Esiste un vecchio pregiudizio
duro a morire, secondo cui chi oggi sceglie di vivere in maniera poco
“visibile”, in una condizione di solitudine – direi quasi da eremita - chi non
si fa vedere in giro e sceglie il silenzio al rumore, i ritmi più lenti alla
vita frenetica, sia da considerare un misantropo, uno poco portato ai rapporti
interpersonali ed alle amicizie. E’ un’idea davvero bislacca pensare che una
persona che si ritiri in campagna - e quindi al di fuori di un contesto urbano –
abbia necessariamente un carattere introverso e poco incline alla socialità, al
divertimento, al confronto con gli altri. Come se la sola presenza di una
moltitudine di persone in un determinato posto possa, come per incanto,
garantire felicità e conoscenze. Secondo Leopardi il vero misantropo non è
colui che si isola dal mondo, ma chi invece vive tra gli uomini. Infatti così
scriveva: “Chi pratica poco cogli uomini,
difficilmente è misantropo. I veri misantropi non si trovano nella solitudine,
si trovano nel mondo. Lodan quella, si bene; ma vivono in questo. E se un che
sia tale si ritira dal mondo, perde la misantropia nella solitudine”.
Sapeste quante volte mi sono
trovato a passeggiare in una qualsiasi strada superaffollata del centro di Roma
e sentirmi completamente isolato ed abbandonato, attanagliato da una sorta di
solitudine angosciante! E sapeste, invece, quante altre volte mi è capitato di
trovarmi da solo nella mia campagna, nel Cilento, o di passeggiare lungo una stradina
appartata di paese, e non sentirmi mai solo, non avvertire quello strano
isolamento che percepisco girando tra la folla anonima di una città durante un
pomeriggio di una qualsiasi domenica. E che dire, poi, di quei vecchietti di
città che trascorrono le loro lunghe giornate seduti su una panchina
all’interno di qualche prato spelacchiato di periferia, tormentati dalle
macchine, dallo smog, nascosti dagli enormi cartelloni pubblicitari che tolgono
loro anche la poca aria che respirano. Che pena mi fanno, quanta tristezza mi
procura una simile visione! Eppure, la stessa immagine di vecchiaia, le stesse
persone anziane sedute a chiacchierare sul sagrato della chiesetta del loro
paese, mi trasmettono altri sentimenti, altre sensazioni. E sono sensazioni di
serenità e di tranquillità.
Direi che è fondamentale il
contesto in cui avvengono e maturano i rapporti umani, in cui si manifestano le
relazioni sociali, gli incontri ed il confronto con gli altri. Salutare uno
sconosciuto che incroci mentre percorri in bicicletta un viottolo di paese, non
è come incontrare il tuo simile su un autobus affollato nell’ora di punta: nel
primo caso avverti sentimenti di amicizia e di solidarietà nei suoi confronti,
nel secondo, invece, scopri amaramente di detestarlo perché è attaccato a te
come una sardina in scatola, non ti fa viaggiare comodo e ti dà fastidio. A
volte ho l’impressione che la città mi allontani dagli uomini e che la
campagna, al contrario, mi avvicini ad essi.
Un'amara riflessione che condivido. Piero
RispondiEliminaGrazie Piero.
Eliminaconsiderazioni che mi trovano sulla tua lunghezza d'onda.
RispondiEliminamassimolegnani
Non avevo dubbi, Carlo..:-)
EliminaDa grande volevo fare l'eremita.
RispondiEliminaE rimane il mio sogno più grande.
Io già lo sono: un eremita a Roma. Comunque, se il tuo sogno dovesse realizzarsi, fammi sapere tra quali montagne sceglierai il tuo eremo. :-)
EliminaUn eremita a Roma. Per certi versi ce ne sono tante di persone in solitudine, nonostante la densità di abitanti sia maggiore. Anzi proprio per questo.
EliminaCiao e benvenuta qui. E' proprio vero: il sovraffollamento di un posto a volte genera solitudine. Ed è proprio ciò che volevo dire nel mio post. Quindi, per difendersi dal caos, dalla folla, dai rumori molesti e dalla confusione della città spesso ci si chiude nella propria solitudine. Nel proprio "eremo"
EliminaIo tendo alla dimensione della solitudine, le persone mi rubano il tempo.
RispondiEliminaLe tue parole mi trovano d'accordo. Grazie Sara
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