Nella società dello spettacolo
in cui siamo immersi, la bellezza è diventata una sorta di obbligo sociale; mi
riferisco, in primis, alla bellezza di un corpo e poi a quell’altra bellezza,
molto più articolata e complessa, che si addice ai riti ed ai comportamenti
sociali. Ricordate quando un tempo si diceva che l’importante è essere belli
dentro? E’ un’ affermazione ormai desueta, perché l’uomo moderno, oggi, vuole
essere soprattutto bello fuori. E’ uno dei bisogni primari della nostra epoca:
essere desiderati. E ammirati. E come ben sappiamo si desidera ciò che è bello
non ciò che è brutto. In questa
direzione ormai spingono tutti i mezzi di informazione, in particolare la
televisione e la pubblicità quando celebrano l’efficientismo di un corpo sempre
giovane e attraente.
Il modello di bellezza vagheggiato
è quello che troviamo esposto nelle riviste patinate, è quello che si vede al
cinema e in televisione. Sono gli ideali di bellezza proposti dal mondo dei
consumi e del mercato. Ma per nostra fortuna i brutti esistono ancora. E godono
della mia solidarietà. D’altra parte è come andare allo stadio a vedere una
partita di calcio tra il Brasile e la Scafatese: io tiferei per quest’ultima.
Non si possono sostenere sempre i belli; diamo un po’ di sostegno morale a chi
ha avuto molto poco da madre natura. E in questo senso i brutti, senza aver
commesso alcuna colpa, hanno molto da rammaricarsi nei confronti di un destino
a loro avverso.
Io comunque non riesco ad
immaginarmi una persona brutta: è forse quella con dei lineamenti non perfetti?
col naso storto e senza denti? oppure quell’altra con la testa troppo grande e
le orecchie a sventola? La stessa definizione di “brutto” è stata nei secoli
passati ampiamente discussa da scrittori e filosofi, però non si è mai arrivati
ad una descrizione che andasse bene per tutte le situazioni. Se proprio devo
pensare ad un corpo sgraziato e disarmonico, allora vado a cercarlo in un
quadro di Picasso, il maggiore esponente di quel movimento pittorico chiamato “cubismo”,
il quale - rivoluzionando il modo di dipingere – rappresentò soggetti spigolosi, deformati,
mostruosi. Eppure quelle immagini, a dispetto dello la loro evidente deformità,
appaiono artisticamente belle e procurano un piacere simile a quello che può
destare un dipinto di Raffaello o di Caravaggio. Segno evidente, questo, che
nel brutto c’è sempre qualcosa di bello. Basta saperlo individuare. Oppure
basta guardare il mondo con occhi diversi e ciò che apparentemente sembra poco
attraente può diventare appetibile.
E’ chiaro, però, che alla
bruttezza non ci si rassegna e si fa di tutto per nasconderla: magari dietro
l’intelligenza, un buon carattere, la simpatia, l’ironia: si cerca, in altre
parole, di sopperire ad una mancanza estetica con una qualità morale, di
conquistare gli altri perfino con una diversa abilità piuttosto che con il
fascino di un bel viso. C’è da dire che mentre per gli uomini questo espediente
può funzionare e risultare vincente, non altrettanto può dirsi per le donne. Infatti
un uomo può essere anche la brutta copia di un Adone, ma se dotato di una colta
intelligenza, risulta (agli occhi di una donna) quasi sempre interessante e
affascinante; al contrario una donna (agli occhi di un uomo), seppure
ugualmente intelligente, è improbabile che possa suscitare attrattiva se non rispetta
determinati canoni estetici. Il suo incanto – secondo un pregiudizio difficile
a morire - scaturisce solo dalla sua bellezza fisica. Si vuole la donna bella e
oca, forse perché quella bella e intelligente suscita paura e soggezione.
E’ innegabile, però, che anche
la bruttezza abbia un suo potere di seduzione e di persuasione, almeno in
letteratura. Pensiamo, per esempio, alla bruttezza di “Fosca”, il personaggio
femminile dell’omonimo romanzo di Igino Ugo Tarchetti: “tutta la sua orribilità
era nel suo viso”. Tuttavia questa donna, grazie alla sua intelligenza
superiore, riuscirà a conquistare il suo uomo perché era capace di illudere, con
una tale forza passionale, da far dimenticare la sua “orribilità”. Ci troviamo
nell’Ottocento: oggi, probabilmente, un intervento di chirurgia estetica avrebbe
posto fine alla sua bruttezza.