venerdì 24 gennaio 2014

Lo spettacolo del dolore


Tutti parlano male della televisione di “quella scatola magica che ormai è padrona della nostra vita, della società e degli individui” come scrisse tempo fa Giorgio Bocca, che ripete all’infinito le immagini, quelle stesse immagini che vengono trasmesse per illustrare un servizio e poi ritrasmesse, un minuto dopo, per presentare un servizio diverso. Eppure nessuno sa allontanarsene, tutti la guardano, chiunque vorrebbe stare “dentro”: come personaggio, come ospite, come concorrente delle tante trasmissioni a quiz, dove ti fanno credere che si può diventare milionari. Chiunque vorrebbe stare dentro, almeno come spettatore plaudente dei vari ballarò, delle vite in diretta, delle piazze pulite, delle gabbie, delle porte a porte. Insomma di tutti quei talk show in cui cambia solo il nome, ma la sostanza resta sempre la stessa. Basta, però, che la telecamera si soffermi - almeno per un attimo - sul nostro spettatore plaudente, che tanto ha penato per essere lì, affinché da casa possano vederlo e pensare: beato lui!
E’ una televisione inguardabile, una televisione che non perde occasione per spettacolarizzare in modo morboso soprattutto il dolore e le tragedie sia familiari che sociali. Fatti criminali che occupano uno spazio televisivo eccessivo. Notizie, queste, che debordano oltre i telegiornali ed invadono i programmi pomeridiani e di prima serata, dove immancabilmente pontificano avvocati e criminologi, psicologi e psichiatri, vittime e parenti delle vittime. Uno spettacolo, il più delle volte, volgare e osceno che viene dato in pasto ad un pubblico sempre più vorace. Un pubblico che piange, che si commuove, che si lascia coinvolgere emotivamente.
Sono tragedie quotidiane, quelle raccontate dalla televisione, che generano angoscia ma nello stesso tempo rassicurano, ci sfiorano ma non ci toccano, le osserviamo ma ne usciamo affrancati perchè appartengono agli altri.
E i giornali che fanno?
Più o meno si comportano come la televisione (tranne qualche raro esempio), non fanno che scopiazzare il peggio della televisione, tanta carta e poca sostanza. Oltre che le notizie ci vendono la bubblicità. E poi c’è il quotidiano pettegolezzo politico. Un lungo ricamo su quello che ha detto tizio e, il giorno dopo, un lungo fronzolo su quello che ha ripetuto Caio. Tranne, poi, ricamare il giorno successivo sulle adirate smentite di Caio e sulle sdegnate rettifiche di Tizio. Ma i pezzi forti di questi giornali che fagocitano milioni di euro di finanziamenti pubblici (soldi nostri) sono dedicati, come per la televisione, alle tragedie umane e familiari; intere pagine riservate all’ultimo efferato delitto, “che ha tanto scosso la coscienza del Paese”, lunghissimi servizi sulla personalità dell’autore della strage o della violenza, con annesse interviste dei vicini di casa, intervallate da belle immagini pubblicitarie, “perché la vita e lo spettacolo devono continuare”.
Evidentemente le tragedie fanno vendere più giornali così come le immagini più strazianti trasmesse dalla televisione fanno più audience. Ma la cosa che in me desta più orrore e sdegno insieme, non è tanto la notizia tragica che occupa la maggiore attenzione da parte di questi mezzi di informazione, quanto la loro ripetizione, il ritornare sempre su quell’immagine e su quella notizia per giorni, per settimane a volte per mesi, come in una sorta di sceneggiato a puntate, in attesa del nuovo dramma familiare, della nuova sciagura o incidente, del nuovo dolore, del nuovo spettacolo.
Si obietta: questa è l’informazione. No! non è informazione, è speculare per un proprio tornaconto, giornalistico o televisivo, sui sentimenti e sul dolore degli altri; è colpire le persone più deboli e sensibili attraverso immagini di crudeltà e di sofferenza, attraverso false parole di sdegno.
Mi auguro che i mezzi di informazione, tutti, (ricordiamo che oggi esiste anche internet) rivedano il proprio modo di dare notizie, che ritornino ad una corretta interpretazione degli avvenimenti e, soprattutto, che sappiano dare la giusta importanza agli avvenimenti che accadono in questa nostra società, senza enfatizzare alcuni fatti rispetto ad altri, senza costruire ad hoc la notizia per fare più presa sulla gente, altrimenti posso anche fare a meno di questo tipo di informazione.

2 commenti:

  1. Domanda: ma sono i mezzi di informazione che condizionano l'utenza o è l'utenza mediocre che determina il modo di fare informazione?

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    1. Sapesse quante volte mi sono fatta questa domanda! Non sono mai riuscito a darmi una risposta soddisfacente. E’ come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. Una cosa però è certa. La televisione è diventata uno strumento talmente potente da poter influenzare la vita familiare delle persone, fino a cambiare le loro opinioni e i loro comportamenti. E può addirittura arrecare danno alle persone che la guardano, quando diffonde valori e modelli comportamentali deformati, quando trasmette immagini violente e quando manda in onda servizi sui fatti di cronaca quotidiana, conditi con immagini ad effetto, che inducono a facili pietismi.
      La televisione – parlo di quella pubblica e non di quella commerciale - ha una grande responsabilità sulla crescita morale e culturale di un paese. Credo che ultimamente abbia dimenticato il suo compito primario che, almeno inizialmente, era quello di educare i telespettatori. Oggi li diseduca, li impoverisce culturalmente e li corrompe con programmi non all’altezza e non in linea con un servizio pubblico. Quelli che fanno televisione di solito dicono: “dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole”, come se sapessero quello che veramente vuole la gente. Ma la gente vede quello che le viene offerto non quello che vorrebbe vedere. Non credo che questa televisione consulti il pubblico prima di mandare in onda un programma.
      Diceva Popper che bastava mettere sopra le trasmissioni delle spezie, dei sapori forti che sono per lo più rappresentati dalla violenza, dal sesso e dal sensazionalismo, per fare audience “…e questo è quello che è accaduto anno dopo anno da quando la televisione è partita: spezie più forti sul cibo preparato perché il cibo è cattivo e con più sale e più pepe si cerca di passar sopra anche a un sapore disgustoso”.

      La saluto e grazie per la visita

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