Cerca nel blog

domenica 8 marzo 2020

Il disagio esistenziale: da Camus a Bassani



Considero Giorgio Bassani uno dei nostri più grandi scrittori del Novecento. Tutti i suoi romanzi, tra cui “Il giardino dei Finzi Contini” – il più famoso - sono ambientati nella sua Ferrara, la città in cui trascorse l’infanzia e l’adolescenza, e raccontano le sorti della ricca borghesia ebraica della città estense (di cui egli stesso faceva parte) durante il regime fascista. Ho letto in questi giorni “L’airone” – il romanzo che si aggiudicò il Premio Campiello nel 1969 – e devo dire che sono rimasto particolarmente colpito dal suo disincantato protagonista - l’avvocato Edgardo Limentani – che simbolizza il profondo malessere esistenziale dell’uomo, tematica al centro della narrativa dello scrittore ferrarese. E mentre leggevo, mi sono ricordato di un altro personaggio della letteratura così somigliante all’avvocato Limentani: quel Meursault incontrato tra le pagine del romanzo di Albert Camus “Lo straniero”. Costui è un modesto e oscuro impiegato che vive ad Algeri il quale si fa arrestare e processare senza battere ciglio, dopo aver ammazzato per futili motivi un arabo che nemmeno conosce. Il personaggio di Bassani, invece, è un ricco proprietario terriero che in una nebbiosa e fredda domenica del 1947 (la storia è tutta incentrata nell’arco di questa giornata) decide di riprendere una sua antica passione abbandonata da tempo: la “caccia in botte” nelle valli della bassa ferrarese. Sebbene le vicende narrate nei due romanzi sopra menzionati siano molto diverse, entrambi i protagonisti sono accomunati dallo stesso disagio esistenziale, e vivono nella più completa apatia verso se stessi e il mondo che li circonda, trascinandosi in uno stato di indifferenza, di pigrizia, di solitudine e di estraneità. L’atmosfera che si respira nei due libri messi a confronto – raccontati attraverso il monologo interiore del protagonista – è mesta e rassegnata. Sia Meursault che Limentani, animati quasi da una tensione surreale, sembrano accettare passivamente gli eventi che accadono; sembra quasi che i fatti e le persone che hanno a che fare con loro li allontanino sempre di più dalla realtà delle cose.

Seguiamo passo dopo passo il protagonista del romanzo di Bassani – dall’istante in cui si sveglia ed esce di casa fino al suo rientro a tarda sera - nel suo lento itinerario alla guida della sua vecchia Aprilia, tra le valli nebbiose ed incerte della bassa padana. I suoi tempi, le sue azioni, i suoi movimenti sono descritti in maniera meticolosa e scanditi ossessivamente dal suo orologio. In questa lunga ed estenuante giornata l’avv. Limentani non fa altro che delirare; sembra che non ci sia più niente che non lo irriti, che non lo ferisca, che non lo disgusti: la caccia, il freddo, il pranzo in una bettola gestita da un fascista, l’incontro con un cugino che non vedeva da tempo, i paesi avvolti nella nebbia.

“Come erano tranquilli e beati gli altri, tutti gli altri – pensava – come erano bravi a godersi la vita”. Lui invece era disgustato di se stesso e e della propria esistenza. E tutto sembrava mescolarsi e confondersi, perfino il tempo, quello dei minuti e delle ore, pareva non contasse più nulla. E allora “dopo aver deciso quello che aveva deciso” di fare una volta ritornato a casa - dove lo aspettava una moglie che “sapeva recitare con compunzione la sua parte di dama della più eletta società cittadina”, mentre lui ancora non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto sposarla – finisce per identificarsi in un airone imbalsamato, osservato al di là della vetrina di una bottega di un impagliatore di uccelli. E di fronte a quelle bestie “magnifiche tutte nella loro morte, più vive che se fossero vive”, si sente finalmente felice tanto da comprendere quanto fosse “stupida, ridicola, grottesca , la vita, la famosa vita, a guardarla dall’interno di una vetrina di imbalsamatore. E come ci si sentiva bene, immediatamente, al solo pensiero di piantarla con tutto quel monotono su e giù di mangiare e defecare, di bere e orinare, di dormire e vegliare, di andare in giro e stare, in cui la vita consisteva! Per la prima volta, forse, da quando era al mondo, gli capitava di pensare ai morti senza paura”.

A lettura ultimata, che ti lascia addosso una indicibile mestizia, viene spontaneo domandarsi: può considerarsi bello da leggere un libro che racconta un dramma esistenziale? Per me la risposta è si, quando l’autore, attraverso una narrazione struggente e malinconica - e le pagine conclusive del romanzo (che da sole valgono la lettura) ne sono la testimonianza – riesce ad esprimere sensibilità e capacità espressiva che lasciano un segno indelebile nell’animo del lettore.

6 commenti:

  1. rispondo, anch'io come te, sì alla domanda che poni: qualunque dramma, disagio, infelicità tratti un romanzo scritto e strutturato bene, il libro sarà senza dubbio un bel libro.
    mi attira molto questo romanzo di Bassani, me lo segno anche se temo che non sarà facile trovarlo
    massimolegnani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo libro è stato ristampato più volte; credo che non avrai difficoltà a trovarlo. Buona lettura :)

      Elimina
  2. Mi chiedevo come stessi Pino ,spero che non sei rimasto intrappolato dentro la città ...mai come adesso la campagna e gli ulivi sarebbero il posto migliore in cui stare ...quella casa tanto agognata .

    Brutta storia vero ?Qualche post fa si parlava della "folla" e della corsa all'invenzione di un nuovo vaccino per debellare la nuova malattia ,ma questa volta la "malattia" si sta portando tantissime anime ...Se esiste l'immunizzazione di tale virus per chi ne è gia stato contagiato
    forse più che vaccino bisogna adoperarsi al volontariato di turno ,per sostituire in modo più veloce o affiancare chi cerca di salvare e chi cerca di essere salvato!...brutta storia e chissà se tu non ti stia adoperando con un post che tratti l'argomento...è anche un modo per sentirsi uniti chissà!

    Spero stiate bene tu e la tua famiglia...


    L.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si sto bene e grazie di cuore per le tue parole. E' proprio così - mia cara Linda - sono rimasto intrappolato dentro la città che, in una situazione estrema come questa (e chi mai se l’aspettava!) si è trasformata in una sorta di prigione. Certo, al paese, in campagna tra gli ulivi – anche se pure lì il problema sussiste e non va sottovalutato – avrei potuto usufruire di altri spazi. Però io sono rispettoso delle regole, della salute mia e degli altri, e me ne sto chiuso in casa: esco solo per fare la spesa, come tutti, aspettando che questo momento così terribile passi quanto prima. Parlavi della folla e di quel mio post precedente che trattava proprio di questo argomento: ecco, mai come in queste ore che stiamo vivendo, dobbiamo cercare di evitarla, la folla. Per il bene di tutti. No, non vorrei parlare del coronavirus (il mio prossimo post lo sfiorerà soltanto) per non aggiungere altre parole ai fiumi di parole che ormai scorrono senza tregua in questi giorni di attesa, di allarmi e di paure. Vorrei aggiungere solo una cosa: la situazione di grave emergenza che stiamo vivendo ci ha fatto scoprire – per la prima volta – la nostra estrema fragilità, minando il nostro equilibrio e le nostre certezze. Costretti a rimanere chiusi in casa e impossibilitati a svolgere le nostre abituali, quotidiane occupazioni (scuola, lavoro, divertimenti, ecc.), ci siamo trovati a dover gestire lunghe ore di ozio a cui non eravamo preparati. La tecnologia, oggi, con tutti suoi innumerevoli strumenti informatici – in primis il cellulare - invece di liberarci, ci rende sempre più schiavi e occupati. E allora, quando il tempo a nostra disposizione si allarga a dismisura – come in questa situazione - e non possiamo più utilizzarlo come vorremmo, ci assale inesorabile la noia e la disperazione. Sarebbe una buona cosa se la scuola, la società con le sue istituzioni, potessero intervenire con ogni mezzo per educare e raffinare il comportamento di ognuno di noi, e soprattutto quello delle nuove generazioni, affinchè, in un prossimo futuro, si possa sfruttare con intelligenza e buon senso il tempo a nostra disposizione. Si, proprio quel tempo che è diventato un valore economico, una merce che ha un prezzo altissimo: e qualcuno vorrebbe rubarcelo. Ciao e buona serata

      Elimina
  3. Vorrei aggiungere solo una cosa: la situazione di grave emergenza che stiamo vivendo ci ha fatto scoprire – per la prima volta – la nostra estrema fragilità, minando il nostro equilibrio e le nostre certezze."

    Verissimo ci siamo un po ritrovati a scoprire qualcosa in poco tempo come se vivessimo nelle pagine scritte di un libro , tanto per collegarci nella descrizione del tuo post ...una situazione che accade nell'arco della giornata ...e una situazione precipitata in pochi giorni ,senza averne il controllo o impedirne la causa.

    Si vive un evento surreale ed è un atto anche di manifestazione tra capacità ed incapacità di trarne un senso spirituale,come intento di donare all'umanità una possibilità' di scelta
    se rimanere "aironi imbalsamati o migratori" ...attivi o passivi ... impediti fuori dai loro confini. Adesso con tutta la gravità della situazione bisogna sottoporsi anche ad un certo tipo di ascolto interiore un po forzato ...e il mio sentire mi fa avvertire la paura di chi non si è mai trovato davvero solo con se stesso e di non poter o saper accettare quel "vuoto interiore,imbalsamato" e colmato dai rumori e dalle routine da tutto quel che era un esistenza fuori da se stessi!

    Forse sulla tecnologia si avrà una nuova consapevolezza che magari può portare ad un più corretto uso e non abuso della stessa !Come se da questa situazione di disagio e sconforto ognuno deve fare la sua parte e in un certo senso la natura delle cose e delle persone avrà la sua forma di riscatto ...Credo sia il momento in cui esce la vera nostra essenza in bene e in male ...ma di certo porterà ad una nuova forma di consapevolezza !

    Ho brividi a pensare quante persone in pochi giorni sono venute a mancare ,perdonami ma approfitto come da altre parti di questo tuo spazio, esprimendo un pensiero di solidarietà ai loro cari ...avrà di certo un senso tutto questo a cui non è dato sapere in questa esistenza terrena .Ecco si volta pagina in fretta in questi giorni,alternando il conteggio fra numeri di morti e numeri per il ripristino economico.

    Perdonami ,temo di essere ricaduta in quella retorica su cui cerchi anche tu stesso di evitare .

    Grazie e buona serata!


    L.

    RispondiElimina
  4. Grazie per le tue parole, che io condivido. Ricordo che mio nonno, ed in seguito anche mio padre, dicevano sempre quando affrontavano qualche discorso: "prima della guerra" oppure "dopo la guerra". La propria esistenza, nel bene e nel male, era contraddistinta da questi due diversi momenti esistenziali: il prima che inglobata anche il "durante" - fatto di ristrettezze economiche, di sacrifici, di miseria, di morti, ed il dopo che annunciava invece una sorta di rinascita economico-sociale. Oggi anche noi - cittadini di un mondo ricco e globalizzato - che fino ad ieri credevamo di essere onnipotenti e inattaccabili, abbiamo la nostra guerra, molto più subdola e ci ritroviamo a dover parlare di un "dopo il coronavirus" che non potrà più essere come il "prima" perche ne usciremo totalmente cambiati nel modo di agire, segnati profondamente nel corpo e nella mente. Buona giornata, L.

    RispondiElimina