“Ci si rifugia nella mediocrità quando si
dispera della bellezza che abbiamo sognato”
Il
nome di Gustave Flaubert è legato soprattutto a quel suo celebre romanzo che si
intitola “Madame Bovary”, la cui protagonista
è destinata a risiedere per sempre nell’immaginario collettivo. E sappiamo che proprio
dal quel romanzo è nato il termine “bovarismo”,
che sta ad indicare insoddisfazione e voglia di evadere dalla monotonia della
vita di provincia. Ma il grande scrittore francese è anche l’autore di un altro
importante romanzo, “L’educazione
sentimentale”. E se nel primo e più famoso libro aveva evidenziato il
destino sentimentale di un personaggio, Madame Bovary, in questo suo secondo
romanzo mette in luce le sorti di un’intera società, quella della borghesia
francese del suo tempo, sullo sfondo storico che va dai moti rivoluzionari del
1848 - che misero fine alla monarchia di Luigi Filippo - fino all’instaurazione
della repubblica.
Ma
Flaubert non poteva astenersi dal raccontare anche il sentimento amoroso,
seppure visto da una diversa prospettiva. Ed è il racconto di un grande amore che,
però, non arriva a nessuna conclusione pratica, una sorta di amore platonico, che
si consuma senza che avvenga mai una reale “consumazione” tra i due innamorati:
Madame Arnoux (una donna sposata ad un ricco imprenditore) e Fréderic (un
giovane studente universitario), che finirà, poi, per sposare un’altra donna. La
vicenda narrata – e qui subentra la novità di questo libro di oltre
quattrocento pagine – non ha una vera e propria trama, una sua linearità che
corre lungo determinati binari: è un romanzo “non romanzato”. Flaubert
preferisce raccontare il tran tran quotidiano fatto di piccoli imprevisti, di
episodi secondari che a prima vista appaiono senza alcuna importanza, sconnessi
gli uni con gli altri, predilige quei passaggi che non danno molti sussulti
emozionali. I tanti personaggi che costellano il romanzo appaiono statici, non
supportati da una storia personale che si sviluppa nel corso della narrazione.
Essi si incontrano, a volte senza motivi apparenti, per perdersi immediatamente
e poi magari si ritrovano in altre situazioni, in altri ambiti, in altre
faccende affaccendati. Anche la descrizione di questi avvenimenti segue una sua
incoerenza spazio/temporale, vale a dire che l’autore dedica magari poche righe
ad un fatto che abbraccia un lungo periodo e tantissime pagine, invece, ad
un’azione che si svolge realmente in poco tempo e che appare quasi
insignificante rispetto ai fatti narrati. Questa tecnica descrittiva mi ricorda
un po’ lo stile di Proust – anche se Flaubert non usa i lunghissimi periodi
tanto cari al suo connazionale - il quale impiegava una trentina di pagine per descrivere
la sua difficoltà di addormentarsi la sera.
Il
tema dominante del romanzo, come dicevo prima, resta la grande passione
amorosa, così sofferta ed inconcludente, tra Fréderic che “si aggirava nel suo desiderio come un carcerato nella cella” e
madame Arnoux. L’amore carnale, tra questi due amanti cerebrali, non ha sbocchi
concreti e rimane per sempre irrealizzato: e forse proprio questo lo rende bello
e incancellabile. Come a voler dire che il vero grande amore, destinato a
durare nel tempo, sia solo quello che non viene vissuto; quello che si nutre di
sfrenatezze inconfessabili solo nell’immaginazione, dal momento che la vita
inganna i sogni e non può assolutamente competere con loro. Intorno a questa vicenda
lo scrittore francese ostenta la sua prosa, colta e raffinata, e ci delizia (o
ci annoia, a seconda dei punti di vista) con le sue minuziose descrizioni dei
luoghi, dei personaggi e dei costumi della borghesia parigina del suo tempo.
Sempre precise e lineari le tue recensioni. Ed è proprio come scrivi: Flaubert è conosciuto per quel suo personaggio. madame Bovary. Infatti questo libro proprio non lo conosco. E mi preoccupa quel "ci delizia o ci annoia..." :-)
RispondiEliminaPiero
Grazie Piero. Comunque le mie, più che recensioni, sono divagazioni che a volte sconfinano dal libro. Devo dire, poi, che difficilmente consiglio la lettura dei libri che leggo. Un libro, qualunque esso sia, non può piacere a tutti…un saluto
EliminaQuesto libro è un classico ed è molto conosciuto. Un'opera importante e ben recensita.
RispondiEliminaGrazie Daniele. E un classico - come diceva Calvino - è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire
Elimina"Un libro fuori dal tempo" perché l' educazione sentimentale prevede una buona dose innata di spiritualità interiore...e chi in questa epoca ne è davvero coinvolto emotivamente per saperla apprezzare?
RispondiEliminaP.s il tuo blog non sempre ha una connessione protetta,cosa vuol dire?
L.
I tempi che viviamo, cara Linda, non mi sembrano molto spirituali. E poi - diciamocelo - se oggi la "spiritualità interiore" fosse in vendita, troverebbe pochissimi compratori. Riguardo alla mancanza di connessione protetta del mio blog, non so proprio cosa dirti. Ma questa cosa dove l'hai letta?
Eliminanon riuscirei più a leggere romanzi come questo, che pure hanno fatto parte della mia "adolescenza in lettura", sono cambiata, sono cambiati i tempi, forse, ma la mia attenzione ora si concentra su letture meno "descrittive", spesso di saggistica...non so che farci e, forse, non voglio farci nulla...
RispondiElimina:-))
Ti capisco...eccome ti capisco! La lettura deve essere innanzitutto un piacere. Forse è pure legata ai diversi momenti della nostra vita: è normale che sia così. Io, per esempio non riesco a leggere i romanzi degli autori contemporanei. Mi vuoi torturare? E allora fammi leggere un romanzo di Fabio Volo...oppure uno di Chiara Gamberale. I primi due nomi che mi vengono in mente. Ma ce ne sono tanti altri. Non so che farci e, forse, non voglio farci nulla...
Elimina:-)