Vivere in una grande città è
trascorrere gran parte della propria vita immersi nella bruttezza, nel degrado
dello spazio urbano. Faccio questa amara riflessione mentre percorro una strada
del quartiere in cui abito, a sud-est di Roma. Una strada come tante, dove la
bellezza - che ha plasmato la città eterna nel corso dei secoli - qui non è mai
arrivata. Tra smog, incessanti rumori di fondo, traffico nevrotico, cumuli di rifiuti,
marciapiedi maleodoranti, manifesti pubblicitari che ricoprono qualsiasi
spazio, muri e saracinesche di negozi imbrattati di scritte, palazzoni simili
ad alveari che sembrano respingere più che ospitare: una scenografia urbana,
questa, che non evoca alcuna idea di bellezza. E non stimola affatto il buon
umore.
Sono appena ritornato con il
treno dal mio paesello, nel Cilento. L’impatto con la vita frenetica della
Capitale, a cominciare dal caos della stazione Termini che per prima mi
accoglie, appare sempre più traumatico. Mi viene da pensare che a volte
sembriamo divisi tra l’impulso a ignorare le nostre sensazioni - diventando
indifferenti e anestetizzati all’ambiente circostante - e il sentimento opposto
che ci fa soffrire e riconoscere che il nostro carattere è legato intimamente
al luogo in cui viviamo abitualmente. Un posto ameno e seducente, una bella
architettura residenziale, una strada pulita, un parco pubblico non dico che sono
garanti di felicità ma hanno, certamente, la capacità di migliorare lo stato
d’animo delle persone che li abitano.
Capita, poi, di ritrovarci in un
delizioso e antico paesino arroccato sulla collina che guarda verso il mare.
Apriamo la finestra della casetta costruita in pietra dove ci siamo
momentaneamente rifugiati, e veniamo assorbiti dal magnifico panorama che ci si
presenta davanti: la bella vigna giù nella vallata, la distesa di ulivi
secolari, qua e là alberi di querce e di lecci e di fichi, le rovine di un
vecchio castello in lontananza, casupole di contadini a punteggiare il
territorio circostante, il mare all’orizzonte…e il tutto sotto un cielo azzurro,
limpido e profumato. Respiriamo a pieni polmoni quell’aria salubre e ci
sentiamo felici. Nessun rumore di macchine, nessuno che farnetica ad alta voce con
un cellulare, assenza di graffiti sui muri: solo silenzio, pace, tranquillità,
armonia naturale. Insomma, un piccolo angolo di mondo che non conosce la
bruttezza metropolitana e le miserie umane. Solo quando ci troviamo di fronte
alla bellezza della natura ci rendiamo conto di quanta bruttezza ci sia nella
nostra vita. Ci riempiamo gli occhi e il cuore con quel panorama non violentato
dall’intervento scriteriato dell’uomo, mentre il pensiero va al nostro
appartamento in città, con vista non sulla Fontana di Trevi o su Piazza di
Spagna ma sulla facciata scrostata di un palazzo simile al nostro, e su quella sterminata
distesa di lamiere, il nostro doloroso paesaggio quotidiano.
Ma perché ci siamo allontanati
così tanto da certi fondamentali valori dell’esistenza? Perché scegliamo di
vivere in agglomerati urbani superaffollati e sempre più invivibili? Come
abbiamo potuto rinunciare a ciò che più conta nella vita, in primis, a quel
rapporto virtuoso e salutare con la natura? Se esiste davvero la bellezza da
ammirare e da godere tutti i giorni, allora la si deve cercare non in un museo
o in un’antica cattedrale, ma proprio in uno dei tanti borghi del nostro Paese
dove il paesaggio naturale - cancellato dentro di noi dalla modernità e fuori
di noi dal cemento – si estende sereno dinanzi a noi; dove la lentezza è ancora
un valore; dove un muretto a secco diventa la nostra cattedrale; dove ci si può
ripulire la mente e l’anima dalle brutture quotidiane e abbandonarsi anche
all’assenza di un pensiero; dove finalmente ci si può svestire delle nostre discutibili
ed omologate impalcature metropolitane.
Sei un appassionato cantore del paese come luogo in cui vivere.
RispondiEliminaFra.
Sono nato in un paese dal quale sono andato via, tanti anni fa, per motivi di lavoro: ma ci ritorno sempre. Amo i paesi, le piccole localtà di provincia dove esiste ancora una vita a misura d'uomo. Roma, come tutte le grandi metropoli, è una città che va peggiorando di anno in anno sotto tutti i punti di vista. Viverci è faticoso e non basta il Colosseo o Piazza di Spagna a rendere più accettabili e vivibili i suoi quartieri, centrali o periferici che siano, dove si svolge la vita quotidiana dei suoi abitanti. Certo, se poi sei indifferente a tutto, assuefatto a qualsiasi bruttura e non vedi, o fai finta di non vedere, ciò che ti circonda, forse vivi anche bene. E quindi il problema non si pone.
EliminaSaluti
l'ideale, raramente realizzabile, sarebbe vivere in piccoli paesi di campagna e fare solo puntate mordiefuggi in città, cogliere il bello che ogni nostra città ha ed evitare le sue brutture. Ma ci sono vincoli di vita e di lavoro che ostacolano questa che per i più è quasi un'utopia.
RispondiEliminaml
Ciao Carlo. E' proprio così. Devo comunque dirti che da giovane la città la vivevo in maniera diversa: tante cose nemmeno le osservavo. Con la vecchiaia, evidentemente, o sono peggiorato io, per cui non tollero più che lungo un marciapiede ci siano cicche di sigarette o rivoli di urina dei cani, oppure è peggiorata la città. Comunque sia, meglio i piccoli paesi immersi nella natura. Poi, per cogliere il bello della città, prendi la macchina o il treno e vai...e te ne scappi subito dopo :)
EliminaUn caro saluto
Quando leggo questo genere di scritti non posso non notare il magnifico parallelismo con gli scritti del paesologo Arminio. È evidente quanto vi accomuna il senso spirituale,ed io dal mio piccolo non posso che sentire questa strana forza del come son vere le vostre parole!
RispondiEliminaGrazie
“Sono nato e vivo in un piccolo paese e di conseguenza sono legato ad esso da un rapporto di fedeltà. Fare il paesologo significa proprio questo: avere un legame con il paese che si tramuta nell’avere una forma di attenzione a luoghi che spesso non ricevono attenzioni. Spesso i paesi si svuotano, se ne vanno tutti. Quando arrivi in un paese devi sederti da qualche parte e stare zitto. Nessuna foga di parlare. Aspettare che il silenzio ti porti qualche dono. Se hai fretta, in un paese non avrai fortuna”
Elimina(Franco Arminio)
Grazie a te.