Penso che nessuno meglio del
filosofo Jean-Paul Sartre, che aveva
vissuto la nausea, avrebbe potuto tradurre tale condizione psicologica in un’opera
letteraria. Ho letto la prima volta “La
nausea” (Einaudi Editore) negli anni ormai lontani del liceo, quando ancora
la mia formazione culturale non solo non
era ben definita ma non era stata ancora influenzata ed arricchita da
altre opere che sarebbero arrivate copiose in seguito. La molla che mi ha
spinto a riprenderlo una seconda volta è stata, probabilmente, la lettura de “La saggezza della vita” di Nicola Abbagnano (Rusconi Editore), un
libro completamente diverso che avevo appena terminato di leggere, un libro che
ispira fiducia, che trasmette utili insegnamenti per vivere una vita serena o
quantomeno accettabile, in antitesi al messaggio poco ottimistico che si può
trovare, invece, in Sartre.
Devo
dire che l’interesse che mi spinge a
rileggere un libro, o anche a comprarne uno nuovo, nasce spesso da qualche “riferimento”
legato al testo precedente. E i due libri sopra menzionati, seppure diversi
nella trattazione e nell’intendimento letterario degli autori, secondo me sono
comunque legati dalla stessa tematica: la condizione esistenziale dell’uomo
moderno. “La saggezza della vita”, intravede nell’esistenza degli uomini
momenti di serenità e felicità, invece “La nausea” non vi trova che delusione,
scoramento e frustrazione. I due grandi filosofi, Abbagnano e Sartre, sono i degni
rappresentanti dell’esistenzialismo filosofico, ma mentre il primo denota un
approccio positivo e ottimista nei confronti della vita, il secondo esprime un
pensiero alquanto pessimista sui diversi momenti dell’esistenza umana.
“La Nausea” di Sartre non è un
romanzo nell’accezione autentica del termine, in quanto non presenta un chiaro
evento narrativo, non rispecchia i canoni tradizionali della narrazione collegati
ad una storia con un’origine ed una fine; appare, piuttosto, come una sorta di
diario filosofico del protagonista il quale, esaminando le ragioni della
propria esistenza e rispecchiandosi nel mondo che lo circonda, si sente
avvolgere inesorabilmente dalla nausea. E’ un tipo introverso, il protagonista
del libro, che vive appartato nella stanza di un albergo, esce per fare
solitarie passeggiate, spesso di notte, frequenta qualche bar senza legare mai
con nessuno e ogni tanto si porta a letto la figlia della padrona del
ristorante dove consuma i suoi pasti. Scopre, giorno dopo giorno, che la vita è
vuota, assurda, priva di senso e senza alcuna speranza: egli esiste come una
cosa, come tutte le cose che lo circondano. E tutto ciò gli provoca nausea,
così come prova nausea nell’osservare gli abitanti della città in cui vive alle
prese con i riti quotidiani del vivere: il lavoro, il ritorno a casa, gli
affetti familiari, la passeggiata domenicale, quella normalità che li fa
sentire vivi e normali, ma che a lui provoca solo disgusto.
Ma per Nicola Abbagnano la vita
dell’uomo non può reggersi e continuare senza un minimo di saggezza. E solo la
saggezza può “trattenere l’uomo dal
distruggersi con le sue stesse mani, dall’abbassarsi al livello bestiale, dal
disperdersi nella noia e nella disperazione”.
Due
libri, due visioni del mondo, due modi diversi di affrontare la vita: esistenzialismo
positivo contro esistenzialismo negativo, saggezza contro nausea. Con la
speranza, per quanto mi riguarda, che la prima condizione possa prevalere sulla
seconda.
Di Sartre ho un pessimo ricordo del millennio scorso. Lettura – in francese – a scuola. Brrrrr!
RispondiEliminaMi sono segnata Abbagnano. Non ricordo di averlo letto, ma la citazione sulla saggezza mi ispira.
Non sono un tipo particolarmente ottimista, ma credo la speranza sia una grande risorsa: nonostante tutto, siamo anche capaci di cercare e apprezzare la bellezza.
A dir la verità' io preferisco avere un pessimo ricordo di Sartre piuttosto che rabbrividire leggendo uno dei tanti scribacchini alla moda che dilagano nelle vetrine delle librerie. E neanche il sottoscritto e' un tipo particolarmente ottimista. Devo inoltre dire che ho molto apprezzato il libro di Abbagnano, l'unico che ho letto di questo grande filosofo. Grazie per il tuo commento. Ciao Marzia
EliminaOttimo Abbagnano.
EliminaNon a caso era di Salerno...ciao Enzo ☺
EliminaSalernitano doc
EliminaEsatto!
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