Posto, di seguito, un mio articolo apparso su http://www.lamandragola.org/
Chi percorre le
strade del Cilento – sia quella che costeggia il mare da Agropoli fino a Sapri,
passando per Pisciotta e Palinuro, sia le vie dell’entroterra che si inerpicano
da sud a nord-ovest e attraversano le colline che gravitano intorno al Monte
Stella e al fiume Alento, raggiungendo le località dei Monti Alburni fino alla
gola del fiume Calore – ha il piacere di ammirare, lungo tutto il percorso, una
distesa di bellissimi uliveti adagiati su dolci declivi che guardano verso il
mare. Sono gli stessi ulivi che avevano ispirato il grande poeta Giuseppe
Ungaretti, quando nel 1933, durante una sua visita nel territorio cilentano,
scriveva: “Ulivi, sempre ulivi! In mezzo sono ulivi, come pecore a frotta”.
Nessuno, meglio di un poeta, poteva esprimere un’immagine di tale forza
evocativa per rappresentare le caratteristiche di un territorio come quello del
Cilento.
La storia di
intere famiglie contadine è legata indissolubilmente a queste piante, molte
delle quali secolari, da cui hanno tratto il loro sostentamento, soprattutto
nei secoli passati, attraverso la produzione di un ottimo olio. Secondo la
leggenda, le prime piante di olivo furono introdotte nel Cilento dai Focesi
(popolazione proveniente dall’antica Grecia) che – come scrive Erodoto – furono
i primi ad intraprendere lunghi viaggi marittimi per sfuggire alla pressione
militare dei Persiani; durante la permanenza in questo territorio fondarono,
nella seconda metà del VI sec. A.C., l’antica polis Elea-Velia e vi piantarono
l’olivo.
Esistono molte
varietà autoctone di piante attualmente coltivate e tramandate da secoli, tra
cui si distinguono: il leccino, la frantoiana, la rotondella e la pisciottana,
le cui caratteristiche si sono ormai rivelate le più adatte alla coltura e
all’ambiente naturale circostante. Soprattutto le ultime due (la rotondella e
la pisciottana) essendo le più diffuse (si trovano maggiormente nel basso
Cilento, tra Agropoli e Sapri) potrebbero essere le varietà introdotte dai
Focesi nel VI sec. A.C., considerata anche la dimensione che presentano alcuni
esemplari. Ne viene estratto un olio extravergine di altissima qualità, dal
gusto delicato e fresco, la cui acidità è quasi sempre inferiore all’1%. Grazie
a queste sue proprietà organolettiche e in virtù di appropriate e controllate
fasi di lavorazione – raccolta (svolta a mano e con l’ausilio di mezzi
meccanici), trasporto e conservazione – a partire dal 1998 ha acquisito il
marchio “DOP Cilento” che ne certifica la qualità e ne garantisce la tutela. In
contemporanea, è stato costituito un Consorzio i cui produttori sono
rappresentativi della maggior parte dei Comuni del Parco Nazionale del Cilento,
Vallo di Diano e Alburni, con oltre 18 mila ettari di terreno dedicato a tale
produzione. Naturalmente l’olio del Cilento costituisce l’elemento basilare
della famosa dieta mediterranea. Va detto, al riguardo, che della bontà di tale
prodotto ne aveva diffusamente scritto, nel passato, un biologo e nutrizionista
americano, Ancel Keys, il quale – avendo appreso della bassa incidenza di
malattie cardiovascolari nel territorio campano – nel 1962 si trasferì a Pioppi
per studiare il fenomeno; giunse alla conclusione, dopo anni di studi, che la
sana alimentazione a base di legumi, di pasta, di pane fatto in casa e di
verdure – il tutto condito con l’olio locale – era il segreto della buona
salute di quella popolazione.
Confesso che
tra tutti gli alberi, quello a cui sono più affezionato è proprio l’olivo: sarà
per quel suo tronco contorto e scavato dagli anni che lo caratterizzano, tanto
che al solo guardarlo uno si chiede come possa stare in piedi; sarà per la sua
longevità (nel Cilento ne esistono tantissimi plurisecolari ); sarà per la sua
utilità o per quel senso di pace, di saggezza e di antica bellezza che ispira,
sta di fatto che quando mi trovo a passeggiare tra i miei ulivi, alcuni
secolari (ho ereditato un piccolo terreno in collina, nel Cilento), mi soffermo
sovente ad osservarli con commozione e ammirazione. E allora mi viene in mente
quello che scriveva Giuseppe Dessì, in un suo famoso romanzo ambientato nella
Sardegna dei primi anni del ‘900, “Paese d’ombre” a proposito di queste piante
secolari, che sembrano sfidare il tempo ovunque esse si trovino, in Sardegna o
nel Cilento:
“ erano simili
a enormi pachidermi, con il loro tronco colossale, sproporzionato e gibboso
(….) Il ragazzo camminava nell’oliveto silenzioso, e camminando contava gli
olivi. A vederli dalla strada, sembravano tutti uguali; ora invece, per la
prima volta, si accorgeva che erano diversi: avevano ognuno una fisionomia
particolare, come persone. Se guardi da lontano la gente che affolla una
piazza, o una processione che ti viene incontro, ti sembra che tutte le persone
siano uguali: se invece ci vai in mezzo ti accorgi che si assomigliano, ma
nella somiglianza sono diverse. Così era anche per quegli alberi di cui
percepiva il silenzio, non come si percepisce il silenzio delle cose, ma come
si percepisce il silenzio di persone che stanno zitte e pensano “. Parole di straordinaria bellezza.
Mi preme
sottolineare, a questo punto, che così come vengono tutelati i monumenti
storico-artistici del nostro territorio, analoga salvaguardia e valorizzazione
andrebbe riservata anche al paesaggio degli olivi del Cilento, alcuni dei
quali – grazie alla loro imponenza – rappresentano autentici monumenti
naturali. Non dimentichiamo che esiste anche una legge dello Stato che tutela
gli alberi monumentali: i Comuni dovrebbero censirli e catalogarli. E non credo
sia una cosa difficilissima da realizzare quella di individuare le piante
“monumentali” di olivo nel nostro territorio, visto che oggi sono disponibili
moderni e sofisticati mezzi di rilevamento e di tracciabilità. Quindi, tutelare
l’olivo del Cilento, vero simbolo naturale che caratterizza sia il paesaggio
che l’economia di questa terra, significa non solo proteggere il territorio dal
dissesto idrogeologico, ma anche preservare un patrimonio di notevole pregio
storico-naturalistico che ci è stato tramandato dalle generazioni precedenti.
Pensando ad un'immagine così evocativa tra ulivi, terra, cielo e mare, aggiungerei : "M'illumino d'immenso"
RispondiEliminaUn pensiero che non poteva essere più appropriato. Grazie
RispondiEliminaQuando hai citato il tronco contorto e la longevità dell'olivo, mi hai fatto venire in mente l'olivo che vidi nella Valle dei Templi, anch'esso decisamente contorto e la cui età stimata è di 500 anni. Ai suoi piedi è stato riservato un cartiglio che ne descrive le caratteristiche e la storia esattamente come i restanti monumenti presenti nella valle. E guardandolo anche io mi chiesi come poteva aver resistito per così tanti anni. Tra l'altro era bellissimo, con una chioma folta e sembrava in ottima salute. Confesso comunque che non sapevo vi fosse un olio DOP del Cilento (ma io non sono un'esperta); farò più attenzione durante i miei acquisti.
RispondiEliminaCiao :)
Grazie per queste notizie storiche. Per quanto riguarda l'olio del Cilento, ti posso assicurare che è buonissimo, ma non so se riuscirai mai a trovarlo dalle tue parti. E' l'occasione buona per farti un giro in questa terra così ospitale :-)
RispondiEliminaciao
Quante volte intravisti questi meravigliosi ulivi sulla strada che ci portava al campeggio di Marina di Camerota! Negli anni '70 ricordo una donna che con un asino percorreva la spiaggia tra i campeggiatori vendendo ortaggi, frutta, vino rosso e un olio con un indimenticabile profumo di menta. Grazie per aver risvegliato piacevoli ricordi.
RispondiEliminaGrazie a te per la visita. Un saluto
Elimina