Non so voi, ma il
sottoscritto, ormai da diversi anni, si
nutre di pochissima televisione. Però è noto: siamo un po’ masochisti e farsi
del male è una caratteristica che appartiene solo al genere umano. E allora, se
proprio non mi va di leggere qualche buon libro o di scrivere sul blog, di
cucinare o di fare la spesa, di passeggiare o di ascoltare la musica, di andare
ad una mostra o perdermi in una libreria, di curiosare tra i banchi di un
mercatino dell’usato o di prendere il sole sul balcone di casa, di andare in
campagna a zappettare o dedicarmi al giardinaggio, di intavolare sane litigate
con mia moglie o piacevoli discussioni con mio figlio…..insomma, se proprio non
ho cose migliori da fare, mi capita di rimuovere le ragnatele che coprono quel
22 pollici fissato ad una parete di casa. E cosa appare, ogni volta, a
qualsiasi ora? Che si discuta di musica o di calcio, di arte o di cucina, di
ambiente o di economia, di cultura o di lavoro, di pace o di guerra, appare
sempre lui: il politico di turno. Uno pensa: i parlamentari che siedono alla
Camera e al Senato sono circa un migliaio e quindi è giusto che i cittadini che
l’hanno eletti (o meglio li eleggevano…ora non succede più) abbiano la
possibilità di sentirli, di vederli, di conoscerli. Macché! La pattuglia che
sta sempre in televisione è composta da un numero esiguo di presenzialisti:
saranno una ventina. Non di più. Potrei fare l’elenco, ma credo che chi segue
un po’ i programmi televisivi li conosca uno ad uno questi esperti della
comunicazione politica e del sapere universale.
E allora può accadere che il
leader politico chiamato Tizio, che all’alba è stato ospite a “Uno Mattina” a
parlare di economia, salti verso mezzogiorno nella trasmissione “ la prova del
cuoco” a discutere di polenta insieme alla Clerici, per ritrovarsi poi la sera
a “Ballarò”, facendo finta di litigare con il suo amico di partito, Caio (gli
oppositori non esistono più) su un tema molto “spinoso” come “la Leopolda”;
questo Caio, a sua volta, aveva fatto una breve comparsa la mattina nella
trasmissione religiosa “sulla via di Damasco” a discettare sulla redenzione
dell’anima e poi un salto, verso l’ora di pranzo, a “L’aria che tira” a pontificare
sul “patto del Nazareno”, dove era presente anche il ministro Sempronio, il
quale era stato intervistato, la mattina presto, dal TG1, quindi aveva
rilasciato un breve comunicato mentre si recava a messa con la moglie, e in
serata sarebbe stato ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, a presentare
il suo ultimo libro.
Ma non è finita, perché se vi
capita di incrociare di sfuggita qualche telegiornale – di qualsiasi
televisione pubblica o privata – ebbene, le facce di bronzo che avevate visto disquisire
a Porta a Porta…a Servizio Pubblico…a Otto e mezzo…a Piazza Pulita e chi più ne
ha più ne metta (programmi che si distinguono solo per il nome), ve le
ritrovate di nuovo nei vari notiziari. Ma la cosa buffa è che le immagini di
repertorio – per esempio - di un Berlusconi, un Bersani, un Renzi che salgono o
scendono da una macchina, o che stringono mani o accarezzano bambini –
attorniati da guardie del corpo in assetto di guerra e da un nugolo di
giornalisti che impugnano microfoni alla ricerca di scoop – vengono trasmesse, in
maniera ossessiva anche tre/quattro volte durante lo stesso notiziario, a
supporto visivo di servizi diversi. Insomma vanno bene per tutte le salse.
E’ il teatrino della politica
che va in onda tutti i giorni negli studi televisivi, nei cosiddetti talk show;
dove c’è poco talk e tanto show; dove le menzogne hanno la stessa dignità delle
verità documentate con prove inoppugnabili; dove si consuma la quotidiana,
ipocrita, miserabile celebrazione del reciproco scannamento, per il bene del
Paese; dove il conduttore fa una domanda al politico, ma poi non replica alla
risposta, qualunque essa sia; dove un pubblico, pagato e ammutolito, assiste in
maniera passiva ad una falsa contrapposizione di idee e di intenzioni; dove i
nostri cosiddetti “rappresentanti” – lo ripeto ancora – sempre gli stessi,
possono esprimere qualsiasi insulsaggine, possono promettere mari e monti,
possono mentire spudoratamente, perché tanto i cittadini italiani, di cui tanto
si riempiono la bocca, sono ormai completamente sedati e rimbambiti davanti al
televisore, incapaci di reagire e di comprendere. Mi chiedo: ma tali
rappresentazioni apportano qualche contributo - non dico alla soluzione dei
problemi - ma almeno alla loro conoscenza? C’è forse qualcuno che a fine trasmissione,
avendo ascoltato le opposte fazioni politiche insultarsi, ricorda qualcosa di
ciò che è stato discusso, dopo che gli uni hanno affermato una cosa e gli altri
il suo contrario? Quando finirà questa farsa autoreferenziale?
io sono anche stufa di quelli che usano la tv pubblica per presentare il loro film/libro/disco, anche perchè sono sempre i soliti noti.
RispondiEliminaNoi paghiamo il canone e questi scroccano il servizio pubblico.
Sono d'accordo con te. Grazie per il commento
RispondiEliminaLa storia insegna che, ciclicamente, si alternano epoche di splendore ed epoche di decadenza. Purtroppo noi stiamo vivendo la decadenza, dove la corruzione è sempre più dilagante. Mi dispiace sopratutto per le nuove generazioni, per i miei figli.
RispondiEliminaDispiace anche a me, purtroppo questi sono i tempi. Tempi di decadenza, come dici tu
EliminaLa prossima volta che togli le ragnatele, metti Fine Living su canale 49 del digitale terrestre. Eviterai brutte sorprese e malefici talk show. ;)
RispondiEliminaSeguirò il tuo consiglio, Franco. E grazie
Eliminauna speranza ce l'abbiamo, quella di diventare giudici effettivi, il talk di Gad Lerner è stato "tagliato" per penuria di ascolti. In questi casi la logica commerciale ci è amica. Se iniziamo veramente a non seguirne più nemmeno uno, i direttori di rete saranno costretti a cambiare i palinsesti. Spiace dirlo ma questa invasione/minestrone tiene botta grazie al pubblico.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, Tads.E' vero, dovremmo essere noi i giudici a premiare certi programmi a scapito di altri. Il problema è che questi "giudici" attualmente sono in netta minoranza.
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