E’ bello poter pensare – per
un cilentano come me – che il grande scrittore americano Ernest Hemingway abbia
scritto uno dei suoi libri di maggiore successo, “Il vecchio e il mare”, ispirandosi
ad un luogo come Acciaroli, dove lui soggiornò per un po’ di tempo nella prima metà degli anni ‘50, attratto dalla bellezza del suo mare e conquistato dalla saggezza
dei suoi pescatori.
E’ da tempo che volevo leggere
questo libro per trovare, tra le sue pagine, qualche impronta che mi riconducesse
– per puro spirito campanilistico - a quel magnifico borgo marinaro, che mi
restituisse la prova su quanto è stato scritto intorno a questa vicenda
letteraria. E’ pur vero che a volte un luogo, proprio al fine di conquistare
una maggiore notorietà, provi a sfruttare in qualche maniera la fama del
personaggio che vi ha soggiornato, per un positivo ritorno di immagine. Ma io
credo che non sia il caso di Acciaroli in quanto la bella località della costa
cilentana, grazie soprattutto al suo mare ed alle sue politiche ambientali in
difesa del territorio, da oltre dieci anni si fregia della “Vela Blu”, il prestigioso riconoscimento di Legambiente. E quindi
non ha bisogno di tali suggestivi sostegni per farsi riconoscere ed apprezzare.
Anche se il ricordo di un ospite così illustre non si può cancellare e resta vivo
nella memoria del posto.
Pare - secondo la
testimonianza di chi ebbe l’occasione di conoscere Hemingway in quegli anni -
che quell’eccentrico americano trascorresse le sue giornate standosene seduto
di fronte al mare, con la sua immancabile bottiglia di whisky, scrivendo e chiacchierando
con i pescatori del luogo. Ed è proprio un vecchio pescatore il protagonista
principale del racconto “il vecchio e il mare”.
Si chiamava Santiago: un nome certamente inusuale per
il Cilento; ed era “un vecchio che
pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano
ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce”. Questo l’incipit
del libro che – ahimé – tende ad allontanarmi da Acciaroli, dal suo mare e
dalla sua gente. E un po’ mi disorienta. Ma io voglio credere – nonostante
tutto – che Hemingway si sia ispirato proprio ad un pescatore acciarolese
quando iniziò a scrivere il suo romanzo. E’ vero che l’ambientazione narrativa
mi porta in una realtà diversa, però mi rifiuto di pensare che lo scrittore
americano non sia stato suggestionato dalla esperienza di vita di quegli uomini
che lui incontrava tutti i giorni e con i quali si intratteneva in amichevoli
ed appassionate discussioni. E’ impossibile che non abbia afferrato - durante
le sue lunghe giornate trascorse in riva al mare - un gesto, uno sguardo, una
espressione di qualche vecchio pescatore cilentano intento a sbrogliare dai
nodi la sua rete, per forgiare poi la personalità di Santiago, il suo vecchio
uomo di mare, protagonista del suo romanzo.
La storia narrata è molto semplice, in linea con lo
stile letterario che presenta una scrittura scarna, essenziale, immediata come
la vita stessa di un qualsiasi uomo di mare. Santiago è un pescatore che da
circa tre mesi non riesce a catturare neanche un pesce. Un giorno, da solo (il
giovane aiutante lo ha lasciato), si avventura in alto mare; questa sua
decisione di tentare qualcosa di speciale viene premiata perché al suo amo
abbocca un enorme pescespada. Tra il vecchio e la sua preda – forse entrambi
uniti da uno stesso destino - inizia una dura lotta che si protrae per circa
tre giorni, durante i quali il gigantesco pescespada riesce a trascinare
l’imbarcazione verso il largo. Alla fine il vecchio, ferito alle mani a furia
di tirare la lenza ed ormai allo stremo delle forze, riuscirà a vincere la sua personale
battaglia sul mare ed a rientrare sano e salvo al porto. Ma il bottino si
rivelerà molto scarso, perché di quell’enorme pesce catturato non resterà che
la testa e la lisca: gli squali se l’erano completamente divorato lungo il
tragitto.
Emerge dal racconto,
su cui aleggia una lieve malinconia, l’eterno rapporto dell’uomo con la natura
e la sua millenaria lotta per la conservazione. Una lotta che nel libro appare sempre
entro i limiti della correttezza e della lealtà, che si può sintetizzare con
queste parole: “non hai ucciso il pesce soltanto per vivere e per venderlo come cibo – pensò Santiago - l'hai ucciso per orgoglio e perché sei un
pescatore. Gli volevi bene quand'era vivo e gli hai voluto bene dopo. Se gli si
vuol bene non è un peccato ucciderlo”. Una lezione di vita da tenere sempre
in mente che ci ricorda di rispettare l’animale in ogni occasione, anche quando
le naturali esigenze di sopravvivenza della nostra specie impongono la sua
inevitabile soppressione.
più della recensione del romanzo qui commuove la tua ostinata convinzione che l'ambientazione di quelle pagine sia proprio il Cilento, convinzione poco supportata dalla realtà (più verosimile che si tratti del mare di Cuba) ma sorretta da un attaccamento partigiano alla tua terra che non posso che condividere.
RispondiEliminaml
Mi hai fatto sorridere e ti ringrazio M. Si, è vero: sono convinto che Hemingway, dopo aver soggiornato ad Acciaroli – luogo di mare e di pescatori - abbia trasposto nel suo libro un granello di quella felice esperienza. :-) Ciao
Eliminaciao Remigio, tutto bene?
RispondiEliminaho avuto un periodo particolarmente impegnativo ma adesso ho di nuovo tempo da dedicare ai blogger amici
"il vecchio e il mare" è uno dei pochissimi libri che ho letto più volte, la prima ero ancora un ragazzo, forse facevo addirittura le medie, la tua recensione è semplicemente perfetta.
Grazie Tads. Si tutto bene e voglio augurarmi che sia così anche per te. Grazie per le tue belle parole. E' proprio vero: il "vecchio e il mare" è un libro che merita di essere letto e riletto, come tutti i grandi libri. Ciao
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