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mercoledì 26 dicembre 2018

E' ancora possibile la poesia?

Eugenio Montale


Ha un senso parlare di poesia, oggi, nell’attuale civiltà consumistica e super tecnologica che vede affacciarsi per la prima volta un robot al posto dell’uomo? Se lo chiedeva già il grande poeta Eugenio Montale oltre 40 anni fa allorquando, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975, pronunciò un memorabile discorso all’Accademia di Svezia incentrato proprio sul ruolo della poesia per la quale veniva premiato. Fu un discorso illuminante, ancora oggi di grande attualità, che ci fa capire molte cose su questo “prodotto” dell’ingegno umano  “assolutamente inutile – scriveva Montale - ma quasi mai nocivo, e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà”.

Per Montale “esistono in coabitazione due poesie, una delle quali è di consumo immediato e muore appena è espressa, mentre l'altra può dormire i suoi sonni tranquilla. Un giorno si risveglierà, se avrà la forza di farlo. La poesia di “consumo immediato” è – secondo me – quella che appartiene a tutti quei poeti estemporanei che pubblicano poesie orecchiabili… sentimentali… ricche di “a capo”, però senza il rispetto di quelle regole che stanno alla base di un componimento poetico. Nel pronunciare il suo discorso all’Accademia di Svezia il poeta genovese affermava che “tutte le arti visuali stanno democratizzandosi nel senso peggiore della parola. L’arte è produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via in attesa di un nuovo mondo nel quale l’uomo sia riuscito a liberarsi di tutto, anche della propria coscienza”. E poi si chiedeva: “Ma perché oggi più che mai l’uomo civilizzato è giunto ad avere orrore di se stesso? […] Sotto lo sfondo così cupo dell'attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità. Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione. Il tempo si fa più veloce, opere di pochi anni fa sembrano «datate» e il bisogno che l'artista ha di farsi ascoltare prima o poi diventa bisogno spasmodico dell'attuale, dell'immediatoDi qui l'arte nuova del nostro tempo che è lo spettacolo, un'esibizione non necessariamente teatrale a cui concorrono i rudimenti di ogni arte e che opera una sorta di massaggio psichico sullo spettatore o ascoltatore o lettore che sia. […]

“L'arte-spettacolo, l'arte di massa, l'arte che vuole produrre una sorta di massaggio fisico-psichico su un ipotetico fruitore – sosteneva ancora il poeta - ha dinanzi a sé infinite strade perché la popolazione del mondo è in continuo aumento. Ma il suo limite è il vuoto assoluto. Si può incorniciare ed esporre un paio di pantofole (io stesso ho visto così ridotte le mie), ma non si può esporre sotto vetro un paesaggio, un lago o qualsiasi grande spettacolo naturale. La poesia lirica ha certamente rotto le sue barriere. C'è poesia anche nella prosa, in tutta la grande prosa non meramente utilitaria o didascalica: esistono poeti che scrivono in prosa o almeno in più o meno apparente prosa; milioni di poeti scrivono versi che non hanno nessun rapporto con la poesia. Ma questo significa poco o nulla. Il mondo è in crescita, quale sarà il suo avvenire non può dirlo nessuno. Ma non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione. Possiamo tutti collaborare a questo futuro. Ma la vita dell'uomo è breve e la vita del mondo può essere quasi infinitamente lunga. […]

In quel lontano 1975 il poeta si chiedeva ancora: “quale può essere la sorte della poesia? Le risposte potrebbero essere molte. La poesia è l'arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto. Solo in un secondo momento sorgono i problemi della stampa e della diffusione. L'incendio della Biblioteca di Alessandria ha distrutto tre quarti della letteratura greca. Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni. Ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda”.  […] Montale si soffermava poi sulla crisi che sembrava avvolgere tutto il mondo artistico, “crisi che è strettamente legata alla condizione umana, al nostro esistere di esseri umani, alla nostra certezza o illusione di crederci esseri privilegiati, i soli che si credono padroni della loro sorte e depositari di un destino che nessun'altra creatura vivente può vantare. Inutile dunque chiedersi quale sarà il destino delle arti. È come chiedersi se l'uomo di domani, di un domani magari lontanissimo, potrà risolvere le tragiche contraddizioni in cui si dibatte fin dal primo giorno della Creazione (e se di un tale giorno, che può essere un'epoca sterminata, possa ancora parlarsi).
Vorrei concludere con una poesia di Eugenio Montale che forse più delle altre contiene l’essenza stessa dell’arte poetica, o meglio quel “materiale” con cui viene costruita una poesia: le parole

Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
le parole
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambrocche e accolte
con furore di plausi e
disonore;
le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.

Eugenio Montale

12 commenti:

  1. adoro Montale. adoro la poesia. ma ho il cuore tomba e non la sento più.

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  2. E se riprovassi a rileggerla? Potresti sentirla di nuovo...chissà...

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    1. sto cercando conforto in ogni cosa, anche nella poesia, soprattutto, ma questa volta non serve nulla.
      buon anno

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    2. Buon anno anche a te, Nina...e che sia quello giusto!

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  3. Dicono che salverà il mondo...speriamo

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  4. ...intanto Auguri!
    e scusa il ritardo

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  5. Auguri anche a te e felice anno nuovo

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  6. una visione piuttosto sconfortante che travalica i confini stessi della poesia per abbracciare l'intera società, e quanto mai attuale da quel lontano 1975.
    E ancora non c'era internet che avrebbe poi amplificato certe tendenze nocive al "tutto per tutti e subito", ma Montale vedeva lungo e bene.
    massimolegnani

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  7. Proprio così. La sua riflessione andava oltre la poesia e toccava sia la condizione umana che la cultura spettacolo di massa. Però tornava poi alla poesia, quella destinata a durare, prodotto inutile e nobile nello stesso tempo

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  8. Si che lo è e soprattutto deve essere capace di sdoganarsi dalla tradizione di poesia "bella" e sporcarsi nella realtà.

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  9. Hai ragione anche tu...la poesia deve andare oltre la poesia "bella" e quindi deve essere anche uno strumento di denuncia sociale. Come la tua poesia.

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