“Un paese ci vuole – scriveva
Pavese – non fosse che per il gusto di andarsene via”. E per il gusto di
ritornare, mi permetto di aggiungere. Infatti, ogni estate ritorno nel mio
paese nativo, nel Cilento, dal quale andai via tanti anni fa, per motivi di
lavoro. Si chiama Melito (frazione del Comune di Prignano) ed è un piccolo borgo di poche anime. Adagiato
sul pendio di una collina tra querce, olivi e vigneti, si affaccia sul mare di
Agropoli e, dall’alto dei suoi 415 metri, mi offre in lontananza una vista straordinaria:
l’isola di Capri e la Costiera Amalfitana. Questo ritorno mi riporta, ogni
volta, agli anni della mia infanzia e della mia giovinezza. Ma oggi tutto sembra
cambiato e niente è più come prima: le persone che incontro, le case, il paesaggio,
i rapporti di amicizia e le atmosfere proprie del luogo. L’identità stessa del
paese mi appare stravolta. E’ come se quel villaggio che mi ha visto crescere
mi sfuggisse di mano - se così si può dire - e non mi riconoscessi più nelle
sue pietre, nelle sue strade, nei suoi angoli più nascosti e caratteristici, nella
sua gente. Insomma, è come se avessi difficoltà a sentirlo mio, come mi
accadeva una volta, e questa condizione mi rende spaesato ed esiliato nella mia
terra.
Gente nuova, spesso
proveniente da paesi lontani, ha preso il posto dei vecchi abitanti ormai
scomparsi e dei loro figli, che hanno scritto la storia del paese e che fanno
parte dei miei ricordi giovanili, della mia vita passata. Nuove costruzioni si
sono appropriate di lembi di collina dove rigogliosa si estendeva la macchia
mediterranea, oscurando scorci panoramici di rara bellezza. Incendi dolosi si
ripetono ad ogni estate, devastando boschi e campagne circostanti. Il cemento
avanza inesorabile, con le sue moderne costruzioni che spesso mal si adattano
al territorio, mentre vanno in rovina o
risultano abbandonate molte di quelle vecchie casette in pietra, mute sentinelle
del passato. E con loro finisce un’epoca, si chiude una storia familiare, un
passato ricco di ricordi, un mondo di tradizioni contadine. E osservando, poi,
la stradina che si incunea tra le case del paese (dove giocavo spensieratamente
da ragazzo con i miei amici), completamente invasa dalle macchine; e le case
chiuse dove abitavano persone che io conoscevo e che in qualche maniera erano
parte della mia vita; e quello spiazzo dove tiravo calci ad un pallone su cui hanno
costruito delle villette a schiera, occupate soprattutto nei mesi estivi; e le
strade che collegano il borgo al resto del territorio diventate, vergognosamente,
una discarica in itinere, lungo i cui bordi si può trovare di tutto e di più;
ebbene, osservando tutto ciò, non posso che provare un profondo senso di
tristezza.
Un mondo si chiude e se ne apre
un altro. Devo dire che con queste mie amare riflessioni non voglio invocare un
periodo storico scomparso, non desidero ritornare al passato né rimpiangere quel
paese che fu, ma auspicare invece un diverso modello di sviluppo, una diversa
sensibilità civica e ambientale nei confronti delle cose e del territorio, una
migliore riqualificazione urbanistica nel rispetto delle leggi e del decoro. Credo
che un “paradiso” di cui avere nostalgia non sia mai esistito nel Meridione ed
in modo particolare nel Cilento. Né allora né oggi. Ho avuto il privilegio di
vivere, insieme ai miei coetanei, la fine di una civiltà - quella contadina,
ancorata alla sua filosofia di vita semplice e naturale ed alle sue tradizioni
- ed il passaggio ad una nuova era di cui non conosco ancora bene i contorni e
gli sviluppi futuri. E’ una società, questa in cui viviamo, che va di fretta e
tende a distruggere la memoria del passato, in nome di una modernità che non
sempre è connessa ad una migliore qualità della vita.
Sappiamo bene che il paese cambia
nel corso degli anni e con esso le persone che lo abitano. Le vecchie generazioni,
nate nel paese ed ivi rimaste nel corso degli anni, legate agli usi ed ai
costumi tradizionali, lentamente si estinguono, mentre i giovani del posto, compresi
coloro che arrivano da altri luoghi, anche stranieri, non sembrano nutrire particolari
legami affettivi con il territorio in cui vivono né tantomeno con le storie del
recente passato. Secondo gli osservatori, nell’epoca della globalizzazione, il
paese – quale microcosmo comunitario di relazioni umane – va scomparendo
progressivamente. Ed al suo posto si va affermando un luogo sempre più
massificato, senza anima e senza memoria. Ma un paese ci vuole – e ritorno
nuovamente a Pavese – perché “un paese vuol dire non essere soli, sapere che
nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando
non ci sei resta ad aspettarti”. E per questo io ritorno.
I luoghi e le genti cambiano ma a volte esiste chi invece vuole mantenere cmq certe tradizioni e questo lo trovo importante.
RispondiEliminaE' vero: un paese senza memoria e senza tradizioni si estingue
EliminaSono un cilentano come te e condivido la tua analisi. Il Cilento e' lo specchio del Paese: spazzatura ovunque, incendi, cattive amministrazioni, inciviltà' da parte della gente. Speriamo che la bellezza dei nostri paesi possa vincere su chi tenta di affossarla. Antonio
RispondiEliminaGrazie per essere qui, Antonio. I paesi del Cilento hanno mille risorse e ce la faranno
Eliminadolentissimo questo brano e molto sentito anche da me che leggo.
RispondiEliminaNemmeno Pavese riconoscerebbe i paesi langaroli delle sue origini. Questo per dire che per una volta non è questione di latitudine ma di punti cardinali che scompaiono, di luoghi che mutano fisionomia come fanno le persone, di pietre che non sono più quelle pietre.
ml
Quando ci si tuffa nel passato attraverso il ritorno nel paese della giovinezza affiora sempre un pizzico di nostalgia e di malinconia: non tanto per il luogo che troviamo cambiato, quanto per il tempo che abbiamo vissuto in quel luogo. Il tempo spensierato della fanciullezza. Con il paese antico scompare una civilta', ma fino a quando ci saranno quelle "pietre" resterà' vivo il suo ricordo. Dobbiamo ripartire proprio da quel passato per ritrovare quei tratti di umanità' che abbiamo smarrito
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