martedì 3 gennaio 2017

I luoghi e la polvere. Sulla bellezza dell'imperfezione



Mi viene da pensare - osservando la bella e suggestiva immagine riportata sulla copertina del libro I luoghi e la polvere. Sulla bellezza dell’imperfezione  di Roberto Peregalli (pubblicato da Bompiani nel 2010)- che la forza della natura è davvero dirompente quando si impossessa di un luogo. Con questo libro l’autore affronta una tematica molto interessante: il “tempo” che passa e lascia i suoi segni indelebili sugli oggetti e sulle cose da cui siamo circondati. Il tempo che modifica i luoghi e dona loro un’aura incantata e misteriosa. Il tempo come nostalgia, come ricordo di ciò che è stato e non è più, che si appropria di ogni spazio. “La nostalgia è la nostra vita”, dice Peregalli e non si può cancellare. Così come non si può cancellare il tempo che modifica tutto al suo passaggio, che stende su tutte le cose una patina di antico, ed è proprio quella patina che rende bello un oggetto e interessante una costruzione. Bisogna perciò preservare quella patina quando si interviene su un luogo, su un monumento e non pensare che si possa riportare quell’oggetto al suo antico splendore perché il tempo non si può cancellare.

Un luogo non è immortale e non è come un quadro, qualcosa di stabile nel tempo. La sua bellezza si modifica nel corso delle stagioni, il suo legame con tutto ciò che lo circonda è molto forte. Oggi, purtroppo è venuto meno quel legame socio-culturale che esisteva tra il luogo e le costruzioni che esistevano in quel luogo. L’architettura non è più pensata in funzione del territorio circostante e di conseguenza i luoghi abitati, le città diventano sempre più inospitali, freddi, invivibili, che non ci appartengono più. “Ovunque lo stile è simile, non c’è nessuna differenza tra un luogo e un altro...ogni posto si rispecchia nell’altro in una ripetizione infinita...ovunque si vada sembra di ritrovarsi sempre nello stesso posto”.

Si è verificato un imbarbarimento dei luoghi. I luoghi non appartengono più alle persone che li abitano ma agli architetti che l’hanno progettati. Oggi, afferma Peregalli, “la barbarie non è costituita dalle distruzioni, ma dalle costruzioni” che si impadroniscono dei luoghi e distruggono il silenzio di una vallata, il verde di una collina. E allora contro questo degrado urbanistico imperante è necessario salvaguardare la memoria del passato rappresentata dalle antiche rovine di un palazzo, di un castello di un’antica dimora. Queste rovine costituiscono “...una barriera contro l’efficienza, la corsa inarrestabile verso il progresso cieco, la tracotanza del potere...”. Rappresentano la nostalgia della nostra vita.

8 commenti:

  1. la penso come Peregalli, certi edifici storici diroccati non andrebbero restaurati (e stravolti) ma solo consolidati e conservati. Ricordo sempre l'emozione entrando in Sant'Antimo (o San Galgano, confondo sempre le due chiese) austere navate romaniche e per tetto il cielo, una meraviglia.
    un caro saluto
    ml

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    1. Sono d'accordo con te, Carlo: più che restaurare bisognerebbe conservare le cicatrici del tempo. Un caro saluto

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  2. buongiorno Remigio,
    innanzi tutto ti auguro un prospero 2017

    Peregalli ha ragione da vendere, i luoghi sono dinamici, è l'uomo a renderli statici e omologati, bellissima l'immagine della copertina.

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    1. La massificazione e l'imbarbarimento dei luoghi sono le due facce della stessa medaglia. Un anno sereno anche a te, Tads

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  3. Il problema sta nel manico. Il vero architetto è colui che sa intervenire non distruggendo ma riportando all'antico splendore un luogo. Per fortuna in giro ce ne sono anche di bravi.
    Cordiali saluti.
    Nicola

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    1. E' vero. E' bravo quell'architetto che, intervenendo su un luogo o su un oggetto, riesce a conservare, attraverso la sua ristrutturazione, ogni traccia di ciò che quel luogo o quell'oggetto hanno vissuto. Ciao Nicola

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  4. Quando le costruzioni divengono "costrizioni"...

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  5. Accade quando le costruzioni sono avulse dal contesto...

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