Si tu vales bene est, ego valeo: se tu stai bene sono contento, io sto bene. Era usanza
degli antichi romani iniziare una lettera con questa formula. Lo scriveva Seneca
oltre duemila anni fa (lettera n. 15) a quel suo amico di Pompei che si
chiamava Lucilio. A quei tempi non esisteva il telefonino e se volevi mandare i
saluti ad un conoscente lontano, dovevi procurarti carta e penna (o meglio
calamus e papiro) e poi affidarti alle poste dell’epoca (si fa per dire). Da
allora – a partire, appunto, dalle Lettere a Lucilio - ne sono state scritte di
lettere e di epistolari famosi, anche di alto valore letterario! Ma chi scrive
più le lettere come una volta? Nessuno. Eppure, io penso che certi pensieri riportati sulla carta acquistino un sapore ed un valore speciale,
un modo diverso di ascolto e di comprensione, perché quando si scrive si è
molto più attenti a studiare le parole, a limarle, a trovare quelle che meglio
si adattano in quella particolare circostanza. Si sa che la comunicazione
verbale è più immediata, però quella che si esplica attraverso una lettera è senz’altro
più meditata, più elaborata, permette di leggere tra le righe anche ciò che non
viene detto esplicitamente e – diciamocelo - consente anche di verificare le
capacità letterarie e di scrittura di chi mette nero su bianco. Mi azzardo a
dire che quando ci esprimiamo a voce siamo un po’ “stupidi”, quando invece scriviamo ci sforziamo di essere
intelligenti.
La lettera,
quale originario strumento di comunicazione, era un oggetto che si poteva accarezzare
e stringere fra le mani. E si poteva scorrere con gli occhi per cogliervi non
solo il senso delle parole, ma anche lo stato d’animo di colui che
scriveva; era una sorta di reliquia che si conservava e si rileggeva a distanza
di tempo, ogni volta rinnovando emozioni ed evocando ricordi. Le parole volano,
soprattutto quelle dette al telefono in maniera distratta, o nelle
conversazioni; quelle scritte, invece, sono sempre lì, a portata di mano e di
occhi e dietro ad esse il volto e l’ animo di chi l’ ha inviate.
La
lettera vergata a penna, come si faceva una volta, è praticamente scomparsa; ma
per fortuna hanno inventato la mail, che in qualche modo ricorda la vecchia
lettera, sebbene sia più sofisticata e veloce, in linea con i tempi moderni che
sono paladini della rapidità. Certo, non esiste più quel tempo di attesa, con tutto il suo
carico di emozioni, tra il momento in cui si scriveva ed il momento successivo
in cui si riceveva la risposta, che era pur sempre un tempo di piacere. Oggi
avviene tutto all'istante: è come rinunciare alla vigilia saltando immediatamente
alla festa.
Io sono
un po’ all’antica: preferisco la lentezza alla sveltezza, la lettera al
telefonino. Tant’è che non ne posseggo uno. E già: il telefonino! Con lui devi
essere super rapido. Devi sempre dare una risposta immediata e senza indugio Non
hai più la possibilità di riflettere, di pensare, di meditare la risposta. Ti
devi sempre giustificare se per caso ti cercano e non ti trovano. Non dicono
mai pronto, quelli che ti chiamano, ma ti chiedono sempre dove stai. Abbiamo perso
la riservatezza e di pari passo sono aumentati i bugiardi. Ma vuoi mettere la
lettera? E se ci pensate bene, io credo che il telefonino sia lo strumento più
maleducato che sia stato mai inventato, u’
cchiu scustumato (come direbbero a Bolzano). Perché squilla – attraverso
musichette e suoni tra i più stravaganti - nel momento meno adatto, anche nelle
situazioni più imbarazzanti, senza chiedere permesso a nessuno. Mettiamo, per
esempio, che il sottoscritto si trovi in piacevole compagnia, da qualche parte,
a chiacchierare con un amico e all’improvviso squilla il suo telefonino. L’amico
che fa? Non dice allo scocciatore di richiamare più tardi perché ora è impegnato.
No. Se proprio non vuole farmi ascoltare la sua telefonata (ma non succede mai,
perché le telefonate degli altri sono rivolte soprattutto ai presenti), si alza
e si allontana, lasciandomi naturalmente come un carciofo, per dare retta a
quell’altro carciofo, a quell’intruso che ha interrotto la nostra amabile conversazione
per chiedergli, evidentemente, una cosa urgentissima e cioè se aveva visto la
partita in televisione. Non è arroganza, questa? Non è un malcostume? Era
proprio necessaria quella telefonata? Invece con la lettera-mail non può mai
succedere una simile e sciocca invadenza. Lei, la mail, se ne sta buona da
qualche parte - annunciata in grassetto - in attesa che venga aperta. Non è
maleducata. Non si intromette nella conversazione. Rimane tranquilla e aspetta
il suo turno. E quando viene finalmente aperta, è perché chi l’ha ricevuta
vuole leggerla proprio in quel momento. L’aspettava. Era ansioso di scorrerla
con gli occhi – e perché no – di stringerla tra le mani, se usa l’accortezza di
stamparla e conservarla, per rileggerla poi nelle ore di dolce malinconia. Mi
domando: come si può non amare la lettera. Pardon, la mail.
per uno lento e pieno di ripensamenti come me, la mail è una manna. Non per la velocità dell'eventuale risposta, ma per la possibilità di correggere, modificare, limare, prima di arrivare al fondo senza dover ogni volta riscrivere da capo.
RispondiEliminaquanto al cellulare, ne posseggo uno ma lo tengo senza suoneria e solo quando sono comodo controllo le chiamate perse e i messaggi di insulti di chi mi ha chiamato a vuoto. insomma gli ho messo la museruola e lo uso quasi come telefono fisso.
non siamo tanto diversi, quindi.
ciao,
ml
Se un giorno decidessi di comprare un cellulare (dovrei davvero ritrovarmi in situazioni estreme), credo che anch'io gli metterei, non solo la "museruola", ma anche i paraocchi. E senza quelle musichette idiote...:-) Ciao
EliminaOh, finalmente! Qualcuno che sa come si usa la penna. Pardon, la tastiera!
RispondiEliminaOh, grazie! E benvenuta qui!
EliminaOK!
RispondiEliminaLa cara vecchia scomparsa lettera era ancora meglio della mail per l'attesa, per il momento in cui la estraevi dalla cassetta della posta e te la rigiravi in mano, per la trepidazione con cui aspettavi il momento giusto per aprirla. Per il contatto tattile della carta da lettera, per la decifrazione della calligrafia, per le cancellature e le pieghe del foglio, e anche per le cose non dette ma solo sussurrate in punta di penna.
RispondiEliminaPerchè mentre leggevi si creava una comunione d'intesa profonda col mittente.
Come potrei non essere d'accordo con te, Silvia! Grazie.
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