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domenica 24 marzo 2019

Quando un filosofo ti viene a trovare

Seneca


Ma i filosofi dell’antichità, attraverso gli scritti che sono arrivati fino a noi, possono ancora oggi dirci qualcosa di utile e confortante sulle cause delle nostre maggiori afflizioni? Quei pensatori che un tempo erano considerati “saggi”, sono in grado di lenire le nostre sofferenze dell’anima? Confesso che mi sono sempre posto queste domande, fin dai tempi del liceo, quando la filosofia era, per noi studenti, croce e delizia. Con il passare del tempo (lontano dall’ambiente scolastico, dai voti e dai professori), mi sono avvicinato a questa scienza del pensare, forse con la speranza di diventare più saggio, in una società in cui la saggezza, se fosse in vendita, non troverebbe acquirenti. Li ho rivalutati con grande piacere, quei sapienti dell’antichità: penso in maniera particolare a Seneca, Epicuro, Lucrezio fino ad arrivare a Schopenhauer e Montaigne. Li considero dei veri e propri curatori dell’anima, alla maniera dei moderni psicanalisti. E poi – diciamocelo – rispetto a quest’ultimi, i filosofi costano davvero poco: basta solo procurarsi qualche libro. Certo, esistono enormi differenze di pensiero e penso che se oggi potessimo immaginare tutti i grandi filosofi riuniti in un consesso internazionale, non solo avrebbero difficoltà a comunicare tra di loro, ma credo che dopo un po’ finirebbero per litigare.
Mi è capitato di leggere, in questi giorni, un libro godibilissimo, “Quando la vita ti viene a trovare” con sottotitolo “Lucrezio, Seneca e noi”, scritto da Ivano Dionigi, un filosofo e professore ordinario di letteratura latina. Questo autore, dopo aver fatto un accurato excursus storico tra le due maggiori e antagoniste scuole filosofiche, lo Stoicismo e l’Epicureismo, immagina un divertente dialogo tra i due principali seguaci di queste due correnti filosofiche, vissuti in epoche assai diverse: lo stoico Seneca e l’epicureo Lucrezio, simboli e paradigmi di due concezioni e tradizioni rivali del mondo. In questo dialogo immaginario i due filosofi si rimbeccano a vicenda, si accusano, si sfottono…ma in fondo si ha l’impressione che si stimino molto.

Lucrezio

Il primo a parlare è Seneca: dice di essere molto contento di conoscere di persona un uomo come Lucrezio, che aveva ammirato sui libri; tuttavia vorrebbe sapere qualcosa di lui, perché nei suoi settemila versi del “De rerum natura” non c’è nulla della sua vita privata. E Lucrezio, di rimando, gli risponde che non ha mai amato confronti e confidenze con estranei, che lui si è sempre tenuto lontano dai luoghi invasi dalla folla e dal clamore, luoghi che invece sono familiari al suo avversario, come Campo Marzio, il Circo Massimo e soprattutto il Foro. A voi Stoici che fate politica – continua ancora Lucrezio – interessano solo i rapporti umani manipolabili, a noi, invece, le relazioni con le cose che sono indelebili. Seneca, peraltro, non appare particolarmente colpito da queste accuse e gli sottolinea che a dispetto delle tante polemiche, loro due sono comunque legati da molte cose e che i loro capiscuola, Zenone ed Epicuro, erano due maestri di libertà e autonomia che avevano predicato l’impassibilità (il primo), e l’imperturbabilità, il secondo. Il filosofo romano, inoltre, invita Lucrezio a non cercare rivalse e risarcimenti perché le loro dottrine cercano la stessa felicità, coltivano la stessa idea del saggio, provano la medesima diffidenza per il volgo. Lucrezio, gli ribatte, che gli Epicurei erano stati espulsi da Roma e perseguitati, mentre gli Stoici venivano considerati precursori del Cristianesimo. Nonostante il messaggio epicureo avesse tanti punti in comune con quello cristiano: il concetto di amicizia, il valore della comunità, l’attenzione verso gli emarginati come le donne e gli schiavi. E poi, conclude Lucrezio, Epicuro è stato il nostro vero dio. Caro Lucrezio - obietta allora Seneca – devi sapere che ogni volta che l’uomo ha messo sugli altari un altro uomo, ne sono seguiti mostri, fondamentalismi, ideologie totalitarie e sanguinarie. E se tutti gli uomini seguissero la vostra dottrina, non ci sarebbe futuro, senza religione, senza politica, senza matrimonio. Al che, Lucrezio, risponde che Seneca predica bene e razzola male, tant’è che ha praticato per tutta la vita la politica, arricchendosi, per finire poi a fare l’elogio della solitudine e del ritiro dalla vita pubblica. Ma se ne dicono ancora…

Un dialogo davvero bello, divertente e istruttivo che ripercorre l’intero pensiero dei due grandi filosofi dell’antichità. Scrive il prof. Dionigi: “Ogni volta che ti schieri per l’uno ti assale il dubbio che la ragione stia con l’altro: perché entrambi hanno scritto per noi e di noi. Icone della bigamia del nostro pensiero e della nostra anima”.



12 commenti:

  1. Io sto con Lucrezio. Seneca in politica faceva il doppio gioco.
    E poi era uno di quelli che saliva sempre sul carro dei vincitori. Un pò come certi nostri politicanti.
    Piero

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    1. Il Seneca migliore è proprio quello della sua vita appartata, lontano dalla politica e dai giochi di potere. E' il periodo in cui scrisse le cose migliori, come la raccolta delle "lettere a Lucilio", un'opera di straordinaria modernità. Comunque, dice bene il prof. Dionigi: “Ogni volta che ti schieri per l’uno ti assale il dubbio che la ragione stia con l’altro"...quindi, un pò con Lucrezio e un pò con Seneca. :-) Ciao Piero

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  2. un saggio davvero fantasioso e stimolante.
    sì, istintivamente anch'io darei un colpo al cerchio di Seneca ed uno alla botte di Lucrezio, perchè il pensiero non deve essere unico e nelle diversità si possono cogliere parallelismi ed il medesimo fervore intellettuale.
    massimolegnani

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    1. Sono d'accordo. Non possiamo schierarci né con l'uno né con l'altro. Il pensiero non è come il tifo calcistico. Ciao Carlo e buona giornata.

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  3. Anch’io preferisco Lucrezio ma so che siamo debitori verso Seneca di molte intuizioni. Da leggere, o rileggere, entrambi.

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    1. Dici bene, da leggere e rileggere entrambi. Sono autori senza tempo, che "hanno scritto per noi e di noi". Da tenere sul comodino e da gustare nei momenti di dolce malinconia

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  4. Sembra un libro molto stimolante per avvicinare alla filosofia ed alla riflessione su tematiche esistenziali profonde.

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    1. E' soprattutto un libro che ti permette di conoscere, con un linguaggio molto chiaro, due dei massimi filosofi dell'antichità. Però devi amare la filosofia, altrimenti meglio lasciar perdere :-)

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  5. Il libro è una vera chicca, leggero scorrevole e gradevolissimo, io purtroppo sono una curiosa e le mie letture sono come le scatole cinesi, aperta una si va all'altra, così ho subito comprato il De rerum natura con commenti di Dionigi, con testo latino a fronte. Avevo una bella pubblicazione di Einaudi, ma i suoi commenti rendono amabile questo classico latino. Interessantissimo il tuo blog.Tornerò a trovarti
    la streghetta Gingi

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    1. Grazie Gingi per il tuo commento. Io comprerò, su tuo consiglio, il "De rerum natura" con commenti di Dionigi. Se ritornerai a trovarmi, per me sarà un vero piacere.

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  6. da molto tempo sei fra i miei preferiti, e anche se non commento, ci sono e leggerti è gradevole, oltre al fatto che concordo con te su molte tue opinioni.
    gingi

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    1. Grazie Gingi, sei molto gentile. Fa sempre piacere ricevere persone raffinate come te, amanti del bello in tutte le sue innumerevoli sfaccettature (lo so, perchè anch'io ti seguo nel tuo blog :-)

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