Ci sono due personaggi della
letteratura che godono della mia simpatia: uno è “Oblomov”, dell’omonimo
romanzo dello scrittore russo Goncarov, l’altro è lo scrivano “Bartleby” dello
scrittore statunitense Herman Melville.
Oblomov è il rappresentante
universale di quella pigrizia assoluta e indomabile, di quel comportamento
ozioso e indolente che prende il nome di “oblomovismo”. Questo amante della
vita comoda vive di rendita in una
tenuta di campagna, tra servi, contadini e amministratori dei suoi beni,
standosene sdraiato in poltrona tutto il
giorno ad aspettare che il tempo passi. Inutilmente viene incalzato dai suoi
collaboratori affinché faccia qualcosa e si liberi dalla sua inguaribile
indolenza. Ma non c’è nulla da fare, perché il nostro eroe preferisce “il dolce
far niente” a qualsiasi altra attività. E' felice così.
Bartleby, invece, è uno strano
scrivano alle dipendenze di un avvocato, uscito dalla penna di Herman Melville,
che apparentemente sembra un instancabile lavoratore, sempre chino sui suoi documenti
in assoluto silenzio; guai, però, a chiedergli qualcosa, perché risponde sempre
con la solita frase, come un ritornello: “preferisco di no”. Non esce altro
dalla sua bocca.
Questi due personaggi, seppure nella loro diversità, sono i
degni rappresentanti di una visione del mondo che non coincide affatto con
quella che ci troviamo a vivere attualmente, caratterizzata dalla velocità, dalla
massificazione dei comportamenti, dall’ iperattivismo sul lavoro e dalla
frenesia. Sono il riflesso di una filosofia di vita che da una parte ci invita
a non avere fretta e a dare spazio alla riflessione e dall’altra a ribellarci alla
sopraffazione. Oblomov è l’eroe dell’ozio, dell’attesa, del “meglio aspettare”;
Bartleby incarna, invece, il paladino della disubbidienza civile, colui che
combatte il potere coercitivo dominante, che rompe l’equilibrio consolidato
dalle regole e dalle abitudini. Entrambi, con il loro atteggiamento controcorrente,
sfidano il mondo circostante: il primo con la sua oziosità, il secondo con il
suo diniego.
Non ci spiega però perché le sono simpatici i due; il primo presumibilmente perché lei si autodefinisce un "irriducibile ozioso", e il secondo?
RispondiEliminaE in entrambi vedo il carattere attuale dei cilentani.
...perché il secondo, come ho scritto, combatte il potere coercitivo, sa dire di no; e quest'atteggiamento un po' mi piace. Per quanto riguarda il carattere dei cilentani, occorrerebbe scrivere un post a parte....
Eliminagrazie per la lettura