Sappiamo bene che la libertà di
una persona si fonda, tra l’altro, sul bisogno di poter esprimere liberamente
il proprio pensiero sia verbalmente che attraverso la parola scritta. E la
parola scritta può essere intesa anche come una semplice lettera, vergata
a penna come si faceva una volta, o con strumenti più sofisticati come facciamo
oggi.
Sono convinto che quando la
parola, da timbro vocale diventa segno nella scrittura, acquista una sua
particolare armonia e ci racconta di come siamo o vorremmo essere. Attraverso
la scrittura liberiamo verso l’esterno i nostri sentimenti; la parola scritta è
lo strumento che promuove....emoziona...commuove.....ci distingue o ci
uniforma. E’ l’espressione della nostra appartenenza a una determinata epoca; è
un modo per scaricare la nostra rabbia e per manifestare la nostra gioia.
A mio parere certi pensieri,
riportati sulla carta, acquistano un sapore particolare, un modo diverso di
ascolto, perché quando si scrive siamo molto più attenti a studiare le parole,
a limarle, a trovare quelle che meglio si adattano alla discussione ed alla
comprensione. La comunicazione verbale è più immediata, quella invece che
avviene attraverso una lettera è più meditata, più elaborata, permette di
leggere tra le righe anche ciò che non viene detto esplicitamente e ci consente
anche di verificare le capacità letterarie e di scrittura di ognuno di noi.
Mi viene da dire che quando
comunichiamo verbalmente siamo un po’ “stupidi”, quando invece scriviamo, ci
sforziamo di essere più intelligenti.
Qualche giorno fa “Il Fatto
Quotidiano” ha pubblicato un’inchiesta sulla lentezza delle Poste nel
recapitare lettere e cartoline, che arrivano a destinazione con ritardi
biblici, ammesso che arrivino. Roba che se scrivi un messaggio d’amore –
scriveva ironicamente Ferruccio Sansa – quando viene consegnato la destinataria
è già nonna.
Ma oggi abbiamo internet e, in
quest’epoca super tecnologica, nell’era delle e-mail, della telefonia fissa e
mobile – mi chiedo - chi possa mai scrivere lettere d’amore, o semplici missive
a parenti o amici lontani, come venivano scritte una volta.
Non esiste più quel tempo di
attesa, con tutto il carico di emozioni che comportava, tra il momento in cui
si scriveva la lettera ed il momento successivo in cui si riceveva la risposta;
che era pur sempre un momento di piacere. Oggi è tutto più veloce. Non si ha il
tempo di pensare, perché nel momento in cui tu stai riflettendo, gli altri
vogliono già la risposta. Tutto deve accadere prima ancora
che le cose succedano. E’ come rinunciare alla vigilia e saltare immediatamente
alla festa. Come può un uomo oggi pensare di opporsi a Internet! la nostra
società è sempre meno legata da rapporti personali, diretti, fisici e sempre
più da connessioni telematiche e virtuali.
La lettera, quale originario
strumento di comunicazione, era un oggetto che si poteva toccare, che si poteva
stringere fra le mani, che era possibile scorrere con gli occhi per cogliervi
non solo il suono e il senso delle parole, ma anche la personalità e
perfino lo stato d’animo di colui che scriveva; oggetto che si conservava e si
rileggeva a distanza di tempo, ogni volta rinnovando sentimenti ed evocando
ricordi. Le parole volano, soprattutto
quelle dette al telefono in maniera distratta, o nelle conversazioni; le parole
scritte, invece, sono sempre lì, a portata di mano e dietro ad esse il volto e
il carattere di chi le ha scritte. La lettera era pensata, meditata, un messaggio
da leggere e rileggere nelle ore di dolce malinconia. Oggi non ci si scrive più
come nel passato, si preferisce comunicare i propri sentimenti con altri mezzi
più veloci. C’è forse qualcuno che si
azzarderebbe a scrivere una lettera d’amore?
Nel passato venivano scritti
epistolari famosi, di alto valore letterario, seducenti lettere tra innamorati.
Mi viene in mente una struggente lettera di D’annunzio che rivolgendosi a
Barbara Leoni, una sua amante, le diceva: “Ieri,
dopo che ti scrissi, andai ai giardini, solo, per parlarti senza interruzione.
Rimasi là fino a sera. Tutti i miei pensieri vennero a te. Era un tramonto
quasi tragico, oscurato da densi fumi. Tu sola sei la vita della mia vita. Nel
silenzio solenne la mia anima grida il tuo nome disperatamente”.
D’accordo, non tutti sanno
scrivere come D’Annunzio. Però, chi mai avrebbe oggi il coraggio di rivolgersi all’innamorata
in tal modo?
E come non ricordare il
bellissimo carteggio tenuto tra la poetessa Sibilla Aleramo
e lo scrittore Dino Campana. In una sua lettera del 1916 la bellissima Sibilla
scriveva così al suo amato: “Possa tu
riposare mentre io ardo così nel pensiero di te e non trovo più il sonno, e
sono felice”.
Andando più indietro nel tempo, mi
viene in mente la storia dell’amore appassionato e travolgente tra Abelardo ed
Eloisa che utilizzarono la pagina scritta per le loro prime esperienze amorose.
E così, rivolgendosi ad Eloisa, il monaco Abelardo scriveva: ”....pensavo anche che se pure fossimo stati
lontano avremmo potuto scriverci e che anzi molte cose avremmo osato più
facilmente scriverle che dirle, e così saremmo stati sempre vicini attraverso
questo dolce modo di conversare..” Sapevano stare vicini, scrivendosi.
Quindi la scrittura che univa e accorciava le distanze. La scrittura che
permetteva di dire cose ardite, senza arrossire.
Si potrebbe continuare. Ma, per
finire, mi piace andare con il pensiero a quella singolare corrispondenza che
noi adolescenti tenevamo tra i banchi di scuola con le nostre compagne, con
quello scambio di bigliettini teneri nascosti fra le pagine dei libri. Mi
ricordo che uno di quei bigliettini fu sequestrato ad un mio amico dal
professore: l’aveva inviato ad una ragazzina di cui si era innamorato. C’era
scritto semplicemente : Ti voglio bene. Era, quello, uno scambio di SMS
cartacei, antesignani di quelli che vengono trasmessi con i telefonini, con la
differenza che oggi nessuno si sognerebbe di scrivere per intero quelle tre
parole: ti voglio bene. Tutt’al più scriverebbero TVB, in linea con quel
pensiero disarticolato, sintetico, freddo, poco profondo che va tanto di moda
di questi tempi.
Io ho una scatola bella grande dove sono conservate lettere, scritti, cartoline. Dalle letterine scritte a Babbo Natale (quelle con i brillantini), alle languide parole dei miei 15 anni quando ti innamoravi di quello che vedevi sul bus, alle lettere d'amore, a ... insomma di tutto. Credo che sia bellissimo poter possedere quella scatola. Lo è per me quando la apro e mi si scalda il cuore nel rileggermi bambina o adolescente, ma lo sarà un giorno per mio figlio che avrà un ricordo della sua mamma in tutto il percorso della mia vita e son convinta che nel rileggermi gli spunterà un sorriso.
RispondiEliminaMa chi vive di SMS e mail come potrà avere tutto questo ? E soprattutto che emozione proverà a rileggere TVB ??
Ciao :). Marilena
Cara Marilena....così iniziavano le lettere di una volta. Ma oggi nessuno più le scrive, almeno come si scrivevano ai miei tempi. Ma per fortuna hanno inventato la mail...ci consoliamo con quella. Tu possiedi un tesoro: quella scatola bella grande che custodisce le tue lettere...il tuo passato.
Eliminaciao