sabato 11 febbraio 2017

"Sorelle Materassi" di Aldo Palazzeschi



Alcuni libri della nostra letteratura sono ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo perché descrivono luoghi e personaggi quali metafore di una particolare condizione umana. Sono libri molto conosciuti - anche solo per sentito dire – che custodiscono simboli universali. “Sorelle Materassi” di Aldo Palazzeschi rientra tra queste opere, la cui storia è sinonimo di un’esistenza grigia, di un mondo femminile schivo e bigotto, dal sapore antico. E poi – diciamolo - quando si parla di “zitelle” la memoria non può che andare alle protagoniste di quel romanzo.

Ambientato in un sobborgo di Firenze nei primi anni del ‘900 e pubblicato per la prima volta da Vallecchi nel 1934, il libro narra le vicende di tre inseparabili sorelle: Teresa, Carolina e Giselda (le prime due sui cinquant’anni, la terza più giovane di una quindicina) a cui si deve aggiungere la fedele domestica Niobe. Costoro trascinano una vita piatta ed appartata nella grande casa ereditata dal padre: Teresa e Carolina – che non si sono mai sposate sebbene non siano “più brutte di tante altre che prendono marito” – sono delle esperte ricamatrici, specializzate in vestiti da sposa e altra biancheria di lusso, loro commissionata dalle facoltose famiglie fiorentine, mentre Giselda - respinta dal marito – è stata accolta nella loro casa, delusa dalla vita e dal matrimonio.

Le tre sorelle hanno accumulato, durante un’intera vita di lavoro, denaro senza accorgersene e non hanno mai pensato di allontanarsi  da quella loro filosofia di vita, godendosi magari qualche giorno di riposo o concedendosi una distrazione, un viaggio, un momento di divertimento. Niente di tutto questo. Le loro giornate trascorrono tutte uguali, tra merletti, ricami e pettegolezzi, osservando il via vai di persone che transitano sotto la loro finestra, “parlando di un passato amoroso inesistente che gonfiavano fino all’assurdo ispirate e sospinte dal passaggio delle coppie”. Conoscono gli uomini solo per sentito dire, mentre con le donne sono spietate e cattive: anche alle belle ed alle carine, un difettaccio glielo trovano sempre.

Tutto sembra scorrere liscio nella casa, con il solito tran tran quotidiano, fino al giorno in cui irrompe prepotentemente tra di loro il nipote Remo, rimasto solo al mondo, figlio di una quarta sorella morta ad Ancona, il quale finisce per sconvolgere quel saldo e duraturo equilibrio familiare. E’ un giovane dalla raffinatezza e dall’eleganza incomparabili. E poi è di una bellezza stupefacente. Io penso che nella finzione letteraria mai un personaggio maschile sia stato descritto in tale maniera, come il simbolo stesso della bellezza e visto come un vero e proprio Adone  “…soltanto nella scultura greca e in quella del rinascimento – leggiamo nel testo - ci è dato riscontrare campioni di questa specie: Leonardo, Michelangiolo, Donatello, il Verrocchio, ne sarebbero rimasti colpiti”. Ma ad esserne colpite ed ammaliate sono soprattutto Teresa e Carolina (un po’ di meno Giselda, forse perché aveva già avuto una brutta esperienza con il marito), che vengono travolte da un “bisogno cocente di dare, di dare a quel nipote piovuto dal cielo in mezzo ad esse, e che metteva nel loro animo inaridito tanta confusione”. E il nostro bellissimo Remo che fa? Si dimostra subito un gran furbacchione - per non dire altro - perché, resosi conto di essere l’oggetto prediletto delle zie, capace di risvegliare con la sua carnalità anche i loro sensi addormentati, sfrutta abilmente la favorevole situazione al fine di ottenere soldi e soddisfare così tutti i suoi desideri e le sue voglie improvvise. Insomma, a quel bisogno sincero, quasi materno, di “dare” che nasce nell’animo delle zie, si contrappone un bisogno sfrenato di “avere” da parte del nipote. E’ noto che esiste un principio secondo il quale non si può spendere più di quanto si guadagna; quando ciò avviene, fatalmente ci si caccia nei guai. E nei guai vanno a finire le povere sorelle Materassi, soggiogate agli ordini ed ai capricci di quel nipote opportunista.

Con questo romanzo dal sapore agrodolce, velato di malinconia crepuscolare, Palazzeschi ci regala – senza rinunciare alla sua proverbiale ironia - un grande affresco di un mondo al femminile, che appartiene ormai alla memoria del passato.

4 commenti:

  1. Hai ragione: è una bella storia del passato. Chissà se le donne di oggi, così smaliziate e presenti a se stesse, si farebbero ingannare tanto platealmente da un moderno adone?
    Io penso di no.
    Bella recensione, Remigio.
    Cordiali saluti.
    Nicola

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    1. Ciao Nicola. Anch'io la penso come te: oggi le donne non si farebbero abbindolare da un tipo come Remo. Fosse anche il più bello del mondo.
      Grazie e un caro saluto

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  2. E chi non conosce le sorelle Materassi! Anche mia nonna, che non aveva mai letto un libro in vita sua, aveva sentito parlare di quelle due zitelle...
    P. S.

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    1. Il grande scrittore è proprio colui che riesce, attraverso i suoi personaggi, a conquistare l'immaginario collettivo.

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