lunedì 15 dicembre 2025

"Ce ne siamo andati dal mondo"

 


“E’ in atto un gigantesco esodo, il più grande della storia. Non mi riferisco al dramma delle migrazioni dal Sud al Nord del mondo, non mi riferisco al dramma silenzioso causato dai sessanta milioni di persone che ogni anno si trasferiscono verso le metropoli. L’esodo a cui mi riferisco è insieme serissimo e frivolo, e forse più che un esodo dovremmo chiamarlo trasloco. Si cambia casa, si va a vivere in Rete, dal condominio reale al condominio digitale. Pure io sto traslocando e mentre scrivo faccio un pezzo di trasloco, come se impacchettassi un lampadario da accendere nella nuova casa. Il trasloco avviene nei bar, per strada, nei treni, ovunque si vede un essere umano con un cellulare in mano: li chiamiamo ancora telefonini, ma sono dei tir dentro i quali ci sono tutte le nostre masserizie.

Dove andiamo? L’umanità in trasloco è composta da pensionati e avvocati, da operai e governanti da casalinghe e intellettuali. Si procede alla spicciolata, ognuno avanza per la sua strada, le rotte dell’isolamento corale sono infinite….

Nessuno è in grado di dire dove stiamo andando. Si sa che siamo in movimento, dopo tante tecnologie al servizio della vita ne abbiamo inventata una per andarcene dal mondo pur rimanendo qui. E ora siamo solitari senza solitudini, allegri senza allegria, disperati senza disperazione.

E’ in corso un esodo dal reale all’irreale, dal sacro di essere sulla Terra al profano di essere sulla Rete. La questione digitale diventa una questione teologica: Dio è morto ma ci ha lasciato il mouse, la tastiera, la password. L’enormità di questo trasloco che impegna per molte ore al giorno miliardi di persone ci impedisce di ragionare come facevamo un tempo: la modernità è stata liquidata velocemente da questo trasloco, le vecchie categorie di spazio e tempo si sono sgretolate. Anche la domanda sul che fare appare un ferro vecchio. Siamo davanti a un evento che in qualche modo non avviene. E così finiscono amori che non sono mai nati, formiamo associazioni che non associano niente, raccontiamo battaglie che non stiamo combattendo e mostriamo ferite che non ci fanno buttare sangue ma parole”.

Franco Arminio

“La grazia della fragilità”




mercoledì 10 dicembre 2025

"Il bell'Antonio" : quando l'apparenza inganna

 


" Gli amici brutti rispettavano Antonio, e lo avrebbero anche invidiato, e forse odiato, se, indotti e contagiati dalle donne che frequentavano, anch’essi, senza saperlo, non fossero stati innamorati di lui”

 

Io credo che certi fatti tragicomici possano accadere solo in Sicilia e che nessuno, meglio di uno scrittore siciliano, sappia raccontarli con ironia e leggerezza. E’ il caso della storia narrata da Vitaliano Brancati in uno dei suoi romanzi più noti: “Il bell’Antonio”.

Il protagonista del libro è un giovane rampollo della borghesia siciliana (Antonio Magnano), un giovane talmente bello e impossibile da penetrare nei desideri e nella fantasia erotica di tutte le donne che incontra lungo via Etnea, l’arteria principale di Catania. Costui ha fama di grande seduttore, al quale vengono attribuite conquiste femminili a ripetizione; è invidiato dagli uomini, che lo vedono inimitabile e irraggiungibile, e corteggiato dalle donne che se lo mangiano vivo con gli occhi. Naturalmente non può che essere il vanto di un padre  maschilista (don Alfio) che considera il “gallismo” un valore assoluto, la sua filosofia di vita, il suo “modo di essere siciliano”. Ad impalmare il “bell’Antonio” è una ricca e bellissimna ereditiera (Barbara), naturalmente scelta dal padre, figlia di un rispettabilissimo notaio “ritenuto l’uomo più serio ed equilibrato della città”. Tutto sembra filare liscio, come in una favola, ma il dramma è dietro l’angolo.

E allora provate ad immaginare cosa può succedere in un simile contesto socio-familiare - dominato dal mito del maschio siciliano – quando la famiglia e tutta la gente del contado viene a sapere che il “bell’Antonio”, il tombeur des femmes, è un impotente e che sua moglie, dopo tre anni di matrimonio è tale e quale come è uscita dalla sua casa paterna.

Comicità e tragedia, ironia e scherno, commedia e farsa si mescolano in questo romanzo incentrato sul malessere esistenziale di un uomo condizionato da convenzioni sociali e pregiudizi, metafora di una società che probabilmente non esiste più ma che Brancati, grazie alla sua straordinaria capacità affabulatoria, riesce a far vivere per sempre.