Mi viene da pensare - osservando
la bella e suggestiva immagine riportata sulla copertina del libro I luoghi e la polvere. Sulla bellezza dell’imperfezione
di Roberto Peregalli (pubblicato da
Bompiani nel 2010)- che la forza
della natura è davvero dirompente quando si impossessa di un luogo. Con questo
libro l’autore affronta una tematica molto interessante: il “tempo” che passa e
lascia i suoi segni indelebili sugli oggetti e sulle cose da cui siamo
circondati. Il tempo che modifica i luoghi e dona loro un’aura incantata e
misteriosa. Il tempo come nostalgia, come ricordo di ciò che è stato e non è
più, che si appropria di ogni spazio. “La
nostalgia è la nostra vita”, dice Peregalli e non si può cancellare. Così
come non si può cancellare il tempo che modifica tutto al suo passaggio, che
stende su tutte le cose una patina di antico, ed è proprio quella patina che
rende bello un oggetto e interessante una costruzione. Bisogna perciò
preservare quella patina quando si interviene su un luogo, su un monumento e
non pensare che si possa riportare quell’oggetto al suo antico splendore perché
il tempo non si può cancellare.
Un luogo non è immortale e non è
come un quadro, qualcosa di stabile nel tempo. La sua bellezza si modifica nel
corso delle stagioni, il suo legame con tutto ciò che lo circonda è molto
forte. Oggi, purtroppo è venuto meno quel legame socio-culturale che esisteva
tra il luogo e le costruzioni che esistevano in quel luogo. L’architettura non
è più pensata in funzione del territorio circostante e di conseguenza i luoghi
abitati, le città diventano sempre più inospitali, freddi, invivibili, che non
ci appartengono più. “Ovunque lo stile è
simile, non c’è nessuna differenza tra un luogo e un altro...ogni posto si
rispecchia nell’altro in una ripetizione infinita...ovunque si vada sembra di
ritrovarsi sempre nello stesso posto”.
Si è verificato un imbarbarimento
dei luoghi. I luoghi non appartengono più alle persone che li abitano ma agli
architetti che l’hanno progettati. Oggi, afferma Peregalli, “la barbarie non è costituita dalle
distruzioni, ma dalle costruzioni” che si impadroniscono dei luoghi e
distruggono il silenzio di una vallata, il verde di una collina. E allora
contro questo degrado urbanistico imperante è necessario salvaguardare la
memoria del passato rappresentata dalle antiche rovine di un palazzo, di un
castello di un’antica dimora. Queste rovine costituiscono “...una barriera contro l’efficienza, la corsa inarrestabile verso il
progresso cieco, la tracotanza del potere...”. Rappresentano la nostalgia
della nostra vita.
la penso come Peregalli, certi edifici storici diroccati non andrebbero restaurati (e stravolti) ma solo consolidati e conservati. Ricordo sempre l'emozione entrando in Sant'Antimo (o San Galgano, confondo sempre le due chiese) austere navate romaniche e per tetto il cielo, una meraviglia.
RispondiEliminaun caro saluto
ml
Sono d'accordo con te, Carlo: più che restaurare bisognerebbe conservare le cicatrici del tempo. Un caro saluto
Eliminabuongiorno Remigio,
RispondiEliminainnanzi tutto ti auguro un prospero 2017
Peregalli ha ragione da vendere, i luoghi sono dinamici, è l'uomo a renderli statici e omologati, bellissima l'immagine della copertina.
La massificazione e l'imbarbarimento dei luoghi sono le due facce della stessa medaglia. Un anno sereno anche a te, Tads
EliminaIl problema sta nel manico. Il vero architetto è colui che sa intervenire non distruggendo ma riportando all'antico splendore un luogo. Per fortuna in giro ce ne sono anche di bravi.
RispondiEliminaCordiali saluti.
Nicola
E' vero. E' bravo quell'architetto che, intervenendo su un luogo o su un oggetto, riesce a conservare, attraverso la sua ristrutturazione, ogni traccia di ciò che quel luogo o quell'oggetto hanno vissuto. Ciao Nicola
EliminaQuando le costruzioni divengono "costrizioni"...
RispondiEliminaAccade quando le costruzioni sono avulse dal contesto...
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