venerdì 3 ottobre 2025

Quel "tuffo" che ci spaventa

 


Viviamo in una società che si rifiuta di affrontare il tema della morte, una società che ha impostato la propria organizzazione immaginando che non esista o che non abbia alcun legame con la vita. Ma, come diceva Michel de Montaigne, “nascendo moriamo e la fine comincia dall’inizio”.

Forse mai come adesso il pensiero della morte ci spaventa; abbiamo il terrore di quel “tuffo” - raffigurato su quella celebre lastra funeraria del V secolo a.c. conservata nel Museo di Paestum - che per gli antichi Greci simboleggiava il salto metaforico dal mondo dei vivi a quello dei morti. Abbiamo paura di interrogarci sulla morte e facciamo di tutto per allontanarla dai nostri pensieri. Ma se da un lato c’è questo maldestro tentativo di rimuoverla dalle nostre esistenze, dall’altro la morte irrompe quotidianamente sugli  schermi televisivi, entra nelle case come un vero e proprio spettacolo e viene mostrata nelle sue varie ed innumerevoli  rappresentazioni. E’ la spettacolarizzazione della morte degli altri che ci attrae in maniera morbosa. Una morte causata – il più delle volte - da tragedie familiari o naturali e poi da guerre o carestie, il cui drammatico evento pur generando dispiacere, ci sfiora ma non ci tocca, lo viviamo con dolore, a volte con indifferenza, ma ne usciamo affrancati perché la morte appartiene sempre agli altri. E basta questo a tranquillizzarci.

E succede che per scacciare queste nostre antiche paure, per rendere più sopportabile la vita, cerchiamo sempre di esorcizzarla, la morte: a volte con l’indifferenza, a volte con la fede, a volte con la superstizione. E da un po’ di tempo a questa parte anche con lo spettacolo televisivo della morte che comprende l’appaluso al morto. Tentiamo, inoltre, di tenere a bada anche la vecchiaia attraverso rimedi fittizi sempre più sofisticati: interventi di chirurgia estetica, attività sportive, diete salutari e dimagranti, atteggiamenti  giovanili. Ci illudiamo, così, di poter sconfiggere la morte. Una immorale fantasia di onnipotenza su cui dovremmo stendere un velo pietoso, perché la morte altro non è che l’inevitabile conclusione della vita.