riesce, attraverso i suoi personaggi, a conquistare l'immaginario collettivo.
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