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lunedì 9 gennaio 2017

Mestieri



Frequentavo le scuole elementari – tanti anni fa – e un giorno il maestro chiese a tutti noi, bambini di 8/9 anni: che mestiere fa vostro padre? Ricordo che le risposte si divisero - per la maggior parte - tra il contadino e il falegname, il fabbro e l’arrotino, il muratore e l’elettricista, il boscaiolo e lo stagnino. Erano altri tempi, diciamolo, e il sottoscritto viveva in un piccolo paese del Sud, che esprimeva un’economia prevalentemente agricolo- artigianale. Tuttavia, oggi non posso non riconoscere quanto quei mestieri fossero nobili e indispensabili. Devo dire che l’abilità manuale in cui si riconoscevano, congiuntamente ad una elevata capacità creativa, costituivano i requisiti identificativi di un mondo e di una filosofia di vita. Quelle attività lavorative racchiudevano, inoltre, una vera e propria “arte del fare” che spesso si tramandava di padre in figlio, un’arte che oggi appare definitivamente scomparsa.
Viviamo in una società altamente tecnologizzata, dove i bisogni sono radicalmente cambiati e dove l’omologazione culturale, che si estende in tutti i settori, tende a non valorizzare più le differenze, riscontrabili anche in quegli antichi mestieri artigianali, alcuni dei quali sono già spariti, altri sono ormai in via di estinzione e altri ancora si sono evoluti in differenti figure professionali, attraverso processi industriali sempre più veloci. Provate, per esempio, a cercare un ciabattino, per risuolare un paio di scarpe, o un sarto, per cambiare la cerniera dei vostri pantaloni, oppure un arrotino per affilare un vecchio coltello a cui siete affezionati: introvabili, spariti, così come sono spariti tanti altri antichi mestieri. E con loro sono svanite le competenze e la passione per le cose fatte bene che duravano nel tempo e sembravano indistruttibili.

Stavo pensando che se oggi il maestro di una qualsiasi scuola elementare del nostro Paese provasse a fare la stessa domanda ai suoi piccoli allievi, credo che nessuno di loro direbbe che ha un papà che fa l’idraulico (figura rara…è più facile trovare un tesoro) o il falegname (il mestiere più antico del mondo, ma a qualche bambino ricorda solo Geppetto, il padre di Pinocchio). Forse ne hanno sentito parlare in casa, quando il genitore si danna l’anima perché il rubinetto perde acqua e non riesce a trovare chi possa ripararlo. Oppure quando la finestra non chiude bene e invoca inutilmente un falegname. Oggi, nell’era informatica e digitale, i bambini a quella domanda di prima probabilmente risponderebbero che il papà fa il consulente di investimento, l’operatore call center, il digital strategist, il web analyst, il travel designer o il manager del rischio. A meno che non faccia il disoccupato, un mestiere molto in voga di questi tempi. Ma insomma, che cavolo fa un manager del rischio, oppure un digital strategist? Ma se questi sono i nuovi mestieri dei papà dei nostri giorni, cosa faranno da grandi i bambini che oggi frequentano le scuole elementari e sono già forniti di smartphone? Mi è capitato di leggere da qualche parte che secondo uno studio fatto dal governo britannico, si prevede che fra i  20 nuovi mestieri del 2030 ci sarà l’«agricoltore verticale», che curerà le coltivazioni su edifici a più piani in città per ridurre lo sfruttamento del suolo; e ci sarà anche il «broker del tempo», che si occuperà di come pagare le persone con il tempo, anziché con i soldi. E poi, dulcis in fundo, il «personal brander», una sorta di consulente per “costruire e gestire noi stessi come un marchio di qualità, anche attraverso i social media”. Ma ve lo immaginate un agricoltore che si evolve verso l’alto? E quello terra-terra che ancora coltiva patate e cavolfiori in campagna, che fine farà? Sparirà, oppure continuerà a coltivare le sue verdure al ventesimo piano di un grattacielo? Aiutatemi! Ma io dico: se un nostro nipote – mettiamo nel 2030 - avesse bisogno, che ne so, di un artigiano che una volta si chiamava orologiaio, perché il suo swatch si è improvvisamente fermato, a chi si dovrebbe rivolgere? Come direbbe qualcuno, ai posteri l’ardua sentenza.

14 commenti:

  1. è cambiato il costume e con esso la mentalità. Tuo nipote sicuramente lo Swatch fermo lo butterà senza nemmeno considerare la possibilità della riparazione.
    Nella mia famiglia, che pure era minimamente agiata non c'era dubbio che una scarpa quando compariva il buco sotto andasse risuolata, e i pantaloni ereditati dal fratello andassero riadattati da una sartina e l'orologio fermo riparato. Le "toppe" erano la norma, inconcepibile comprare il nuovo quando il vecchio poteva essere ancora rabberciato
    massimolegnani

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    1. E' vero: le uniche "toppe" oggi accettate sono quelle previste sui jeans alla moda. Un caro saluto, Carlo

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  2. Il personaggio con il mestiere più repellente tra quelli da te citati è il personal brander. Pensare a qualcuno che si occupa di gestire l'immagine di persone comuni-issime, destinate cioè ad un destino/vita confuso/a tra i tanti, dà la misura sia dell'assenza di verità nelle relazioni tra ciascun individuo e il resto del mondo, sia del delirio di onnipotenza che sta prendendo piede tra i comuni mortali...perché, dai, diciamocelo, ma a chi può interessare l'immagine pubblica di una persona qualsiasi? ai suoi cosiddetti follower? cioè ad altri invasati fanatici come lui/lei?

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    1. Condivido le tue parole. Hanno fatto una legge sulla privacy in un momento storico in cui la privacy non la vuole più nessuno. Tant'è che molte persone pagherebbero fior di quattrini pur di apparire qualche minuto in televisione per poter raccontare le proprie vicende personali, anche le più intime. E allora, in questi casi, l'intervento del personal brander - è fondamentale: anche un emerito idiota può avvalersi di un curatore d'immagine per sentirsi, finalmente, un personaggio pubblico importante. Francamente non so se è più repellente chi fa quel mestiere, o chi invece paga per avere le sue prestazioni professionali.

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  3. Il progresso tecnologico, purtroppo, ha fatto sparire decine e decine di attività lavorative creandone solo poche di nuove. Questa è una delle tante ragioni che hanno portato alla disoccupazione di oggi. Ci si è spostati sui "servizi" e qui chi avrà più inventiva avrà successo e potrà creare nuovi posti di lavoro.
    P.s.
    Ti avevo spedito il mio libro all'indirizzo indicato da wordpress, ma mi è tornato indietro con la dicitura "indirizzo inesistente". Puoi spedirmi via mail un altro tuo indirizzo di posta elettronica più sicuro?
    Cordiali saluti.
    Nicola

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    1. Il mio unico indirizzo di posta elettronica è il seguente: remigiomontestella@gmail.com Ciao

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    2. E' proprio questo l'indirizzo che ho usato e che mi è tornato indietro. Forse non accetta gli allegati di un certo peso. Provo a rimandare solo quello più leggero.
      Ciao.
      Nicola

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    3. Non so che dirti, Nicola. Vedi un po' tu quello che puoi fare. Io ci capisco poco: basti pensare che non ho facebook, non possiedo telefonini, non riesco a stare davanti ad uno schermo per molto tempo e amo solo i libri cartacei. Comunque, se riuscissi ad inviarmi il tuo libro via mail, cercherò di leggerlo nonostante le mie idiosincrasie. Ciao Nicola

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  4. io avrei detto "manovale delle ferrovie dello stato" e ne sarei stato orgoglioso

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    1. Grazie Francesco. E te lo dice un ex ferroviere :-)

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  5. credo che le società moderne, anche la nostra, pagheranno a caro prezzo l'annichilimento dell'artigianato, quando è mancata mia madre ha lasciato alcuni mobili comprati per il matrimonio, come la camera da letto, legno massello lavorato a mano. Quelli che vanno all'Ikea sono destinati a cambiare arredamento ogni cinque anni, giusto per non farsi cadere in testa gli sportelli.

    parlando di nuovi mestieri... il motivatore, il life coach, la personal shopper, ecc. ecc.

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    1. Le cose artigianali fatte a mano, che dovevano durare nel tempo: non esistono più. Al loro posto, le cose di cartone fatte all'Ikea. Così va il mondo, caro Tads.

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  6. Molto bella la tua riflessione. Anche un po' amara.

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    1. Grazie per le tue parole di apprezzamento. Si, amara. Con un pizzico di nostalgia ed una spruzzata di pessimismo. Ciao Enzo

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