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martedì 2 agosto 2016

Sartre e Abbagnano: nausea e saggezza





Penso che nessuno meglio del filosofo Jean-Paul Sartre, che aveva vissuto la nausea, avrebbe potuto tradurre tale condizione psicologica in un’opera letteraria. Ho letto la prima volta “La nausea” (Einaudi Editore) negli anni ormai lontani del liceo, quando ancora la mia formazione culturale non solo non  era ben definita ma non era stata ancora influenzata ed arricchita da altre opere che sarebbero arrivate copiose in seguito. La molla che mi ha spinto a riprenderlo una seconda volta è stata, probabilmente, la lettura de “La saggezza della vita” di Nicola Abbagnano (Rusconi Editore), un libro completamente diverso che avevo appena terminato di leggere, un libro che ispira fiducia, che trasmette utili insegnamenti per vivere una vita serena o quantomeno accettabile, in antitesi al messaggio poco ottimistico che si può trovare, invece, in Sartre.
 

Devo dire che l’interesse che mi spinge  a rileggere un libro, o anche a comprarne uno nuovo, nasce spesso da qualche “riferimento” legato al testo precedente. E i due libri sopra menzionati, seppure diversi nella trattazione e nell’intendimento letterario degli autori, secondo me sono comunque legati dalla stessa tematica: la condizione esistenziale dell’uomo moderno. “La saggezza della vita”, intravede nell’esistenza degli uomini momenti di serenità e felicità, invece “La nausea” non vi trova che delusione, scoramento e frustrazione. I due grandi filosofi, Abbagnano e Sartre, sono i degni rappresentanti dell’esistenzialismo filosofico, ma mentre il primo denota un approccio positivo e ottimista nei confronti della vita, il secondo esprime un pensiero alquanto pessimista sui diversi momenti dell’esistenza umana.

“La Nausea” di Sartre non è un romanzo nell’accezione autentica del termine, in quanto non presenta un chiaro evento narrativo, non rispecchia i canoni tradizionali della narrazione collegati ad una storia con un’origine ed una fine; appare, piuttosto, come una sorta di diario filosofico del protagonista il quale, esaminando le ragioni della propria esistenza e rispecchiandosi nel mondo che lo circonda, si sente avvolgere inesorabilmente dalla nausea. E’ un tipo introverso, il protagonista del libro, che vive appartato nella stanza di un albergo, esce per fare solitarie passeggiate, spesso di notte, frequenta qualche bar senza legare mai con nessuno e ogni tanto si porta a letto la figlia della padrona del ristorante dove consuma i suoi pasti. Scopre, giorno dopo giorno, che la vita è vuota, assurda, priva di senso e senza alcuna speranza: egli esiste come una cosa, come tutte le cose che lo circondano. E tutto ciò gli provoca nausea, così come prova nausea nell’osservare gli abitanti della città in cui vive alle prese con i riti quotidiani del vivere: il lavoro, il ritorno a casa, gli affetti familiari, la passeggiata domenicale, quella normalità che li fa sentire vivi e normali, ma che a lui provoca solo disgusto.

Ma per Nicola Abbagnano la vita dell’uomo non può reggersi e continuare senza un minimo di saggezza. E solo la saggezza può “trattenere l’uomo dal distruggersi con le sue stesse mani, dall’abbassarsi al livello bestiale, dal disperdersi nella noia e nella disperazione”.
Due libri, due visioni del mondo, due modi diversi di affrontare la vita: esistenzialismo positivo contro esistenzialismo negativo, saggezza contro nausea. Con la speranza, per quanto mi riguarda, che la prima condizione possa prevalere sulla seconda.
 

6 commenti:

  1. Di Sartre ho un pessimo ricordo del millennio scorso. Lettura – in francese – a scuola. Brrrrr!
    Mi sono segnata Abbagnano. Non ricordo di averlo letto, ma la citazione sulla saggezza mi ispira.
    Non sono un tipo particolarmente ottimista, ma credo la speranza sia una grande risorsa: nonostante tutto, siamo anche capaci di cercare e apprezzare la bellezza.

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    1. A dir la verità' io preferisco avere un pessimo ricordo di Sartre piuttosto che rabbrividire leggendo uno dei tanti scribacchini alla moda che dilagano nelle vetrine delle librerie. E neanche il sottoscritto e' un tipo particolarmente ottimista. Devo inoltre dire che ho molto apprezzato il libro di Abbagnano, l'unico che ho letto di questo grande filosofo. Grazie per il tuo commento. Ciao Marzia

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    2. Non a caso era di Salerno...ciao Enzo ☺

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