Molti
paesi del Cilento – pur presentando un patrimonio artistico-architettonico di
notevole pregio – non riescono ad esprimere una politica culturale degna di
questo nome, essendo privi di iniziative e progetti volti a valorizzare le
ricchezze storiche che si ritrovano. Spesso, non sanno andare oltre le
immancabili sagre enogastronomiche estive, concentrate su degustazioni di
prodotti tipici del territorio, inserite all’interno di pseudo percorsi
storico-culturali.
Devo
dire che non sono un assiduo frequentatore di queste feste mangerecce
all’aperto, non seguo sempre la sagra delle zeppole né quella delle melanzane
“mbuttunate” (di cui sono comunque ghiotto). Auspicherei che il richiamo a
visitare un determinato paese fosse rivolto, qualche volta, all’aspetto
culturale e non necessariamente a quello culinario, camuffato da percorso
culturale. Sia ben chiaro che le eccezioni non mancano. Esistono sul territorio
cilentano importanti appuntamenti culturali, ormai consolidati, che
rappresentano un ottimo volano per il rilancio del turismo e della
cultura in tutto il circondario.
Sappiamo
bene che il Cilento è costituito da oltre cento piccoli e medi comuni, ognuno
dei quali annovera tra i propri tesori, palazzi nobiliari e antiche dimore
caratterizzanti epoche anche diverse – per lo più di proprietà privata – che
versano in cattive condizioni e non sono aperti al pubblico. Sarebbero,
inoltre, necessari programmi di intervento molto intensi finalizzati al
recupero dei centri storici attraverso un appropriato arredo urbano ed una
migliore ottimizzazione degli spazi pubblici.
Non
dobbiamo dimenticare che il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano è
patrimonio dell’Unesco per le sue bellezze naturali, ma anche per i suoi beni
architettonici incastonati all’interno del suo meraviglioso scenario naturale.
Pertanto, chi di dovere – in primis le amministrazioni locali – dovrà
adoperarsi affinché il territorio venga adeguatamente protetto e non esca,
quindi, dall’elenco dei siti mondiali tutelati.
Vorrei
dire – senza fare alcuna polemica, ma solo per attirare l’attenzione su un
problema molto importante – che chi amministra la “cosa pubblica” non dovrebbe
mostrare indifferenza nei confronti di quegli edifici storici, che spesso
caratterizzano il luogo, adducendo come scusa (almeno così credo) il fatto che
gli stessi edifici siano di proprietà privata. Insomma non si può continuare a
sfruttare l’immagine di un palazzo o di un castello, simboli del paese, e poi
dimenticarsene; non si può catturare l’attenzione del visitatore con quella
bella foto riportata su tutti i depliant, e poi deluderlo, senza dargli la
possibilità di approfondire quella conoscenza storica.
L’obiezione
che si fa è nota: ma quelle sono strutture private, a volte completamente
chiuse e abbandonate da anni dagli stessi proprietari; quindi come si può mai
pensare di poterle utilizzare per scopi pubblici e culturali?
Detta
così la cosa sembrerebbe ineccepibile.Però bisogna sforzarsi…prendere iniziative…non lasciarsi vincere dalle iniziali difficoltà; mi piacerebbe immaginare una maggiore collaborazione tra i Comuni interessati e i proprietari dei beni finalizzata al recupero di antiche dimore, veri scrigni della memoria storica dei luoghi di appartenenza.
Elevare
culturalmente un paese significa, essenzialmente, far maturare in ogni suo
abitante consapevolezza e sensibilità, affinché possa comprendere e apprezzare
la bellezza del patrimonio che gli appartiene. E gli antichi palazzi signorili
di cui sono costellati tutti i paesi del Cilento – per quanto siano di
proprietà privata – appartengono idealmente anche ai cittadini tutti. Vorrei
che i Cilentani potessero andare fieri dei loro austeri palazzi che dominano le
colline su cui sorgono, a testimonianza dei fasti di un antico e nobile
passato.
Non
so bene quali e quanti complessi architettonici, ricadenti nei vari Comuni del
Cilento, siano assoggettati al controllo della Soprintendenza dei beni
artistici della provincia di Salerno e, quindi, alla sua tutela e alla sua
valorizzazione. Io mi auguro che il supremo organo ministeriale vigili ed
impedisca che tale patrimonio possa degradarsi definitivamente nella sua
struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale.
Perché
oggi, la prima impressione che un visitatore ne trae – osservando queste
residenze che hanno ospitato nel passato marchesi e baroni, signori del
territorio (sappiamo bene che ogni borgo ha il suo palazzo storico) – è quella
del degrado e dell’incuria: basterebbe, per renderli accettabili almeno
esternamente e far risaltare così quell’aura di nobiltà, che venissero liberati
dai rovi e dalle sterpaglie da cui sono spesso avviluppati; acquisterebbero una
immediata dignità, a prescindere da una loro eventuale futura fruibilità. E
sarebbe il primo significativo passo verso la conservazione
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